verde olivo

Mi sentivo “verde olivo” quella mattina sulla piazza insieme alla folla mareggiante attorno al monumento verticale a Josè Martì, ad ascoltare Fidel nell’anniversario della Rivoluzione. Torrente di parole riversate su quel mare: e, nelle interruzioni, la folla cominciava a ballare tenendosi per mano e a cantare e poi ancora ascoltare.

Il mio rudimentale spagnolo sentiva “… libertà, desarroio, bloche…. “. Volevo essere verde olivo. Quardavo le miliziane in divisa (verde olivo) con dei buffi calzoni con la cerniera lungo …il didietro… e un poco mi distraevo.

Volevo essere verde olivo. In quel piccolo paese-isola bello e poverissimo (o meglio: la cui ricchezza poteva “darsi” solo attraverso intensi scambi internazionali commerciali e turistici..) che solamente qualche anno prima era stato buttato come una carta potenzialmente sparigliante nel gioco bloccato delle due superpotenze. Ed era riuscito a non scomparire, tra missili che si ritiravano ma obbligavano all’unico canale di sopravvivenza economica, e una pace mondiale riaffermata ma con il blocco dello scambio con la ricchezza, che fioriva a 80 miglia dalla costa.

Volevo essere verde olivo e ricordavo anni prima, proprio in quella occasione di crisi internazionale, la manifestazione per la pace a Milano dove le camionette della polizia uccisero uno studente (il nostro Paese libero..). “..Giovanni Ardizzone era il suo nome/di mestiere studente universitario/ comunista amico dei proletari..” così in milanese cantò di lui Ivan Della Mea, con versi che dicono in sintesi quale fosse il rapporto tra classe operaia e studenti in quei primi anni ‘60 : “di mestiere studente” e “amico dei proletari”. Le distinzioni di classe contavano, eccome. Di lì a qualche anno gli “amici” studenti pretesero che i proletari imparassero la lezione da loro (per loro?…)

Mi sentivo verde olivo parlando in mezzo alla folla e scoprendo che Guevara, che da noi cominciava ad essere il mito mediatico venduto come immaginetta eroico-paranoica, era sì considerato un loro eroe, ma assai meno popolare di Camilo Cienfuegos (Fidel che nei momenti cruciali si rivolgeva a lui “voi bien Camilo?..

Mi sentivo verde olivo nelle microbrigadas di volontari (c’eran tutti: tedeschi DDR che arrivavano organizzati, già con il machete, russi, francesi…) alla sera a discuter di politica gli italiani in prima fila saccenti… A “cortar caña” meglio di no. Scoprire che il machete non taglia la canna ma piuttosto la spezza e la polverina che si genera è più che fastidiosa… meglio i cantieri a tirar su casette prefabbricate (orrende, ma bisognava pur cominciare a risanare alcuni quartieri di Avana…).

Volevo essere verde olivo. Quardavo le miliziane in divisa (verde olivo) con dei buffi calzoni con la cerniera lungo …il didietro… e un poco mi distraevo. Volevo essere verde olivo. In quel piccolo paese-isola bello e poverissimo (o meglio: la cui ricchezza poteva “darsi” solo attraverso intensi scambi internazionali commerciali e turistici..) che solamente qualche anno prima era stato buttato come una carta potenzialmente sparigliante nel gioco bloccato delle due superpotenze. Ed era riuscito a non scomparire, tra missili che si ritiravano ma obbligavano all’unico canale di sopravvivenza economica, e una pace mondiale riaffermata ma con il blocco dello scambio con la ricchezza, che fioriva a 80 miglia dalla costa.

Volevo essere verde olivo e ricordavo anni prima, proprio in quella occasione di crisi internazionale, la manifestazione per la pace a Milano dove le camionette della polizia uccisero uno studente (il nostro Paese libero..). “..Giovanni Ardizzone era il suo nome/di mestiere studente universitario/ comunista amico dei proletari..” così in milanese cantò di lui Ivan Della Mea, con versi che dicono in sintesi quale fosse il rapporto tra classe operaia e studenti in quei primi anni ‘60 : “di mestiere studente” e “amico dei proletari”. Le distinzioni di classe contavano, eccome. Di lì a qualche anno gli “amici” studenti pretesero che i proletari imparassero la lezione da loro (per loro?…)

Mi sentivo verde olivo parlando in mezzo alla folla e scoprendo che Guevara, che da noi cominciava ad essere il mito mediatico venduto come immaginetta eroico-paranoica, era sì considerato un loro eroe, ma assai meno popolare di Camilo Cienfuegos (Fidel che nei momenti cruciali si rivolgeva a lui “voi bien Camilo?..”

