the Teacher and the Physics

Poco prima di mezzanotte del 10 settembre 2013 mi è arrivato questo messaggio su FaceBook:

Buonasera Prof, come sta? È molto tempo che non mi faccio vivo e più il tempo passava più mi sembrava "stupido" farlo. Stasera stavo sistemando i file della mia tesi e ho pensato che fosse il caso di mandargliela, visto che è nei ringraziamenti (ho perso l'indirizzo mail, per cui se ne vuole una copia me lo scriva pure e la manderò quanto prima).

Dunque, visto che la fisica mi ha attraversato il cervello per la prima volta tramite le sue lezioni pensavo che le facesse piacere sapere che mi sono laureato e, dopo aver provato a lavorare in Italia per tre mesi facendo cose in cui la fisica non serviva (ero stagista in Doxa), ho ottenuto un dottorato in Olanda, a Groningen in particolare, da cui le scrivo e in cui starò per i prossimi 4 anni per provare a diventare a tutti gli effetti un fisico teorico (beh, non proprio tutti, vorrei tenere d'occhio anche il mondo vero ogni tanto).

Finita questa fase di trasformazione in persona adulta, che si preoccupa di bollette, conto in banca e pentole da comprare, sono molto determinato ad onorare la generosità e l'accoglienza di questo Paese, che mi sorprende ogni giorno di più e mi procura la vecchia cara rabbia giovanile pensando al confronto con la situazione italiana.

È sorprendente pensare a come quella materia affascinante (e, voglio ribadirlo, lo era perché ce la insegnava in quel modo), che ho visto per la prima volta 12 anni fa esatti, sia stata il mezzo e lo scopo per fare il grande passo fuori di casa, cominciare a vivere con le proprie risorse e iniziare a vedere il resto del mondo. Perché quella stessa materia, la fisica appunto, è ciò che mi sta permettendo di lavorare con persone da tutto il mondo e che lavorano fianco a fianco anche se i rispettivi Paesi sono in guerra tra loro, per fare un esempio di quanto possa essere potente. E niente, volevo salutarla e aggiornarla su dove sia finito uno di quei sei fisici che ha istruito in quella 5F, il terzo dottorando di quella 5F. Luca Basanisi


Se uno nella vita ha cercato di trasmettere passione per la vita, per la scienza e per la cultura, quando riceve messaggi come questo si gasa e così ho pensato di mettere un capitolo che facesse da chiusura al definitivo cambio di mestiere; farne una specie di quaderno di ricordi e di riflessioni sulla mia esperienza di docente che, per riprendere un ricordo di un ex studente, si presentava e metteva le carte in tavola nello spiegare cosa fosse lì a fare: la matematica la rispetto ma la fisica la amo. Questo è dunque un capitolo scritto da quelli che stavano dall'altra parte del rapporto educativo. Non ho scritto dall'altra parte della cattedra perché dietro la  cattedra non sono mai riuscito a starci.

In questi tanti anni di insegnamento ci sono state due classi in cui invece di mandare studenti a seguire le mode del mercato (economia e informatica) sono riuscito a coinvolgere la classe nei confronti delle due scienze regine, la matematica e la fisica. Si tratta della III M con cui ho iniziato a lavorare nel 1977/1978 e della I F con cui ho iniziato a lavorare nel 2001/2002.

Quello con la III M è stato un percorso scolastico particolare; era una classe numerosa tutta fatta di Brianzoli che avevano fatto il biennio a Villasanta e che veivano a Monza o con la Littorina o con il pulman di Casatenovo. Gente con capacità diverse ma un grande desiderio di apprendere e di farcela. Ho cercato di non lasciare indietro nessuno e, arrivati alla maturità in 27, ci furono 4 sessanta e 20 su 27 presero più di 50 (la maturità era in sessantesimi ed era quella di Misasi del 69 con l'orale su due materie)

In tre o quattro si iscrissero a fisica, altri/e a matematica e uno di loro, Massimo Brambilla, ha poi fatto il docente universitario a Bari. Sono passati tanti anni e ormai li ho persi di vista. Chissa che non si rifacciano sentire. Chissa cosa ricorderanno di quelle discussioni sui fondamenti della matematica e della fisica.

Nelle classi successive, sia del Frisi, sia dello Zucchi, singoli alunni/e hanno proseguito sulla strada della metodologia fisica (cos'è una muccca? Supponiamo che la mucca sia una sfera ….).

La classe di Luca me la sono gestita per 5 anni, 8 ore la settimana (3 di fisica e 5 di matematica) a partire dal 2001/2002 e così li ho visti crescere da pistolini neo iscritti al Liceo a ragazzoni orgogliosi della loro esperienza al Frisi di Monza: studenti molto bravi, persone autonome, di quelli che già in terza avevano le idee chiare su cosa fare nella vita.

