Enzo: quegli elle-pi presi sulle bancarelle

E' morto Enzo Jannacci ed è un tuffo nel passato quando, nei miei primi anni di università, andavo in corso Vittorio Emanuele, nel tratto compreso tra la Rinascente e la Galleria, a comperare i 33 giri che ho ancora: qualche disco di musica classica, i dischi di Tenco e quelli di Jannacci. In particolare i primi tre LP di Enzo. 1) La Milano di Enzo Jannacci (1964) 2) Enzo Jannacci in teatro (1965) 3) Sei minuti all'alba (1966).

Alcune canzoni mi hanno accompagnato per anni e ve le ripropongo.

Non sono quelle di cui si parla in televisione perché Jannacci nel 65, 66 non era ancora famosissimo. Ma sono canzoni che aiutano a capire molte delle dinamiche della mia generazione: la polemica contro la chiesa del potere (prete Liprando), il razzismo della società di classe (soldato Nencini), i partigiani nei loro aspetti più umani (sei minuti all'alba), la Milano popolare (el purtava i scarp del tenis, l'Armando, Aveva un taxi nero), la sessualità e il rapporto con le donne (Veronica), i sentimenti (sfiorisci bel fiore).

In molti testi c'è il contributo di Fiorenzo Carpi e di Dario Fo oltre che di Jannacci.

Sono canzoni che mi sono rimaste nel cuore: parlano d'amore, di storia, di popolo, di lotta partigiana e mi ritrova a cantarle ancora adesso quando giro da solo per boschi e colline: Jannacci, De Andrè, Gaber.


Sfiorisci bel fiore: il video

C'è un fiore di campo che è nato in miniera
per soli pochi giorni lo stettero a guardar.
Di un pianto suo dolce sfiorì in una sera,
a nulla le nere mani valsero a salvar.

Sfiorisci bel fiore, sfiorisci amore mio
che a morir d'amore c'è tempo lo sai.

E un dì un bel soldato partiva lontano
fu solo per gioco che lui ti baciò.
Piangesti stringendo la fredda sua mano
lui rise con gli altri e il treno via andò.

Sfiorisci bel fiore, sfiorisci amore mio
che a morir d'amore c'è tempo lo sai.

C'è laggiù in un prato una bella dormente,
ma neanche un tuo bacio svegliarla potrà.
Morì disperata ma il viso è gaudente,
chi passa vicino di lei riderà.

Sfiorisci bel fiore sfiorisci amore mio
che a morir d'amore c'è tempo lo sai.

C'è odore di cibo quest'oggi nell'aria
che la pioggia cancella ma presto tornerà
Qui spezzerò il mio pane e starò ad aspettare
la pelle mia nera chi mi rinfaccerà


Soldato Nencini (1966): il video

Soldato Nencini, soldato d'Italia
semianalfabeeta, schedato: "terrone",
l'han messo a Alessandria perché c'è più nebbia;
ben presto ha capito che a volergli bene
c'è solo quel cane che mangia la stoppa
fra i vecchi autoblindo, pezzato marrone…

Due o anche tre volte ha chiesto il tenente
a un suo subalterno: "Ma questo Nencini,
cos'ha, da sorridere sempre per niente?
Sorride un po' perso… magari a nessuno;
e mangia di gusto 'sto rancio puzzone!…
Ma è analfabeta, e per giunta, terrone!"

E arriva anche il giorno che arriva la posta;
e piove, e di dentro c'è tante persone.
S'inganna ridendo l'odore di piedi,
e là, più di tutti, chi ride è il terrone:
gli stanno leggendo del padre a Corfù;
C'è stata una capra malata… e continua:
"Sai, tristi è aspettari: se non t'amo più,
conviene lasciarsi…" Firmato: Mariù

Soldato Nencini, soldato d'Italia
di stanza a Alessandria, schedato: "terrone",
si è messo in disparte, sorride un po' meno;
ma di tanto in tanto, ti ferma qualcuno
e gira e rigira quel foglio marrone:
ti legge un frase; ti dice: "c'è scritto
"Sai, tristi è aspettari: se non t'amo più,
conviene lasciarsi…" Firmato: Mariù.


Sei minuti all'alba (1966): il video

Sei minuti all'alba
el gh'è gnanca ciar,
sei minuti all'alba,
il prete è pronto già.
L'è giamò mes'ura
ch'el va drè a parlà:
«Gliel'ho detto, padre, debun
mi hu giamò pregà».

Nella cella accanto
canten na cansun:
«Sì, ma non è il momento,
un pu' d'educasiun!».
Mi anca piangiarìa,
il groppo è pronto già;
piangere, d'accordo, e perché:
mi han da fucilà.

Vott setember sunt scapà,
hu finì de fa el suldà,
al paes mi sunt turnà,
disertore m'han ciamà.
De sul treno caregà,
n'altra volta sunt scapà,
in montagna sono andato, ma l'altr'er
cui ribelli m'han ciapà.

