Un mese in Vietnam – di Roberto Ceriani – 19 Delta del Mekong, Ho Chi Min City, il museo della guerra – quel che ti resta dentro – il viaggio metafora della vita

Lo Zen e l’arte di non farsi investire da una motocicletta. Più o meno questo scriveva una rivista di viaggi parlando del Vietnam. Il viaggio insegna molte cose, anche alcune inizialmente non previste. In Vietnam ho imparato a schivare centinaia di moto in movimento casuale, come le molecole di un gas riscaldato

Questi sono gli ultimi appunti di viaggio; domani si torna a Milano. Parlano dell’enorme delta del Mekong, un fiume che attraversa 6 o 7 Paesi, ingrossandosi sempre di più con le piogge tropicali. Il delta è un insieme di piccoli rivoli, ognuno dei quali è più grande del Po in piena. Bagnano un vasto territorio pieno di risaie, villaggi galleggianti, città sulla riva, fitte jungle, mercati su barca….

Ora che Saigon è in piena esplosione economica, molti contadini da fiume abbandonano il delta per andare a vivere in città. Altri invece rimangono e iniziano a convertire l’economia locale, orientandosi verso un nuovo e promettente business turistico. Nascono così semplici case sul fiume, in cui abbiamo dormito e dove abbiamo girato in bicicletta, che le famiglie riadattano per ospitare turisti insofferenti di quei grandi alberghi che stanno nascendo in tutto il Vietnam.

È impressionante il numero e la dimensione di questi nuovi hotel, spesso veri e propri ecomostri sulle spiagge. Per non parlare delle altissime gru impegnate nella costruzione di tanti enormi alberghi previsti per il futuro. A prima vista sembra che gli investimenti nel settore siano sproporzionati e che la scommessa turistica sia destinata al fallimento. Forse però dietro questo boom c’è un ragionamento sui flussi futuri del turismo che, a causa del terrorismo ancora in fase crescente, ormai hanno abbandonato i Paesi arabi. Questi Paesi di area musulmana resteranno tagliati fuori per i prossimi 20-30 anni e la riduzione del costo dei voli rende credibile uno spostamento di massa dei turisti verso Oriente. Sono e saranno milioni di viaggiatori in cerca di mete più sicure.

Il delta del Mekong non dista molto da Ho Chi Minh City, che tutti continuano tranquillamente a chiamare Saigon. A Saigon la gente parla un inglese molto più comprensibile di quello che si sentiva ad Hanoi e in tutto il Nord. Sarà effetto di un diverso accento locale o della lunga permanenza dei soldati americani?

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Se vuoi la pace studia la guerra!”. Si può dire tutto il male possibile del War Remnants Museum di Saigon: propagandistico, retorico, emotivo… Non si può però dire che manchi la documentazione, oltretutto vista da più fronti della guerra. Non è facile trovare un “museo della guerra” costruito con i contributi di movimenti pacifisti di mezzo mondo. Questo museo si trova nella ex sede dei Servizi Segreti americani di Saigon.

Sono esposte armi autentiche americane di tutti i tipi, catturate durante la guerra del Vietnam, fra cui un enorme elicottero Chinook, carri armati, aerei, cannoni, mortai, bombe di ogni genere, mine antiuomo e anticarro, lanciarazzi, bazooka, armi leggere, ecc. Sono mostrate immagini delle proteste contro la guerra, manifestazioni nelle piazze di tutto il mondo, fra cui negli USA. È esposto anche un autentico striscione italiano di una vecchia manifestazione.

La ricca documentazione, materiale, fotografica e statistica, aiuta a capire le dimensioni di una guerra che, fra fasi alterne, è durata più di 15 anni. Si scopre così che in tutta la Seconda Guerra Mondiale gli USA hanno usato 5 milioni di tonnellate di bombe, mentre nella sola guerra del Vietnam ne hanno sganciate quasi 15 milioni! Si stima che sul territorio vietnamita ci siano ancora 600.000 tonnellate di bombe inesplose. Ancora oggi uccidono 2-3 persone al giorno; un’abitudine che neanche fa notizia…

I defolianti usati sul 20% del territorio vietnamita hanno irrorato il terreno con diossina, contenuta nell’Agente Orange e in altri prodotti, che ha causato decine di migliaia di nascite deformi per 2 o 3 generazioni. Le vittime di questo sterminio, veri e propri mostri viventi, hanno fatto causa ai produttori dei defolianti, la Monsanto e la Dow Chemical, ma la Corte Suprema americana ha negato ogni indennizzo alle vittime. Forse erano finiti i soldi, visto che il Governo USA ha pagato 180 milioni di dollari ai soldati americani, vittime anch’essi della diossina, che avevano fatto una causa identica!

Immagini terribili documentano il massacro di My Lai, una vera Marzabotto americana. Avevo 17 anni e leggevo su Epoca l’orrore di questo massacro: era stato uno dei miei primi momenti di presa di coscienza politica. Gli americani non hanno avuto neanche il coraggio di chiedere scusa!