Mi sentivo verde olivo nelle microbrigadas di volontari (c’eran tutti: tedeschi DDR che arrivavano organizzati, già con il machete, russi, francesi…) alla sera a discuter di politica gli italiani in prima fila saccenti… A “cortar caña” meglio di no. Scoprire che il machete non taglia la canna ma piuttosto la spezza e la polverina che si genera è più che fastidiosa… meglio i cantieri a tirar su casette prefabbricate (orrende, ma bisognava pur cominciare a risanare alcuni quartieri di Avana…).

Volevo essere verde olivo alla Bodeguida del Medio di Hemingway dove “tomar un ron” costava quanto da noi una bottiglia: e del resto come non capire che i cubani ti cavavan più soldi possibili visto che al largo di 80 miglia facevan di tutto per strangolarli… e il piccolo scultore con una microscopica bottega nei pressi che mi regalò una banconota da un peso, firmata dal Che… (Si il Che fu anche il capo della Banca nazionale cubana…). Da tenere per ricordo. Ricambiai con uno splendido catalogo di Moore, facendolo recapitare da un altro compagno che partì dopo di me…

Mi sentivo verde olivo nella scuola con suppellettili e ambienti raffazzonati, ma senza bidelli… le pulizie le facevano gli studenti stessi e i genitori, a turni… mi sentivo verde olivo quando i bambini per strada ti circondavano, ma non per chiederti l’elemosina, come in Marocco, ma per scroccarti una biro o un quaderno per scrivere. (C’è differenza tra povertà e miseria..). Mi sentivo verde olivo nella fabbrica (?) di sigari dove non si usavano incentivi materiali (a conforto della nostra paranoia di sinistri occidentali..) ma i reparti più produttivi avevano la bandierina. Scoprii parlando con gli operai che almeno gli incentivi materiali non innescavano patologie comportamentali di invidie e rancori, che invece i marchio della bandierina non risparmiava. Lezione per il mio “dopo” di sindacalista.

Volevo essere verde olivo quando alla fermata dell’autobus mi chiedevano “ e la ultima?…” e la prima volta non avevo capito che la signora voleva sapere quando fosse passata l’ultima “uaua”: così chiamavano autobus variopinti che sembravano essere usciti da fumetti per bambini, così scassati da chiedersi come facevano a viaggiare con fumi che altro che effetto serra!!…ma il clacson-sirena si faceva sentire…uaua..uaua..

Mi sentivo verde olivo, parlando con giovani come me, sia quelli che guardavano al di là delle 80 miglia, speranzosi di trovare al di là più facili guadagni e vita meno impegnativa (Fidel lasciò che se ne andasse un bel numero di “dissidenti”, esportando in Florida non proprio la “meglio gioventù”. I “gusanos”…) sia quelli legati al mito guevariano, ansiosi di partire per America Latina, ma anche per Angola e Madagascar…

Volevo essere verde olivo quando, anni dopo, come possibile candidato al Comitato Federale della Federazione milanese del PCI, mi fecero compilare la scheda della Commissione di Controllo… e insieme a domande stupefacenti tipo “Nome di battaglia?..”.. c’era anche quella “Sei stato mai all’estero?” Si certo, Marocco, Algeria, Tunisia.. in tenda… Cuba… Su Cuba la Commissione di Controllo volle approfondimenti diretti “Come mai? Con chi? Perché?…” …Chissà mai questi giovani estremisti che si infiltrano nel Partito….

Volevo essere verde olivo in questi lunghi anni che son dovuti trascorrere per arrivare ad allentare il cappio del blocco attorno ad un Paese povero e orgoglioso di sé, dovuto ad una politica estera idiota di un Paese padrone che non la adottava contro in “nemico pericoloso” (!!??) ma contro un possibile servo che si rifiutava di esserlo; e che costrinse un povero Paese senza risorse a concentrare le poche disponibili in una impari lotta per non diventare servo del padrone stupido e neppure del “salvatore” interessato.

E se guardassimo a cosa sarebbe potuto essere quel Paese-isola senza quel cappio! E invece quello strangolamento cinquantennale ha pesato, eccome!..… Ma la Storia non si fa con i se… E quella reale che è stata con Fidel, è stata comunque “verde olivo”.

 

Info su Franco De Anna

Franco De Anna, classe 1946, ora in pensione, è stato uno degli animatori del primo movimento di Scienze a Milano nel 1968 (era a Scienze Naturali). Dal 1999 sino agli anni più recenti ha fatto l'ispettore scolastico nella Regione Marche occupandosi tra le altre cose, sul piano nazionale, delle tematiche della autonomia e rendicontazione sociale della scuola. E' stato segretario milanese, regionale lombardo e poi nazionale della Cgil Scuola. Ha diretto il centro studi della Camera del Lavoro di Milano, l'IRRSAR e l'IRRE. E' autore di numerose pubblicazioni (libri e saggi su riviste specializzate).
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