Entra un ufficiale,
mi offre da fumar:
«Grazie, ma non fumo
prima di mangiar».
Fa la faccia offesa,
mi tocca di accettar,
le manette ai polsi son già,
quei lì van a drè a cantà.

E strascino i piedi
e mi sento mal;
sei minuti all'alba,
Dio, cume l'è ciar.
Tocca farsi forza,
ci vuole un bel final,
dai, allunga il passo, perché
ci vuole dignità.

Vott setember sunt scapà,
hu finì de fa el suldà,
al paes mi sunt turnà,
disertore m'han ciamà.
De sul treno caregà,
n'altra volta sunt scapà,
in montagna sono andato, ma l'altr'er
cui ribelli m'han ciapà.


Aveva un taxi nero (1965): il video

Caino e Abele.
Abele faceva il tassista.
Caino gli rubava le gomme.
Eva, la mamma, come sempre, piange nella stanza.
Adamo non c'è.

Aveva un taxi nero che andava col metano
con una riga verde allo chassis.
La notte posteggiava nel centro di Milano
cercando di scordare il suo dolor.

Era un taxista con la madre vedova
e un fratellastro biondo senza scrupoli
ladro di ruote di scorta da micromotore
che poi vendeva per fare la vita del signore.
Mentre la mamma prega nella camera
il figlio suo percorre la metropoli
fonda e' la notte ma c'e' dei lampioni il chiarore
scoppia la mamma e piange in singhiozzi il motore.

Così il suo fratellastro passò con una donna
entro il suo tassì con lei montò.
Ma mentre l'auto andava gli rubo' una gomma
fingendo di parlare dell'amor.

Era una gomma bianca, molto elastica
che lui usava solo la domenica.
Era una gomma, ma piu' che una gomma un ricordo
era unregalo che la mamma gli fece a Natal, che Natale!
Mentre la mamma prega nella camera
ruba la gomma il figlio suo degenere.
Senza la gomma quel taxi sembrava in salita
era in discesa eppure sembrava in salita.

Il tassista ha ora un dubbio, sospetta dell'inganno
e disperato sprona il suo motore.
Ridotto ad un triciclo il tassi si ribalta
e manda il fratellastro al creator.

Mentre la mamma prega nella camera
fuori fa freddo e come sempre nevica.
Tac, via la gomma e muore anche il figlio normale
per quella gomma che mamma gli diede a Natale.


Prete Liprando e il giudizio di Dio: il video

Landolfo, cronista del Millecento, ci ha tramandato le "Storie del Comune di Milano" fra cui questa del giudizio di Dio, protagonista prete Liprando. Noi abbiamo cercato di musicarla con un certo impegno, e la dedichiamo a tutti quelli – e sono tanti – che pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell'avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono!

Prete Liprando, ben visto dai poveri Cristi,
andò dall'arcivescovo Agiosolano, in Sant'Ambrogio:
"Sei ladro e simoniaco – gli disse –
venduto all'Imperatore, quel porco.."
"Cus'ee?!? – disse l'Arcivescovo infuriato –

Come ti permetti, prete? Sono ex-combattente;
ho fatto la prima crociata, e anche la terza!
(…la seconda no, perchè ero malato…)
"Lo so, più d'una città hai conquistata;
lo so, più d'una città tu hai insanguinata;
e adesso, Milano tu vuoi, incatenata, vederla prostrata!"

"Liprando, a 'sto punto esigo il Giudizio di Dio:
dovrai camminare sui carboni (s'intende, ardenti!);
le fascine di legna, quaranta ("Quaranta?")
s'intende, le pago io.
Se tu non uscirai per niente arrostito,
io me ne andrò dalla città solo e umiliato, e per giunta, appiedato!

"Prete Liprando, domani, al calar del sole affronterà il Giudizio di Dio
in Piazza Sant'Ambrogio!"

Quaranta fascine furono ammucchiate in una catasta;
la gente veniva fin da Venegòno e da Biandrate:
"Indietro, su, non spingete, per Diana!
C'è il fuoco, non lo vedete? "
"Ma io non vedo niente; non vedo un'accidente!
Son venuto da Como per niente!"

"Tornate tutti a casa! Non se ne fa più niente!
Il Papa, da Roma l'ha proibito: lo spettacolo è finito!"

"Ed io lo faccio lo stesso! – disse prete Liprando –
ma le fascine, quaranta!- io non ce le ho!…"
…La gente portava le fascine fin da Biandrate;
facevano un sacco di fumo:
la gente tossiva, tossiva e piangeva, ma non si muoveva!
Che popolo pio! Voleva vedere il Giudizio di Dio!