Era presente fra i visitatori un gruppo di anziani vietnamiti, alcuni con al petto numerose medaglie. Penso che fossero partigiani pluridecorati: incutevano un forte senso di rispetto.

Fra 20-30 anni i nostri figli vedranno un museo simile che mostrerà le vergogne di oggi? Ricorderanno le grandi colpe del nostro tempo che fingiamo di dimenticare? Bagdad, Falluja, Mosul, Raqqa, Aleppo, Srebrenitza, Beslan, Basra, Grozny…

Il museo è vicino al Palazzo della Riunificazione, la vecchia sede del governo sudvietnamita che il 30 aprile 1975 vide la fine della guerra quando un carro armato del Nord sfondò il cancello e i soldati issarono la bandiera rossa sul tetto. Era uno dei tre edifici dai cui tetti partivano elicotteri strapieni di gente in fuga. Gli altri due erano l’ambasciata americana e la sede della CIA.

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Adesso il viaggio è veramente finito. Mi è sempre piaciuto viaggiare. Da giovane giravo il mondo in autostop. Era il mio modo di scoprire, conoscere e crescere. Mi ha aiutato a capire quanta gente uguale a me esiste e quanta gente diversa da me esiste.

A 20 anni ripetevo spesso che avevo davanti ancora 50 anni da vivere: 40 per viaggiare e 10 per mettere in ordine le fotografie. Ora che ne ho quasi 70 scopro di essere in tremendo ritardo: mi piace ancora viaggiare, ma non ho ancora iniziato a mettere in ordine le foto!! Dovrò chiedere i tempi supplementari…

Oggi capisco che il viaggio è una metafora della vita. Il tuo modo di vivere e il tuo modo di viaggiare sono sempre molto simili. Imparare a viaggiare è un po’ come imparare a vivere: fai un progetto e cerchi di realizzarlo, ma puoi incontrare imprevisti che ti obbligano a modificare il tuo progetto. Devi essere capace di accettare sorprese belle e sorprese brutte, devi saperti adattare senza però tradire il tuo progetto iniziale, devi accettare gli errori di rotta e avere il coraggio di tornare indietro, devi sapere che puoi incontrare pericoli o andare incontro a fallimenti. Il viaggio è una miscela di previsto e di imprevisto. L’importante è essere turista non per caso…

Il bello del viaggio sono gli incontri. Incontri cercati e incontri capitati per caso. Incontri con persone uguali a te che sembravano diverse e incontri con persone diverse da te che sembravano uguali.

Quante volte mi è risuonata nella mente quella vecchia canzone dei New Trolls! Nel disco “Senza orario e senza bandiere” diceva più o meno: “Me ne andrò per le strade del mondo e tornerò senz’altro migliore”. Accidenti! Oltre alle foto devo mettere in ordine anche i dischi! Dovrò chiedere doppi tempi supplementari…

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Questo è l’ultimo post sul Vietnam. Ringrazio tutti gli amici che hanno commentato questi post e quelli che mi hanno scritto in privato. È stato un sostegno importante che mi ha fatto molto piacere e mi ha dato una mano importante.

Cari amici, se in futuro farò ancora un viaggio simile penso che dovrete sopportare ancora dei post simili. Però non potrete dare la colpa a me: un po’ ve la siete cercata!


(19 Fine) trovate qui le diverse puntate 1) Il museo della rivoluzione2) Le case verticali3) La lingua4) La guerra di Indocina5) Il popolo delle montagne - 6 I turisti e la lingua inglese7 Lo zio Ho8 Un salto in Cambogia9) Hotel cambogiani – 10) Hue cibo di strada e sicurezza – 11) Hue la fotofobia  - 12) Hue la Cittadella – 13) L'autobus notturno verso Ha Lang e le fabbriche – 14) Hoi An e il sito archeologico di My Son 15) China Beach, un salto nel passato – 16) I vietnamiti e la fotografia – 17) I tunnel per la guerriglia alle porte di Saigon – 18) Consigli di viaggio (quasi alla fine)

Info su Roberto Ceriani

Roberto Ceriani, classe 1950, laureato in Fisica, dopo molti anni di insegnamento ha vinto il 1° concorso per Dirigente Scolastico e quindi, dopo aver fatto questo nuovo lavoro per alcuni anni, è andato in pensione per raggiunti limiti di età. Interviene spesso su Facebook su problematiche riguardanti il mondo della scuola. “Autore di libri di Fisica per Licei e di numerosi testi di divulgazione informatica. Formatore di insegnanti in Lombardia e nelle regioni del Sud. Ha lavorato 9 anni all’IRRSAE-IRRE Lombardia dove si è occupato di Progetti Europei di formazione docenti e di analisi statistiche di dati internazionali sugli apprendimenti (Progetto OCSE-PISA). Attualmente, per conto dell’Invalsi, si occupa di valutazione delle scuole italiane e, per conto dell’USR Lombardia, è impegnato nelle attività di valutazione dei Dirigenti Scolastici”
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