Quella classe poi, come ci ricorda Luca, ne ha visti 6 scegliere fisica, ma molti altri sono rimasti comunque nei dintorni (scienza pura e scienza applicata). Quei sei dopo la laurea magistrale hanno fatto tutti il dottorato perché pensavano di fare il fisico nella vita e, magari, di farlo in Italia.

Qui viene il mio primo elemento di amarezza: i dottorati sono stati fatti quasi tutti all'estero. Quando accadde ne fui felice; come è noto, dopo che brianzolo mi sento cittadino europeo. Ma quando hanno cercato di costruire il loro progetto di vita in Italia hanno dovuto scegliere tra rimanere all'estero od occuparsi di cose non esattamente corrispondenti a quello su cui avevano sviluppato interesse.

Lo confermo; con la laurea in fisica, a maggior ragione con il dottorato, non resti disoccupato. Il fisico riceve una formazione che lo porta ad approfondire e a guardare fuori dalla finestra, essendo abituato ad approfondire, impara in fretta. Però c'è amarezza; gli sbocchi universitari sono ristretti, i nostri enti di ricerca (INFN e CNR) assorbono a fatica e così, a differenza di quanto avveniva negli anni 70 e 80, non basta nemmeno portare pazienza. A 30 anni uno ha il diritto di avere un progetto di vita, si sposa e fa dei figli, come hanno fatto anche loro.

Mi par di capire che l'unico ad avercela fatta, rispetto al progetto originale, sia Riccardo Manzoni uno di quelli della I F dell'anno precedente. Ha scelto di lavorare nel settore in cui la fisica italiana svolge ancora, grazie al CERN di Ginevra, un ruolo a livello mondiale. Per la laurea magistrale ha fatto una tesi sugli esperimenti in corso con il nuovo acceleratore LHC (Large hadron collider) e dedicati al completamento del modello standard delle particelle (la particella di Dio – il bosone di Higgs) ed ora è a Ginevra e pubblica, pubblica e pubblica.

Erano Persone diverse: chi più sistematico, chi più estroverso, chi un po' sballone. In quegli anni di Liceo ognuno aveva le sue pulsioni e le sue trasgressioni. Scelte politiche diverse, ma comunque accomunate dalla attenzione a ciò che ci circonda e dal desiderio di capire e di cambiare (per questo ho scelto la foto con la maglietta – E! state liberi.

Incominciamo da Giovanni Gallo uno che, con quei ritmi e quella qualità, ha fatto fatica a tenere il passo, ma era solido come una roccia e in questi giorni di Covid si è occupato di cose più importanti della fisica.


non ero un premio nobel di fisica o matematica, ma uno studente di sicuro con tanta voglia di fare e imparare. La mia strada ha preso percorsi diversi dalla matematica o fisica insegnata da lei nelle nostre innumerevoli ore scolastiche, ma ho superato la soglia sono arrivato all'età di Gesù Cristo consapevole dei passi fatti soprattutto grazie alla formazione ricevuta in quei giorni, mesi e anni passati insieme.

Lavoro in campo sanitario, sul territorio milanese e brianzolo sui mezzi avanzati di soccorso, autoinfermieristica  e automedica oltre che sull'elicotteroo del 118. Un lavoro spettacolare, sempre alla ricerca di nuove conoscenze e abilità, che ti permette di seguire corsi di continuo per formarti ogni giorno che passa. E' un lavoro che prende tutto di me, tutta la mia personalità e forza.Ho vissuto in prima linea l'emergenza COVID e ho avuto la voglia di cambiare mestiere....Ne sono uscito con sofferenza psicologicamente e umanamente....

Ho molti ricordi delle sue lezioni e della sua competenza e soprattutto della sua voglia di farci capire quanto è bello seguire i propri sogni. Mi rimarrà impresso il modo di spiegare, l'amore e la passione per quello che spiegava. L'ho imparato e ci sono cresciuto insieme in questi anni, seguendo le cose che più mi rendevano felice, studiando per provare quella stessa sua sensazione, di spiegare cose di cui era innamorato.


Federico Fumagalli credo sia stato il primo a laurearsi in questa classe e mi ha fatto piacere essere presente. Nell'ambito del gruppo aveva anche un altro piccolo primato. Era andato alle selezioni nazionali delle Olimpiadi della Fisica. Avevo sempre raccontato loro che con una solida preparazione in fisica, si poteva fare qualunque cosa e lui … ora si occupa di informatica in ambito finanziario.


Mi colpisce il fatto che, dopo tanto tempo, continuiamo a definire la nostra classe come LA quinta F, e quel LA non è un errore di battitura. Ricordare che quella classe aveva qualcosa in più, o almeno qualcosa di diverso. Per me, che ci ho passato cinque anni, è una cosa ovvia e naturale. Ne ero consapevole quando la frequentavo, e quando abbiamo concluso sapevo che il senso di appartenenza a quella classe e a quella scuola mi sarebbe restato attaccato per tutti gli anni successivi come una seconda pelle.

