suicidio

Per me il suicidio appartiene alla sfera dei diritti individuali. Vi appartiene anche il suicidio assistito che consente alle persone disperate e decise alla scelta estrema di lasciare la vita in maniera non crudele. Si tratta di una cosa molto diversa dalla scelta di non aderire alla "vita artificiale" che di umano non ha più nulla di chi è "attaccato alle macchine" e chiede che il processo vitale faccia il suo corso naturale.

Quando ragiono di queste cose mi viene sempre in mente il caso del padre dell'operazionismo in fisica Percy Bridgman. Bridgman lavorò nel suo laboratorio sino alla fine (cancro allo stadio finale) e si tolse la vita con un colpo di pistola lasciando scritto: «It isn't decent for society to make a man do this thing himself. Probably this is the last day I will be able to do it myself» (Non è onesto per una società obbligare un uomo a fare questa cosa da solo. Probabilmente questo è l'ultimo giorno in cui sono in grado di farlo da solo). E lo fece. Era l'agosto del 1961. La vicenda di Bridgman l'ho appresa dalla lettura di un bel libro di etica pratica Come moriamo – Riflessioni sull´ultimo capitolo della vita di Nuland Sherwin B. ed. Mondadori. Un libro di cui consiglio la lettura perché è pieno di fatti.

Anche Monicelli, ultranovantenne, fece la stessa cosa un anno fa di fronte all'inizio di una prospettiva di percorso senza sbocco governato da un cancro alla prostata e si gettò dal 5° piano dell'ospedale dove era andato per una terapia.

Non credo che il caso di Lucio Magri possa essere analizzato allo stesso modo.

E' normale, invecchiando, farsi domande sulla propria storia, sui propri errori, sui propri ideali e sulle proprie sconfitte. Nel nostro subconscio lavora il tarlo della depressione che si fa sempre sentire in maniera più o meno forte: adeguato, problematico, inadeguato, inutile, fallito. Ogni tanto questo tarlo prende il sopravvento e tutto appare inutile o anche solamente non più interessante. Se si sceglie di morire vuol dire che la sofferenza interiore diventa insopportabile e la scelta del "beverone micidiale" che produce la paralisi respiratoria, ma la fa precedere dalla incoscienza, dal punto di vista della decisione è traumatica e dolorosa quanto il salto nel vuoto, perché chi la fa sa cosa sta per fare. Anzi se fa quello, anzichè scegliere la morte cruenta, vuol dire che la sua coscienza è ancora più viva.

Io ci ho sentito il senso di una sconfitta e mi ha fatto piacere, se è vero quello che scrivono i giornali, che il viaggio in Svizzera lo abbia fatto con Rossana Rossanda (la tenerezza di chi ha condiviso una storia). Non sono d'accordo con te ma ti resto vicino.

Mi ha invece stupito l'aria da Grillo Parlante di Valentino Parlato, coetaneo di Magri, sul Manifesto di ieri. Mi ha stupito il titolo CONTINUONS LE COMBAT ma più ancora del titolo la scelta di volerci trovare una aspetto di positività:


«L'interrogativo è: che cosa ci lascia, a che cosa ci incita Lucio con il suo suicidio. Provo a rispondere. Innanzitutto a criticare e combattere la società presente. La sua cultura, la sua politica e gli scritti ci danno stimoli e conoscenza. Il sarto di Ulm, che tentò anzitempo di volare si sfracellò, ma poi gli uomini cominciarono a volare. Questo il messaggio e il suo suicidio, ancorché dovuto ai sentimenti, è un atto di rifiuto, di combattimento. Tutto il contrario della passiva rassegnazione.
Questo nostro giornale, «quotidiano comunista», è oggi nella più grave delle sue tante crisi e dal gesto e dall'opera di Lucio trae motivazioni e forza nel rifiutare lo stato presente delle cose. Le analisi di Lucio, la lettura della storia sono alimento essenziale e per questo ci impegniamo a pubblicarne gli scritti inediti, tanti e importanti. Utilizzeremo meglio che nel recente passato gli insegnamenti, per rinnovarci e combattere più efficacemente. Per affrontare l'attuale, e storica, crisi della sinistra, per ridare alle donne e agli uomini la speranza di un cambiamento, di una uscita dall'attuale stato di mortificazione degli esseri umani.
Il suicidio di Lucio non è stato un fatto personale, di chiusura in se stesso. Lucio ne aveva ripetutamente parlato con noi e anche alla fine del percorso è stato accompagnato da Rossana Rossanda.
Domani è un altro giorno, come si diceva nel '68, continuons le combat.»


