niente numeri, oggi stili di vita, … perché raccontare fa bene

21- Marzo-2020. Non so se è chiaro, questa è una data che resterà nella storia.

Forse dovrebbe restare nella storia la data d’inizio dei provvedimenti restrittivi in Cina. Ma la Cina è lontana, anche se oggi molto meno di ieri. E’ una data storica certamente per noi e per il resto del mondo che non ha già affrontato il COVID-19 … e anche questa sigla resterà nella storia. Ma a me non piace chiamare il nemico con una sigla, perciò lo chiamerò Corona Virus.

La storia comincia da qui, perché per la prima volta, credo, nella storia dell’umanità siamo una sola razza che include e unisce tutti gli esseri umani, tutti i popoli contro un solo nemico. Lo possiamo dire senza vergogna, adesso, lottiamo per la nostra sopravvivenza. Non come genere umano, ma come società moderna che rischia di essere ferita tanto profondamente da non riconoscersi più, non ritrovare più il welfare, il progresso scientifico, economico, culturale che l’ha caratterizzata almeno nell’ultimo secolo.

Il modo più evidente di raffigurare questa possibile catastrofe la vediamo nella catena della malattia. Il numero dei contagi si espande. All’inizio si pensa che spazzerà via soltanto qualche vecchietto malato, infatti in Cina muoiono meno persone di quante siano già morte solo in Italia.

Poi la malattia dilaga e si infettano i medici, gli infermieri, non bastano più i posti in terapia intensiva, poi si esauriscono le mascherine, i respiratori, i camici impermeabili, qualcuno indossa i sacchi della spazzatura. Intanto s’infettano anche i più giovani. Non bastano più le ambulanze, gli ospedali. Si approntano ospedali da campo, si riconvertono aziende per produrre quello che manca.

Ma per ora le carenze provocano, come a Bergamo, Brescia, forse domani Milano un risultato: qualcuno viene abbandonato a casa a morire, senza assistenza, senza il sollievo dei respiratori, senza ossigeno, e nei reparti comincia a mancare l’anestetico che supporta la sedazione profonda. Ogni carta si abbatte sulla successiva, che a sua volta abbatte la successiva, che a sua volta …. Si chiama reazione a catena.

Non riusciamo a prevedere anzi a rispondere all’effetto che si crea successivamente. Siamo sempre un passo dietro al nemico. E quindi, siamo spacciati? No, sia pure con effetti drammatici, l’unica difesa è rallentare l’avanzata. Per fare ciò, dobbiamo bruciare i campi davanti al nemico che avanza, togliere il terreno da sotto i piedi per rallentarlo e permettere a noi le mosse funzionali alla risposta al suo passo successivo.

Rallentare! Rallentare, creare spazio tra una sua azione e l’altra, distanziare, distanziare. E’ una guerra insolita, in cui non possiamo andare a combattere a viso aperto, ma ci si chiede l’inazione, stare fermi, stare chiusi nelle nostre case, perché il Virus si nutre di noi mentre si moltiplica e poi salta con i suoi cloni su chi gli passa accanto, purtroppo spesso, troppo spesso, il medico o l’infermiere che ti cura.

Quindi dobbiamo eleggere un manipolo di eroi che si sacrifichino per noi e questi eroi sono medici, infermieri, farmacisti, cassiere del supermercato, fruttivendoli, operatori ecologici, che una volta chiamavamo spazzini, operai della catena alimentare, trasportatori, probabilmente (per ora) anche operai di alcuni settori ritenuti strategici, energia, acqua, servizi pubblici.

Saranno tanti, ma tutto il resto è inutile nel suo impegno produttivo, è solo cibo per il Corona Virus. E poi c’è la retrovia, quelli che possono supportare con lo smartworking, null’altro che il lavoro da casa. Tutti gli altri chiusi dentro per togliere cibo al nemico. Quindi non rompete i coglioni con le corsette e le passeggiate. Uscite solo per l’approvvigionamento. Il cane? Portatelo a fare un giro corto e rientrate subito. Un po’ d’aria, di movimento? Se avete un cortile o un giardino fatelo lì, se no uscite con mascherina (da sola protegge gli altri dal possibile Virus che avete dentro, ma nel suo uso generalizzato è una difesa di gruppo), fate 100-200 m e rientrate.