Quando cresci in un ambiente così, in cui c'erano difficoltà, passione, ore di studio e sudore, incazzature e litigi, frustrazione, divertimento, feste, sbronze, gite e vacanze, non puoi che rimanere legato. E infatti dopo tanti anni siamo ancora qui, continuiamo a vederci spesso, a raccontarci le storie di quegli anni, e ormai non sappiamo neanche più dire se le cose siano andate veramente come le raccontiamo, ma ci va bene così.

Io sono entrato in Università con un'idea e un sogno, e ne sono uscito con un'idea completamente stravolta. Nei miei cinque anni di Fisica, mi sono appassionato a tanti argomenti, ho lavorato su diversi progetti di ricerca, e ho conosciuto persone eccezionali, e quando mi sono laureato mi sarebbe piaciuto continuare il mio percorso. Ho fatto però una scelta importante, quella di rimanere in Italia, di cambiare strada, di provare cose nuove, e vedere come funziona il mondo del lavoro.

Ho trovato in breve tempo lavoro per una piccola società che si occupa di informatica in ambito finanziario, un ambiente totalmente diverso a quello a cui ero abituato, con nuovi problemi e difficoltà. Sono felice della mia scelta, ma a volte mi manca la Fisica, quindi continuo a mantenere la passione nel tempo libero, e poi continua a tormentarmi grazie ad amici, familiari e altre persone che quando hanno qualche dubbio scientifico vengono a chiedermi un'opinione


Daria Galimberti era una delle poche donne del gruppo, insieme a Noemi Bressan (di cui ho ritrovato il geniale fratello all'Hensemberger) e a Elisa Mariani (detta MarIsa che fece fisica e ora lavora in Germania). Appartiene al gruppo di quelli che non fecero fisica, ma rimasero in tema. Si è fatta sentire nel 2020 e mi ha commosso con la premessa non so se ricorda di me. In effetti la cosa bella dello zio Al (come chiamiamo amichevolmente l'Alzheimer) è che guardando all'indietro incominciamo a fare un po' di confusione con i volti e con la scala temporale. Dopo i ringraziamenti mi dice:


Dopo il liceo ho preso una laurea in ingegneria e ho intrapreso la carriera della ricerca scientifica. Mi occupo di simulazioni quantistiche per studiare le proprietà dei materiali a livello molecolare. Ho fatto un dottorato a Milano, poi ho lavorato per 3 anni come ricercatrice a Parigi. Ora sono a Berlino e presto mi trasferirò in Olanda dove ho vinto una posizione per avviare un mio gruppo di ricerca.

La struttura del pensiero, la capacità di analisi e la perseveranza nel cercare la soluzione ai problemi, che lei mi ha insegnato negli anni liceali sono le fondamenta su cui ho potuto costruire il mio percorso. Nonché la passione per la fisica che mi ha guidato nella scelta dell’ambito di ricerca. Le devo un immenso grazie per tutto questo.


Luca Ulcelli, detto Ulk, dice di sè di essere stato la pecora nera e si autodefinisce il peggior alunno. Era semplicemente uno a cui piaceva fare tante cose e questo può determinare dei problemi nei momenti della valutazione perché te ne valutano solo alcune. Mi ricordo che qualche anno fa si sbizzarrì nel  produrre un sistema integrato per la gestione degli orari dei servizi di trasporto pubblico. Ora è in Cina.


Pigrizia, difficoltà di concentrarsi sullo studio, altri interessi… forse un mix di tutto questo. Fattori che poi sono rimasti intatti nei primi anni di università almeno fino al momento in cui ha realizzato quale fosse la mia vera strada. In quel momento, ovvero dal passaggio da ingegneria civile a urbanistica, pianificazione e urban design, quello studente poco studente che puntava a cavarsela con il minimo si trova oggi (2013) con una carriera avviata e un matrimonio da qui a una manciata di mesi, in quello che forse è il Paese che offre le maggiori opportunità e possibilità nel suo campo (la Cina e specialmente le città di seconda e terza fascia dell’entroterra), avendo nel frattempo conseguito una laurea specialistica a Shanghai ed essendo in procinto di ottenere una seconda a Milano.

... sono consapevole che nel puzzle che mi ha portato dove sono e ad essere quello che sono, il suo modo di pensare e di (in)seguire le proprie passioni, qualsiasi esse siano, sono stati alcuni dei più importanti tasselli per i quali dovrò sempre ringraziare lei e buona parte degli insegnanti


Giacomo Pozzi aveva l'approccio dell'ingegnere e invece ha fatto anche lui fisica con indirizzo nucleare. I suoi compiti di matematica si poteva evitare di leggerli perché tanto c'erano tutte le soluzioni e la spiegazione dettagliata di tutte le procedure seguite. Se c'erano parti opzionali, Giacomo svolgeva in maniera ineccepibile anche quelle. E' lui quello che si ricorda del mio rapporto ddifferenziato con la matematica (rispetto) e la fisica (amore).

