III repubblica – parliamone (2) – di Giovanni Cominelli

Sotto l‘urto dei dati e a operazioni di scrutinio non ancora esaurite, soprattutto in ordine alla designazione dei titolari dei seggi, le riflessioni rischiano di essere intempestive o poco pertinenti. Ne serviranno di più meditate nei prossimi giorni. Intanto, si possono improvvisare alcuni spunti.

  • Non c’è governo possibile in un sistema definitivamente tripolarizzato, grazie alla legge elettorale. Si possono azzardare somme aritmetiche: M5S+Lega; M5S+PD. Ma non sono, al momento, somme politiche, tali da portare al governo stabile del Paese.

Dopo il fallimento del referendum del 2016, che ha trascinato con sé l’Italicum, questo è il risultato: l’impotenza dei partiti di formare un governo. Il tutto sarà affidato all’instabile volontà politica dei partiti. Quanto questo possa pesare sullo spread, destinato a salire, e perciò sul debito pubblico del Paese e perciò sulla stabilità dei mercati, si comprenderà a breve.

E quanto sull’affidabilità europea dell’Italia si comprenderà a brevissimo. La Germania ha atteso da settembre di avere un governo e ora lo avrà; durante l’attesa, l’economia e le istituzioni hanno continuato il loro lavoro. L’impotenza dei partiti si potrebbe sanare solo per via di riforma istituzionale/elettorale, così che dalle urne possa uscire immediatamente un governo scelto dagli elettori.

L’impotenza colpevole della politica porterà, di fronte ad un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del Paese, a innescare movimenti che, a quel punto, chiederanno “un uomo forte al comando”, dopo aver respinto la proposta referendaria del governo istituzionalmente forte? E’ molto probabile.

  • E’ cambiata la geografia politico-culturale della politica italiana. Il M5S eredita, al Sud, l’elettorato della prima Forza Italia e, prima ancora, della vecchia DC: un mix di rivolta, di domande di politiche assistenziali, di grandi nostalgie della Cassa del Mezzogiorno.

La società civile meridionale cambia spalla al fucile, ma non muta nei decenni l’atteggiamento di fondo: è lo Stato che deve pensare a tutto. Il flusso di miliardi che dall’Europa e da Roma ha preso la strada del Mezzogiorno ha alimentato una cultura assistenzialistica e parassitaria. Le classi dirigenti meridionali hanno certamente intercettato a proprio vantaggio parte di questo flusso, ma per costruire la propria egemonia lo hanno distribuito in modo clientelare e corruttivo verso l’intera società civile meridionale. La quale, per un verso si lamenta della corruzione e del clientelismo, per l’altro ci campa.

Il rigore della spesa pubblica scelto da Roma, anche sotto la pressione europea, ha aperto il varco ad un’insorgenza assistenzialistica, che ha trovato il referente politico e antropologico nel personale politico del M5S. Il debito pubblico, se queste pulsioni si trasformassero in politiche di governo, è destinato a crescere in modo accelerato. Quanto al centro-destra, l’egemonia numerico-politica di Salvini chiude in modo definitivo l’era Berlusconi, del suo tentativo di costruire un polo liberal/conservatore in Italia, ormai minoranza. Il nazionalismo antieuropeista del leader leghista ha cambiato la cultura politica della Lega Nord.

Come sarà possibile conciliare il Nord produttivo, aperto ai mercati internazionali, contrario ai protezionismi e alle dogane – che proprio in questi giorni Trump minaccia di imporre sui prodotti europei – con il Sud, che invoca protezione e spesa pubblica a go go?

  • Quanto al PD, si è definitivamente consumato l’equivoco e il pasticcio di una sinistra che pretendeva di seguire le ombre di Corbyn e di Sanders e, contemporaneamente, di stare nella scia di Macron. Una sinistra che per un verso si voleva rifare alla vetero-socialdemocrazia, su cui l’ultimo PCI si era attestato, e per l’altro aspirava ad una svolta socialista/liberale e cattolico/liberale.

Le politiche di governo hanno risentito di questa ambiguità, da quelle sull’immigrazione, a quelle sulla sicurezza, a quelle della scuola, all’atteggiamento verso l’Europa, alle sbavature demagogico-populiste per inseguire il M5S. Il risultato delle elezioni, per un verso libera il PD, dopo un travaglio che durava dalla vittoria di Renzi alle elezioni europee del 2014, dalla vetero-socialdemocrazia alla D’Alema – sepolto dall’irrilevanza elettorale – e dal massimalismo storico, di vecchio e nuovo conio; per l’altro mette in evidenza la fragilità culturale e politica del gruppo dirigente, a partire dal segretario Matteo Renzi. Il cantiere del progetto PD 2008 di una fusione calda di forze cattolico-liberali, socialiste-liberali, ecologiste è tuttora aperto.

Non c’è dubbio: si annunciano giorni interessanti, direbbe la saggezza cinese.

Informazioni su Giovanni Cominelli

Giovanni Cominelli, iscritto a Filosofia all’Università Cattolica di Milano dal 1963 al 1965, alla Frei Universität nel 1965/66, laureato in filosofia con Enzo Paci all’Università statale di Milano nel marzo del 1968. Negli anni ’70 é stato membro della Segreteria nazionale del Movimento studentesco/Movimento lavoratori per il Socialismo. Eletto nel 1980 in Consiglio comunale a Milano per l’MLS-PDUP nel 1980, nel 1981 è subentrato come Consigliere regionale a Luciana Castellina, fino al 1990. Nel novembre del 1982 è entrato nel PCI, su posizioni riformiste e miglioriste. E’ uscito dal PCI-PDS nel 2000, aderendo ai Radicali fino al 2004. Iscritto al PD dal 2015. Esperto di politiche scolastiche, dal 1985 al 2000 responsabile scuola del Pci-Pds-Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola. Membro del Gruppo di lavoro per la Valutazione, istituito nel 2001 dal ministro Moratti, fino al 2004. Dal 2002 al 2004 membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi, poi consulente per la comunicazione fino al 2005. Dal 2003 al 2005 ha organizzato la manifestazione Job&Orienta della Fiera di Verona dedicata all’istruzione. Membro del Cda dell’Indire dal 2005 al 2006, è stato responsabile delle politiche educative della Compagnia delle Opere dal 2005 al 2007 e della Fondazione per la Sussidiarietà fino al luglio 2010. Ricercatore presso il Cisem nel 2010. Svolge attività di formazione nelle scuole. Collabora alla Rivista mensile Nuova secondaria. Ha scritto di politiche educative su Il Riformista, Tempi, Il Foglio, Avvenire, Il Sole 24 Ore e i libri La caduta del vento leggero (2007) e La scuola è finita… forse (2009). Oggi editorialista de L’ECO DI BERGAMO e di santalessandro.org, settimanale della Diocesi di Bergamo. Scrive sul Sussidiario.
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