Ho incrociato i miei vicini che uscivano tranquilli mentre io rientravo da un’ora e mezzo di coda al supermercato. Due cari vecchietti senza mascherina, come se fosse un qualunque sabato e lei dice a lui (l’ho sentita da lontano) “caro, hai visto il Sig. Petrucci con la mascherina?”.

Il punto di non ritorno è stato 2-3 giorni fa, quando la curva del contagio in Italia, in Lombardia, a Bergamo e Brescia si è impennata e la discussione tra curva esponenziale e logistica è diventata una pura discussione accademica. In Lombardia oggi ci sono stati (credo) circa 2000 contagi in più e 450 morti in più. Questi numeri non mentono e seguono curve già esponenziali o sulla strada di diventarle. E poco conta che il numero di guariti sia più alto di quello dei morti. E niente illusioni, ciò che è oggi Lombardia, Emilia domani potrà essere Lazio, Campania o Sicilia. E ciò che oggi Italia sarà, forse già lo è, Spagna, Germania, America, e speriamo che non diventi Africa e che sia vero che il Corona Virus non ami il caldo.

Però, però, non perdiamo la capacità di ridere e sorridere, credo che i nostri genitori, i nostri nonni, abbiano imparato a farlo, durante la guerra, in prima linea o nelle retrovie o a casa. Facciamo tutto il possibile per mantenerci attivi ed il cervello sveglio, non stiamo in ciabatte e pigiama, comodi sì ma non lasciamoci andare. E … niente paura se viene da piangere; fa bene, se non ci dimentichiamo di ridere anche solo un minuto dopo. Non vi dico “andrà tutto bene”, mi sembra uno slogan cretino copiato dai film americani, ma vi dico “è dura, ma ce la possiamo fare”.

Un ultima cosa, chiedo scusa al mio amico Daniele Marini che due settimane fa diceva con forza che la via da intraprendere era quella che poteva e doveva sfruttare la nostra tecnologia, non arco e frecce e quindi indicava la via seguita dai paesi asiatici, di tamponi a tappeto e uso dell’informatica per controllare i contagiati ed isolarli. Mi scuso con te per averti capito, avevi ragione e mi fa piacere che ora si stia pensando di seguire quella strada e che vada a farsi fottere chi teme per la sua privacy. Buona notte, ce la possiamo fare.


20-Marzo.

Stavo pensando a come iniziare il diario di oggi e intanto mettevo giù i dati delle regioni quelli dei due nuovi grafici di ieri. E cosa scopro? Che non sono affidabili. Ieri dichiaravo la preoccupazione per Campania e Abruzzo (41.7% e 46.4%) e stasera li trovo a 14.9% e 11.6%. Il pugno di ferro di De Luca? No probabilmente, come ho detto altre volte, difficoltà nella comunicazione o forse nella raccolta. Solo Lombardia, Emilia e Sicilia mantengono incrementi simili a quelli di ieri. Perciò considerate che l’ultima parte dei miei commenti di ieri sono non veritieri e prendiamola con una bella risata. Verificheremo nei prossimi giorni. Come dicevo i numeri possono anche ingannare, specie quando sono poco precisi. Oppure …. beh magari il COVID-19 si è preso una bella sbronza.

Per quanto riguarda tutto il resto sulla crescita dei contagi, abbiamo gli stessi trend di ieri. Perciò non allego curve anche se le ho aggiornate. Le metterò quando vi sarà qualcosa da segnalare. Nulla da aggiungere se non che si continua a morire a ritmi altissimi e che, evidentemente, le misure restrittive non hanno ancora avuto un effetto misurabile. Bella notizia, eh? E ancora peggiore è quella che abbiamo già più morti che in Cina e che Spagna, Germania e USA crescono con curve esponenziali uguali o più ripide della nostra. Nessuna gioia nella facile predizione che Trump è un c…

No, le belle notizie ci sono, sotto il segno della solidarietà. Cinesi, americani, cubani, un contratto x 5 milioni di mascherine dalla Cina, ospedali da campo che nascono in un batter di ciglia, Alpini, Esercito, tutti a dare una mano. Beh, a me fa piacere. Invece come previsto, oggi si è verificato, almeno in Puglia, che tra i nuovi contagiati vi sono molti parenti degli “scappati dal Nord”.