Come racconta qui sotto si è fatto qualche soldino in una multinazionale della consulenza e lo ha usato per fare un master in Bocconi. Da lì in poi Mediobanca, Londra e una storia che potete leggere nella sezione dei commenti, come Risk Manager in un grande fondo di investiumento americano. State tranquilli che Giacomo i conti li fa bene, magari in maniera impietosa.


Si potrebbe dire che quella frase fosse un manifesto di quello che sarebbero stati i 5 anni successivi. Capivo la passione che l'animava nel momento in cui parlava di Fisica, l'entusiasmo di trasmettere la conoscenza anche a dei ragazzini che forse non potevano apprezzare in pieno quanto ricevevano, l'idea di insegnamento non solo come mera occupazione ma anche come missione a favore delle nuove generazioni.

... come sicuramente si ricorderà, non ho mai brillato in genialità, ma facevo dell'atteggiamento carro armato la mia forza, ottenendo ottimi risultati grazie ad impegno e dedizione. Direi che negli anni le mie qualità non sono cambiate, e, forse a causa di queste mie caratteristiche, una volta terminato il percorso di studi nel 2011 faticavo a vedermi nei panni del ricercatore... Per questo, senza assolutamente rinnegare i miei studi, dei quali vado anzi molto orgoglioso, mi sono allontanato dalla Fisica intesa come ricerca in ambito accademico, ed ho cercato fortuna nel settore privato.

Sono stato assunto da una multinazionale della consulenza, per la quale ho lavorato due anni avendo la possibilità di conoscere l'impegnativo ambiente lavorativo. Con quanto guadagnato e messo da parte in questo periodo, mi sono iscritto ad un Master in ambito economico (che ho iniziato a frequentare nel 2013) e che ha datoslancio alla mia carriera ed al mio futuro...Mi sento tuttora un Fisico, la Fisica mi hacondotto verso una crescita, morale ed intellettuale, per me fondamentale. Sono convinto che se avessi seguito un altro corso di laurea non sarei riuscito a passare attraverso la selezione serrata per l'assunzione prima e per l'ammissione al master poi.

La lascio con un piccolo aneddoto. Durante una delle prime lezioni del Master, abbiamo fatto un veloce ripasso di statistica... La prima cosa che mi è venuta in mente non sono stati testi o lezioni universitarie, ma le dispense che lei ci aveva passato sull'argomento e la fatica che aveva fatto per cercare di insegnarci quei pochi concetti chiave, che però hanno fatto da impalcatura insostituibile per tutto quanto appreso in seguito.


Riccardo Laurenza era tendenzialmente un solitario, sorrideva, ma sembrava spesso altrove. Si è laureato in fisica e poi ha fatto il dottorato a York (fisica teorica versus informazione e comunicazione quantistica). E' tornato in Italia ma, come molti, sta per ripartire perché da noi … Andrà ad occuparsi di un progetto sullo studio e l’implementazione dell’internet quantistico alla Freie universität di Berlino appena si sbloccherà il COVID. Anche lui, almeno per ora, si occupa di fisica di frontiera.


Mi ricordo che iniziammo il percorso quinquennale del liceo il 10 Settembre 2001. Il giorno dopo avevamo lezione di Fisica e Matematica le ultime due ore. Lei Prof. entrò in classe e al posto di spiegare preferì discutere con la classe intera su ciò che era appena successo al World Trade Center. Venne fuori un confronto molto interessante, a tratti acceso, e immediatamente capii che io e i miei compagni/e avevamo di fronte un insegnante che ci riconosceva come teste pensanti. Questa fu la base del solido rapporto umano che si formò negli anni successivi tra lei e la nostra classe. Furono anni intensi di studio e di divertimento e il livello di preparazione che ci venne richiesto non fu mai banale.

Le sue lezioni erano ciò che seguivo più attentamente a scuola (oltre alle ragazze), permettendomi rarissime distrazioni. Fui attratto dalla chiarezza delle sue spiegazioni e ciò mi permise di capire profondamente non solo la bellezza della Matematica ma anche il suo fondamentale ruolo nell’interrogare la natura e i suoi fenomeni.


Siamo arrivati alla fine, alla coppia più bella del mondo Matteo Giani e Luca Basanisi.

Matteo Giani (quello a cui, come dono di nozze, ho regalato il mio Feynman) ha sposato una laureata in matematica conosciuta alla Sissa di Trieste, si è definitivamente stabilito in Olanda e, dice di sè: Ho definitivamente abbandonato l'accademia dopo il dottorato, esperienza fantastica e terribile che solo ora inizio a valutare in maniera oggettiva, e lavoro come scientific software engineer e data scientist… i miei 30 anni si sono rivelati una tappa importante: mi sono scoperto ambizioso – e forse persino aperto all'idea di costruire qualcosa in proprio.

Nel suo intervento racconta anche lui delle ansie e delle figuracce in occasione delle mie interrogazioni, come fa anche Luca Basanisi. E loro insistono a non capire che quelle interrogazioni le dovevo fare, ma pesavano più a me che a loro. Forse le trovavano spaventevoli proprio perché le facevo di rado.