"Eccolo là!… Liprando è già pronto…" "Dove l'e?" "L'è là in fondo…
È pallido, ha paura!… Ha i piedi spogliati!… Che piedi lunghi!…"

La brace è rossa, e rosse son tutte le facce…
stan tutti con gli occhi sbarrati…
"Anch'io li ho sbarrati, però non vedo niente!"
È entrato in mezzo ai carboni senza guardare:
è dentro, è tutto sudato, ma non è bruciato…
due donne son svenute! Una ha partorito, ma in buona salute…
"Dai, non spingete!" "…ma io non vedo niente!"
"Ecco, è arrivato; Dio l'ha salvato!"
"Gloria a Liprando, che Milano ha salvato!"
"L'arcivescovo è scappato" ("Gloria a Liprando!")
"L'avete veduto!" ("Gloria a Liprando!")
"Il cavallo s'è impennato!…" ("Gloria a Liprando!")
"Ecco, è cascato!…" ("Gloria a Liprando!")
"S'è mezzo massacrato!" ("Gloria a Liprando!")
"…e io non ho visto niente!" ("Gloria a Liprando!")
"Non ho visto un accidente!" ("Gloria a Liprando!")
"Son venuto da Como per niente! Per nienteeee!
("Gloria a Liprando lo stesso!")


L'Armando: il video

Tatta tira tira tira tatta tera tera ta

Era quasi verso sera
s'era dietro, stavo andando
che si è aperta la portiera
è caduto giù l'Armando.

Commissario, sa l'Armando
era proprio il mio gemello,
però ci volevo bene
come fosse mio fratello.

Stessa strada, stessa osteria,
stessa donna, una sola, la mia.
Macché delitto di gelosia,
io c'ho l'alibi a quell'ora sono sempre all'osteria.

Era quasi verso sera,
s'era dietro stavo andando
che si è aperta la portiera
è caduto giù l'Armando.

Commissario, sa l'Armando
mi picchiava col martello,
mi picchiava qui sugli occhi
per sembrare lui il più bello.
Per far ridere gli amici,
mi buttava giù dal ponte
ma per non bagnarmi tutto
mi buttava dov'è asciutto.

Ma che dice, che l'han trovato
senza scarpe, denudato, già sbarbato?
Ma che dice, che gli han trovato
un coltello con la lama di sei dita nel costato?

Commissario, 'sto coltello
non lo nego, è roba mia,
ma ci ho l'alibi a quell'ora
sono sempre all'osteria.

Era quasi verso sera
s'era dietro, stavo andando
che si è aperta la portiera
ho cacciato giù… pardon… è caduto giù l'Armando.
 


Veronica: il video

(coro): In pé! In pé! In pé! In pé!

Veronica,
amavi sol la musica sinfonica
ma la suonavi con la fisarmonica,
Veronica, perchè?

Veronica,
se non mi sbaglio stavi in via Canonica
dicevi sempre: "voglio farmi monaca!"
ma intanto bestemmiavi contra i pré!

Ti ricordo ancora come un primo amore:
lacrime, rossore fingesti per me.
Mi lasciasti fare senza domandare
quello che pensassi di te, oh!

(coro): In pé! In pé! In pé! In pé!

Veronica,
il primo amor di tutta via Canonica:
con te, non c'era il rischio del platonico,
Veronica, con te!

Veronica,
da giovane, per noi eri l'America:
davi il tuo amore per una cifra modica
al Carcano, in pé, ma…

Ti ricordo ancora come un primo amore:
lacrime, rossore fingesti per me.
Mi lasciasti fare senza domandare
quello che pensassi di te, oh!

Veronica,
l'amor con te non era cosa comoda,
nè il luogo, forse, era il più poetico:
al Carcano, in pé; ma…

Ti ricordo ancora come un primo amore:
lacrime, rossore fingesti per me.
Mi lasciasti fare senza domandare
quello che pensassi di te,
mi lasciasti fare senza domandare…
al Carcano, in pé!

 

 

Visualizzazioni: 0

Informazioni su Claudio Cereda

nato a Villasanta (MB)il 8/10/1946 | Monza ITIS Hensemberger luglio 1965 diploma perito elettrotecnico | Milano - Università Studi luglio 1970 laurea in fisica | Sesto San Giovanni ITIS 1971 primo incarico di insegnamento | 1974/1976 Quotidiano dei Lavoratori | Roma - Ordine dei Giornalisti ottobre 1976 esame giornalista professionista | 1977-1987 docente matematica e fisica nei licei | 1982-1992 lavoro nel terziario avanzato (informatica per la P.A.) | 1992-2008 docente di matematica e fisica nei licei (classico e poi scientifico PNI) | Milano - USR 2004-2007 concorso a Dirigente Scolastico | Dal 2008 Dirigente Scolastico ITIS Hensemberger Monza | Dal 2011 Dirigente Scolastico ITS S. Bandini Siena | Dal 1° settembre 2012 in pensione | Da allora si occupa di ambiente e sentieristica a Monticiano e ... continua a scrivere
Questa voce è stata pubblicata in Costume, Cultura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.