Poi però, c’è questo dubbio che continua a tornare in testa: Ma è giusto proibire le passeggiate all’aperto, il jogging se uno si mantiene a distanza dagli altri? E con la testa continuo a dirmi che non è giusto, ma è necessario. Certo che non contagi e non sei contagiato, se stai a distanza di sicurezza, però come fai a controllare? Travesti da runner gli assaltatori del San Marco e li mandi al parco col metro? Perciò mi tengo i dubbi e, come Garibaldi “Maestà, Obbedisco”.

Ovviamente io non sono un runner, sono ,anzi ero, uno swimmer e quindi non ho chances. Ci pensavo prima, quante martellate mi sono dato nei c… in questi ultimi 3-4 anni! Ero un bravo swimmer ed un bravo diver sia con bombole che in apnea, tanto che ho fatto anche della sismica subacquea. E bravo lo sono ancora, perché quando torno al mare dopo 3-4 giorni di acclimatamento il mio corpo riprende quell’armonia tra braccia, gambe e polmoni e mi godo quella fantastica sensazione di scivolare non nel ma sull’acqua.

Sì, si chiama assenza di gravità ed ovviamente si verifica solo nel cervello, perché la gravità c’è. Ah, ero anche un bravissimo tuffatore ed ho insegnato a tuffarsi ai miei nipoti e a nuotare a qualche figlio(a) di amici. Ed anche lì godevo quella sensazione fantastica di assenza di gravità e poi di armonia con essa nell’entrata in acqua, quando senti che il tuo corpo viene quasi massaggiato senza attrito. Ovviamente quando il tuffo è buono. Non lo fu il mio primo tuffo dal trampolino della piscina Cozzi a Milano. Sugli scogli quando ti tuffi, dopo la rincorsa, devi battere come un dannato e darti uno slancio fortissimo per non fracassarti sugli scogli sotto. Il trampolino, però …. È elastico. Volai verso il centro della piscina ribaltandomi sulla schiena, per fortuna senza massacrare nessuno.

E mentre salivo a galla che non riuscivo a respirare per la botta si udì la voce del bagnino “chi è quel c….?”. Presente. Quel c… oggi fa fatica ad andare in piscina, per pigrizia, ma anche per vergogna. Vergogna per il corpo massacrato dal martello dell’età, flaccido, con fastidiose zone di accumulo, che non si distribuiscono ma si concentrano solo in vita, dalle dozzine di pieghe sparse dappertutto. E dato che preparare la borsa, fare 200 m a piedi, spogliarsi e rivestirsi fa fatica, la vergogna ha vita facile nel massacrarmi.

Che c’entra col COVID-19? Beh, primo questo è un diario; secondo continuo a pensare, ora che non posso, quanto mi piacerebbe andarci. Ah, di quante piccole graziose cose è fatta la nostra vita e quante riusciamo a spegnerle per poi pentirci, solo grazie a COVID-19. Buona notte e speriamo che “domani” ci regali qualche cambio di pendenza, verso il basso, ovviamente.

Info su Bruno Petrucci

Geologo professionista, nato a Salerno 1946 e laureato a Milano nel 1975. Attività di pianificazione sismica, tramite studi di micro-zonazione nel post-terremoto dell’Irpinia (1980) e successivamente tra il 1986 ed il 2009 nel territorio Lombardo ove ha operato parallelamente nell’ambito della pianificazione territoriale alla luce del rischio idrogeologico. Nello stesso periodo si è occupato di studi di fattibilità grandi opere (strade e dighe) e ricerche idriche in Italia, Asia, Sud America ed Africa. Attualmente impegnato in indagini idrogeologiche e ricerche di acque sotterranee in paesi in via di sviluppo, particolarmente in Somalia, Kenya, Tanzania e Libano. Attività di insegnamento nell’ambito del Master “Le risorse Idriche nei Paesi in Via di Sviluppo” presso l’Università di Milano Bicocca dal 2004 ad oggi. Iscritto all’Ordine Nazionale dei Geologi dal 1984.
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