Luca Basanisi, adesso lo posso dire, era il mio prediletto perché era il più piccino ed era geniale e trasgressivo. Era un creativo e ricordo ancora, in prima, una soluzione originalissima ad un quesito delle olimpiadi di matematica. Dava una soluzione generale ad un problema particolare e la soluzione del quesito la trovava appunto come particolarizzazione della soluzione generale. Che bello avere uno studente così, mi dicevo, e diventavo una bestia se qualcuno si lamentava della immaturità.

Essendo un creativo (un po' tormentato) stava nella fascia alta ma, in alcune materie (o con alcune professoresse) andava meno bene. Un anno ci ha anche fatto diventare matti per sintomi, malesseri e qualche forma di autolesionismo che si procurava per avere la nostra attenzione.

Anche lui dopo università, e una startup ha messo la testa a posto, e fa il data manager presso una multinazionale (la Nielsen). Gli ho raccomandato di tenersi stretta la ragazza che si è portato al matrimonio di Matteo (sufficientemente brillante, ma meno matta di lui).


Da parte mia nessuna novità evidente .... ho iniziato a fare il manager di 5 miei colleghi, che è stata una bella novità. Quindi mi occupo di tenerli contenti, farli sviluppare nella maniera più consona, alcuni anche farli abituare al mondo del lavoro visto che sono appena usciti da scuola. In più ho fatto e sto facendo da relatore a due studenti che fan la tesi da noi, che è un bel cambio di ruolo dopo tutto quel tempo speso scrivendo le varie tesi negli anni passati. Son due cose che mi dan soddisfazione perchè in fondo riesco ad usare esperienze e conoscenze acquisite per aiutare gli altri, che aiuta a digerire il cambio dall'accademia al mondo delle grandi corporazioni. Per il resto mi tengo ben occupato, sto riuscendo ad imparare qualcosa di nuovo quasi ogni giorno con la vana speranza che questo mi tenga giovane


Abbiamo fatto insieme tanta filosofia della scienza di tipo pratico. E' una infezione da cui non si guarisce. Auguri ragazzi e spero di non avervi tirato un bidone.


Ultima modifica di Claudio Cereda il 3 giugno 2020


La pagina con l'indice della mia autobiografia da cui potete scegliere i capitoli da leggere


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Info su Claudio Cereda

nato a Villasanta (MB)il 8/10/1946 | Monza ITIS Hensemberger luglio 1965 diploma perito elettrotecnico | Milano - Università Studi luglio 1970 laurea in fisica | Sesto San Giovanni ITIS 1971 primo incarico di insegnamento | 1974/1976 Quotidiano dei Lavoratori | Roma - Ordine dei Giornalisti ottobre 1976 esame giornalista professionista | 1977-1987 docente matematica e fisica nei licei | 1982-1992 lavoro nel terziario avanzato (informatica per la P.A.) | 1992-2008 docente di matematica e fisica nei licei (classico e poi scientifico PNI) | Milano - USR 2004-2007 concorso a Dirigente Scolastico | Dal 2008 Dirigente Scolastico ITIS Hensemberger Monza | Dal 2011 Dirigente Scolastico ITS S. Bandini Siena | Dal 1° settembre 2012 in pensione | Da allora si occupa di ambiente e sentieristica a Monticiano e ... continua a scrivere
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16 risposte a the Teacher and the Physics

  1. Federico Fumagalli scrive:

    Ciao a tutti,
    Ho letto volentieri i vostri commenti, e la cosa che più mi ha colpito è il fatto che, dopo tanto tempo, continuiamo a definire la nostra classe come LA quinta F, come a ricordare che quella classe aveva qualcosa in più delle altre, o se non altro qualcosa di diverso.
    Per me, che in quella classe ho passato cinque anni, questa cosa è ovvia e naturale. Ne ero consapevole quando la frequentavo, e quando abbiamo concluso sapevo che il senso di appartenenza a quella classe e a quella scuola mi sarebbe restato attaccato per tutti gli anni successivi come una seconda pelle. Perché quando cresci in un ambiente così, in cui c'erano difficoltà, passione, ore di studio e sudore, incazzature e litigi, frustrazione, divertimento, feste, sbronze, gite e vacanze, non puoi che rimanere legato a quei luoghi e a quelle persone. E infatti dopo tanti anni siamo ancora qui, continuiamo a vederci spesso, a raccontarci le storie di quegli anni, e ormai non sappiamo neanche più dire se le cose siano andate veramente come le raccontiamo, ma ci va bene così. Alcuni amici hanno preso la loro strada, e sappiamo di loro da voci e racconti lontani, e mi spiace non vederli e sentirli più.
    Io sono entrato in Università con un'idea e un sogno, e ne sono uscito con un'idea completamente stravolta. Nei miei cinque anni di Fisica, mi sono appassionato a tanti argomenti, ho lavorato su diversi progetti di ricerca, e ho conosciuto persone eccezionali, e quando mi sono laureato mi sarebbe piaciuto continuare il mio percorso. Ho fatto però una scelta importante, quella di rimanere in Italia, di cambiare strada, di provare cose nuove, e vedere come funziona il mondo del lavoro. Ho trovato in breve tempo lavoro per una piccola società che si occupa di informatica in ambito finanziario, un ambiente totalmente diverso a quello a cui ero abituato, con nuovi problemi e difficoltà. Sono felice della mia scelta, ma a volte mi manca la Fisica, quindi continuo a mantenere la passione nel tempo libero, e poi continua a tormentarmi grazie ad amici, familiari e altre persone che quando hanno qualche dubbio scientifico vengono a chiedermi un'opinione, e a me fa sempre piacere rispolverare le mie vecchie conoscenze!
     