  • il suicidio atto di combattimento?
  • il suicidio ci incita a ribellarci?

A quando l'elogio dei kamikaze e dei terroristi suicidi? Caro Valentino hai proprio toppato e hai toppato se lo hai fatto dicendoti che era quello che avrebbero voluto sentirsi dire i lettori del Manifesto.

Quindici anni fa ho gestito da professore il suicidio di due miei alunni che decisero di morire in auto con i gas di scarico (il tubo collegato alla marmitta, i finestrini chiusi, la collocazione sul sedile posteriore per non potersi pentire). Dietro c'era un grave smarrimento nel rapporto con la realtà e l'unico insegnamento fu che bisognava lavorare sul reale.

Io non ho tratto insegnamenti dal suicidio di Lucio Magri. Sono triste e preferisco guardare quella bella foto con Magri, Rossanda, Milani e Castellina.

Ieri ho apprezzato quello che ha scritto un amico comune, Carlo Parietti che lavorò con Lucio qualche anno dopo il 1976 quando a me tutto quel mondo sembrava ormai privo di prospettive.

Lucio Magri. Occhi limpidi mai vuoti, puliti sempre, mai banalmente buoni. Ebbi il faticoso privilegio di lavorare due anni a diretto contatto, costretto dal ruolo a finger di sentirmi alla pari nonostante tanta differenza di storia e carisma. Credo di aver appreso molto da lui, nonostante non fosse tanto interessato a insegnare. Esser competitivo sembrava essergli quasi un dovere. La sua strepitosa, talvolta fastidiosa bellezza, come l'eleganza, non eran tanto vanità quanto appunto competizione, convinzione che ciò che rappresentava dovesse dimostrarsi il meglio in tutto. Dire ora quanto fosse intelligente sarebbe ciò che rifuggiva: banale, scontato. Dirò invece una cosa personale. Che anche se pensavo non mi stimasse molto e benché fossi spesso in disaccordo su scelte tattiche (quelle su cui si litiga davvero, dato che attingere a quelle strategiche capita di rado) non ho mai sentito di non fidarmi di lui. E una politica. Credo che tra fine '70 e inizio '80 Lucio sia stato il dirigente che più ha tentato la costruzione di una nuova cultura, un sistema di pensiero, di sinistra comunista fuori e contro il socialismo reale, fuori, non contro, dal Pci. Invece non ci è riuscito, lui e forse tre generazioni sono stati risucchiati dal tentativo di fare i conti con il passato e di prenderne la direzione, fino a trovarsi spiazzati dai cambiamenti reali. Lucio ha concluso più volte suoi interventi con l'esortazione, follemente presuntuosa, “siate il sale della terra”. Beh, lui un po' lo è stato … anche nel suo esito.

Info su Claudio Cereda

nato a Villasanta (MB)il 8/10/1946 | Monza ITIS Hensemberger luglio 1965 diploma perito elettrotecnico | Milano - Università Studi luglio 1970 laurea in fisica | Sesto San Giovanni ITIS 1971 primo incarico di insegnamento | 1974/1976 Quotidiano dei Lavoratori | Roma - Ordine dei Giornalisti ottobre 1976 esame giornalista professionista | 1977-1987 docente matematica e fisica nei licei | 1982-1992 lavoro nel terziario avanzato (informatica per la P.A.) | 1992-2008 docente di matematica e fisica nei licei (classico e poi scientifico PNI) | Milano - USR 2004-2007 concorso a Dirigente Scolastico | Dal 2008 Dirigente Scolastico ITIS Hensemberger Monza | Dal 2011 Dirigente Scolastico ITS S. Bandini Siena | Dal 1° settembre 2012 in pensione | Da allora si occupa di ambiente e sentieristica a Monticiano e ... continua a scrivere
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3 risposte a suicidio

  1. carlo parietti scrive:

    Mi fa molto piacere il tuo apprezzamento, Claudio, dato che vivemmo quel momento nello stesso tempo e modo, ma poi ci siamo perduti .. evidentemente non del tutto.
    I diritti, anche quelli individuali e privatissimi sono sempre un fatto politico. Quindi non è indebito dire che affermando quel diritto (e certamente Lucio non sarebbe sorpreso dell’eco avuta dal suo gesto) egli ha fatto anche una scelta politica, e di combattimento. E Lucio ha sempre amato il combattimento.
    Come sempre su una materia di irresolubili contraddizioni.
    La morte non è solo essenziale alla vita, ma persino un dovere verso la vita. Anche per chi è laico la morte non è la fine di tutto: essa permette che altri vivano.
    E tuttavia se tutti scegliessimo il suicidio, il suo senso si rovescerebbe: non più la morte individuale che facilita la vita della specie, ma minaccia alla sua stessa prosecuzione.
    Come sempre materia di rapporto tra quantità e qualità. L’equilibrio non è dato, non è decidibile a priori. Lo scopriremo solo morendo e sopravvivendo.
    Poi mi interesserebbe confrontarci sulle scelte politiche. La mia pista è che tentare di costruire una nuova cultura comunista fosse ormai fuori dalla storia; e che il tentativo di prendere la direzione del Pci fosse fallimentare non solo per la notevole capacità di resistenza del Pci stesso, ma perché si mirava alla direzione appunto del passato anziché del futuro. Resta estremamente interessante, benché difficilmente utilizzabile, la straordinaria capacità di Lucio di tentare la costruzione di un sistema di pensiero, combinando piani tra loro diversi di cultura non solo politica, di analisi economica, di scelte politiche tattiche e strategiche. Credo che a questa inconscia consapevolezza sia dovuta l’attenzione alla persona verificatasi in questi giorni, al di là del gesto esiziale. Tutti sapevamo che egli aveva tentato qualcosa di grande. Credo che anche chi non condivideva sia stato un po’ dispiaciuto del mancato successo. E in fondo è questo il sentimento che gli è stato indirizzato sempre, e da tante parti diverse, in ogni momento della sua vita pubblica.

    • Claudio Cereda scrive:

      Sulla vicenda distinguo due piani diversi:
      1) quello del suicidio con tutte le implicazioni di dolore prima (per chi si suicida) e dopo (per chi resta); tutte le persone razionali con cui ho parlato sono rimaste allibite dallo stile da “grillo parlante” – il suicidio che manda insegnamenti, proprio no.
      2) la vicenda politica di quella generazione: tanto affetto, qualche rimpianto ma la lucida coscienza che la sconfitta del comunismo stava scritta nella storia dell’umanità e che non era il caso di cercare altre vie; certo è facile dirlo ora e infatti ci abbiamo speso una vita; ma io sono contento di averlo fatto

      • Claudio Cereda scrive:

        Al funerale è stata letta la lettera autografa di addio di Lucio Magri:
        La mia morte è cominciata da tempo. Quando Mara è scomparsa ha portato via con sè tutta la mia voglia di vivere, ed ero già pronto a seguirla. Lei lo ha intuito e in extremis mi ha strappato la promessa di portare a termine il lavoro che avevo avviato negli anni della sua sofferenza e che in altro modo era anch’esso in punto di arrivo.
        La promessa è più un atto di amore, il regalo di un tempo supplementare. Era uno stimolo e un aiuto per dare una conclusione degna al destino che ci aveva fatto casualmente ma più volte incontrare e poi dato tanti anni di felicità totale. Era anche un appuntamento, o almeno così lo ho vissuto ogni giorno. Ora posso dire che la promessa la ho mantenuta al meglio che potevo. Il libro è stato pubblicato anche in Spagna, Inghilterra, Argentina e Brasile.
        Nel lungo e doloroso intermezzo ho avuto modo non solo di riflettere sul passato ma anche di misurare il futuro. E mi sono convinto di non avere ormai nè l’età, nè l’intelligenza, nè il prestigio per dire o per fare qualcosa di veramente utile a sostegno delle idee e delle speranze che avevano dato un senso alla mia vita.
        Intendiamoci, non escludo affatto che quelle idee e quelle speranze, riformulate, non si ripresentino nella storia a venire: ma in tempi lunghi e senza sapere come e dove. Comunque fuori dalla mia portata.
        Per tutto ciò mi pare legittimo, anzi quasi razionale, soddisfare un desiderio profondo che anzichè ridursi, cresce. Il desiderio di sdraiarmi a fianco di Mara per dimostrarle che l’amo come e più che mai, e dimostrare che la morte è stata capace di spegnerci, ma non di dividerci. Può essere solo un simbolo, ma non è poco.”
        .
        Dopo aver letto questa lettera di un “laico stanco” mi pare che siano state proprio fuori luogo le strumentalizzazioni.

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