    Saluti a tutti, e spero ci sarà occasione di rivederci prima o poi…

  2. Serena Psoroulas scrive:

    provo a metter giù le cose che sia la lettera di Basa (e i post che ho poi letto sul suo blog) sia gli interventi successivi mi hanno fatto venire in mente. mi sarebbe piaciuto intervenire prima, ma ero in viaggio e, tornata pienamente online solo ora (ero in cina, quindi non potevo accedere facilmente a vari siti), trovo che le cose importanti siano già state dette, nei vari e bellissimi interventi precedenti.
    Ma lei oggi mi ha chiesto espressamente: "e tu non intervieni?" Quindi non posso tirarmi indietro.
    Che poi, mi sono chiesta come mai me l'abbia chiesto. Ok, ho fatto fisica, ok, sono stata sua studente (anche se solo per un anno), ma non mi sarei aspettata un invito "diretto". Forse mi ricorda in quanto un po' "rompiballe" (parola che penso mi rappresenti meglio del semplice "analitica"), e quindi immaginava avrei avuto qualche commento. Forse perché per me l'insegnamento è passato sempre attraverso un rapporto fortissimo con l'insegnante per prima cosa, e poi con gli strumenti di lavoro. Forse perché ho sempre cercato questo rapporto con lei, sia quando lei era il mio professore, sia dopo. 
    "Passione per la vita, per la scienza e la cultura." Questo per me ha sempre motivato la mia presenza a scuola, e le mie scelte successive. Non so come si trasmettano; ma so quanto possano essere potenti, e quanto l'assenza di passione possa far sentire "vuoti". 
    Per me leggere le sue verifiche e seguire le sue lezioni nell'anno in cui fui sua alunna fu emozionante, perché mi mostrava un modo completamente diverso di fare matematica, che nessuno prima (e purtroppo neppure dopo, fino a che non arrivai a studiare analisi matematica) mi aveva mai mostrato. D'un tratto la matematica era interessante; le sue erano verifiche in cui era richiesto di pensare, non di eseguire istruzioni. Ho sempre odiato la matematica prima di conoscerla; dopo aver fatto un anno con lei, non avrei più potuto dire la stessa cosa. (Tutt'ora siamo in buoni rapporti, anche se l'amore non è mai sbocciato davvero.)
    Quello che avevo imparato da lei mi diede anche un po' sui nervi, diverse volte. Mi aveva mostrato come ciò che mi piaceva in altre materie (l'analisi come base per la comprensione del testo, sia in latino, greco o in italiano, per fare un esempio) era anche alla base della matematica – e che quindi, se non riuscivo a farla era "colpa mia", non stavo analizzando appieno il problema. Non potevo più nascondermi dietro alla scusa "non sono portata per questa materia". Gli errori di segno in un'equazione, erano solo il sintomo di quanto fossi stata pirla.
    Passione per le cose che ti trascina a guardarle sempre con un occhio diverso, a rianalizzare, a non "sederti" mai – e l'inconsistenza delle scuse dietro cui ci si nasconde quando invece "ci si siede" – sono forse le cose che più ho imparato dalla mia esperienza, con lei e con altri. "Come fa a sbattersi così alla sua età?" era quello che molti noi studenti ci chiedevamo (aveva già passato i 50 quando la conobbi, un'età che per un 14enne è un chiaro sintomo di "matusaggine"). E c'era chi la stimava per questo suo atteggiamento.
    Non è stato il mio professore di fisica – il mio amore per la fisica è nato fuori dalla scuola, prima ancora che iniziassi a studiarla in classe, per caso. Gli anni del liceo sono stati quelli in cui le grosse passioni della mia vita sono venute a galla. Passioni che ancora mi plasmano, e che nel periodo peggiore della mia vita ero convinta di aver perso, convincendomi così di aver perso contro la vita stessa. Con passioni così grosse, non ci si può nascondere dietro a nessuna scusa, e recuperarle è stato un percorso difficilissimo e necessario. 
    Ora conosco la fatica di vivere all'estero (o in generale, di trasferirsi in posti dove non si conosce nessuno, a volte neppure la lingua), le relazioni a distanza e le incomprensioni, le difficoltà del dottorato, del fare i conti con le proprie scelte senza rimpiangerle, quanto costi cercare di capire cos'è che si vuole fare, cos'è che ci fa star bene davvero, volta per volta. Continuo ad innamorarmi delle cose, non leggo mai tutti gli articoli che vorrei leggere, non riesco a suonare tutta la musica che vorrei suonare, e ho sempre progetti incompiuti e libri non scritti in testa. Sono ancora incapace di sintesi quando scrivo (anche se nei testi scientifici ho fatto miglioramenti incredibili). Sono me stessa e sono diversa. 
    Continuo a stimarla per le cose che fa e per come le fa. La stimo per aver scritto che "si gasa" leggendo le lettere degli alunni. 
    Aspetto un intervento più articolato sullo Zucchi (e se Giani vuole, possiamo anche farne uno sulle scelte dottorali e post-dottorali, visto che sono fresca fresca di quelle scelte…)
    Serena Psoroulas

  3. Luca Ulcelli (Ulk) scrive:

    Quella famosa e tanto (a ragione) celebrata 5F aveva tra la sue file anche una “pecora nera”, o se preferisce l’eccezione che conferma la regola. Una pecora nera che ancora non ha ben capito i motivi che lo hanno portato ad essere alla lunga il peggiore alunno (almeno sotto il profilo strettamente didattico), specialmente nelle sue materie, di quella ottima classe: pigrizia, difficoltà di concentrarsi sullo studio, altri interessi… forse un mix di tutto questo.
    Fattori che poi sono rimasti intatti nei primi anni di università almeno fino al momento in cui ha realizzato quale fosse la sua vera strada. In quel momento, ovvero dal passaggio da ingegneria civile a urbanistica, pianificazione e urban design, quello “studente poco studente” che puntava a cavarsela con il minimo ma molto spesso non ci riusciva nemmeno lontanamente si trova oggi con una carriera avviata e un matrimonio da qui a una manciata di mesi, in quello che forse è il Paese che offre le maggiori opportunità e possibilità nel suo campo (la Cina e specialmente le città di seconda e terza fascia dell’entroterra), avendo nel frattempo conseguito una laurea specialistica a Shanghai ed essendo in procinto di ottenere una seconda a Milano.
    In tutto questo, onestamente, non saprei chiaramente rintracciare cosa mi abbiano lasciato quei lunghi cinque anni e in particolare la sua matematica e fisica. Però sono consapevole che nel puzzle che mi ha portato dove sono e ad essere quello che sono, il suo modo di pensare e di (in)seguire le proprie passioni, qualsiasi esse siano, sono stati alcuni dei più importanti tasselli per i quali dovrò sempre ringraziare lei e buona parte degli insegnanti (a partire dalla prof.sa Rossella Riboldi) che ho avuto la fortuna di incontrare al Frisi.
    Un saluto a lei e un augurio a tutti i compagni di quella 5F per un roseo futuro.
    Luca Ulcelli

  4. Paola Villa scrive:

    Caro Professore!
    Io sono la negazione di tutte le premesse di questo blog: non sono una fisica di professione e non ho frequentato il Frisi, ma l'amato-odiato "Zucchi". Una cosa però mi accomuna agli altri studenti che hanno scritto qui, ed è la gratitudine verso di lei per essere stato uno dei migliori insegnanti (non solo di Fisica e Matematica) che mi sia mai capitato di incontrare.
    Ho mille ricordi di quegli anni allo Zucchi, non tutti necessariamente positivi. Non mi si fraintenda, lo Zucchi "mi ha aperto la mente" e in questo ha tenuto fede al famoso detto sul liceo Classico. Non rimpiango di aver studiato Latino, Greco e Filosofia, specialmente ora che l'"inutilità" di queste materie viene sbandierata ai quattro venti da pseudo-innovatori che valutano la cultura al kilo.
    Una cosa però mi ha sempre infastidito di noi "fighetti" di Piazza Trento Trieste: quella posa da Crociani di bassa lega, quell'attitudine a snobbare le materie scientifiche come vile "techne" che non ha nulla a che vedere con la "vera" cultura dei classici e dei "sommi poeti" e altre baggianate di questo tipo. 
    Ecco a me quest'atteggiamento ha sempre fatto girare i c…i, tanto per dirla da contessa:-). Poi in prima Liceo è arrivato Lei. Sempre un pò incazzoso (come qualcuno qui l'ha ben descritto) sempre in blue-jeans, con il suo intercalare dialettale  (fa balà l'ouch!) che faceva tremare le pareti del tempio della "Crusca" e con la ferma convinzione che il muro fra le "due culture" fosse da abbattere e subito!
    Cereda è stato per me il Feynman italiano: mi ha insegnato che la matematica e la fisica non appiattiscono il mondo, non fanno a pezzi la poesia, come qualcuno sosteneva, ma ne danno una visione più completa e affascinante.  Ora vivo negli States dove insegno Italiano all'università e sto scrivendo una tesi di dottorato sul rapporto tra letteratura e fisica. Il mio idolo: Cicerone?? No, Niels Bohr!
    Grazie Professore!!
    Un abbraccio,
    Paola
    P.S. Non mi sono mai dimenticata l'espressione "Spocchiosa, aristocratica di sinistra" con cui lei mi aveva battezzato. Forse lo sono ancora:-).
    P.P.S. Ho ancora quella cassetta di canti popolari, anarchici e del lavoro che mi aveva registrato: "La casa è di chi l'abita è vile chi lo ignora, il tempo è dei filosofi, la terra di chi la lavora"!
    Paola Villa

    • Claudio Cereda scrive:

      Per Paola Villa
      Qui è doverosa anche una piccola replica: se vai su Yotube un po’ di anni fa credo di aver fatto un video (ne ho fatti diversi di Gori) e mi pare anche questo. Con un po’ di ricerca l’ho trovato – dimmi bel giovane
      Comunque guarda quello con “panchina di quartiere” non ricordo più se degli YuKung o degli Stormy Six.
      Passando a Bohr, se non l’hai già fatto, leggi “il danese tranquillo” di Abraham Pais.
      Mi piacerebbe aprire una discussione anche sullo Zucchi; datti da fare che poi lo facciamo. Lo sai che se vai nella pagina dei compiti in classe ci trovi anche i testi dei tuoi?
      Comunque tutti in giro per il mondo; molto bello; bravi.
      Un abbraccione Paola.
      Claudio Cereda

  5. Matteo Giani scrive:

    Salve professore. Sto tornando ora da Groningen in una belissima giornata di fine estate, tipicamente olandese. Le casette con il tetto spiovente e i giardini ordinatissimi si intonano bene con gli spazi verdi e i cieli immensi di questo paese.
    Sono andaato a visitare Luca, che ha appena cominciato il dottorato qui e che mi ha ospitato nella sua stanza al dormitorio degli studenti, e ora torno a Enschede, dove ho cominciato il mio dottorato lo scorso dicembre.
    Un passo indietro. Tempo fa le avevo raccontato della mia esperienza di tesi triennale, e tante cose sono successe da quel momento in poi.
    Dopo la mia laurea, ho capito di volermi allontanare dalla fisica teorica e di voler abbracciare qualcosa di più vicino alla biologia. Nonostante ancora oggi abbia un profondo rispetto e interesse per alcune metodologie e approcci, la biologia è un mondo troppo affascinante e profondo per non rimanerne ammaliati.
    Il mio interesse è maturato anche attraverso una breve esperienza di ricerca prima della mia laurea specialistica come bioinformatico presso un ente vicino a lecco. Ma il vero punto di svolta è stata una scuola estiva di metodi computazionali presso la SISSA di Trieste, dove ho conosciuto un ambiente di ricerca eccezionale.
    Ho poi chiesto una tesi nello stesso gruppo e ho passato un anno a Trieste, prima di laurearmi.
    Ho passato mesi e mesi (chi era con me in quel periodo sa cosa significa) a riflettere su cosa fare dopo la laurea, e prendere una decisione non è stato facile. Potrei scrivere un intero post su questo.
    Ma a 25 anni ho la possibilità e i mezzi di realizzare i miei sogni, e dopo qusi un anno so di essere felice della mia scelta, e senza esagerare posso dire di stare vivendo il periodo più bello (e non privo di difficoltà) dell mia vita.
    Ho preferito cercare un dottorato in un paese del nord europa, e tra Parigi e l'olanda (Enschede) ho preferito la seconda. Ancora, potrei parlare per ore di come qui le cose siano diverse o del clima che si respira qui.
    Costruirsi una vita (vera, non solo nell'ambiente accademico!) non è affatto banale. Spesso però, è affrontando le difficoltà che ho trovato i mezzi per costruire il mio futuro, e ancora una volta, questo posto mi sta insegnando molto e mi sta fornendo i mezzi e l'indipendenza che a molti sono negati, ed è mia intenzione usarli fino in fondo.
    Verso dove? Ancora non so se il mio futuro sarà in accademia. ci sono tante questioni da risolvere, e di certo non sono disposto a sacrificare tutto per inseguire questa carriera. Spesso sui giornali leggiamo di storie simili alla mia, o quella di Luca. anche a me è arrivata la solita lista di domande. Eppure poco si parla di un'altra realtà, che è quella dei post doc, che io reputo molto più interessante.
    Potrei scrivere ancora molto, ma forse ho già superato in lunghezza Luca.
    A volte trovo estremamente affascinante soffermarsi a riconoscere il percorso che mi ha portato qui, oggi, e che è cominciato così tanti anni fa! Condivido i pensieri di Giacomo e Luca, e mi unisco al loro abbraccio.
    Matteo Giani

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