ai fisici piace guardare fuori dalla propria stanza – di Daniele Marini

Un modello statistico non avrà mai la capacità predittiva di un modello basato su equazioni. Il modello statistico non spiega il funzionamento del processo, ne descrive soltanto la evoluzione.

Purtroppo da quel che leggo i virologi stanno trascurando le teorie biologiche più esplicative, tra questi le teorie evoluzionistiche e di selezione basate su mutazioni.

Se dico che il virus sta mutando e scopro che i soggetti asintomatici hanno meno probabilità di infettare altri, posso facilmente riconoscere in questo il comportamento di un organismo soggetto a mutazione; il mutante più favorito è quello che non uccide il proprio organismo ospite, permettendogli di replicarsi.

All fine il virus mutato vincente sarà meno aggressivo del virus originario. Naturalmente le conclusioni "politiche" le lascio a chi ha voglia di farle.

RIcordo anche che i processi di mutazione e selezione richiedono molte generazioni, e questo spiega perché le epidemie si comportano con una fase di crescita molto accelerata e una fase di rallentamento fino alla scomparsa molto più lenta.

Ora quel che ho scritto non è legge, è una ipotesi teorica, ma da questa ipotesi un bravo virologo potrebbe impostare una ricerca per verificarla. Osservo anche che i modelli epidemiologici non tengono conto, per quel che ne so, ma potrei sbagliarmi, delle possibili mutazioni dei virus infettanti. Sarebbe bello invece verificare un modello per dimostrare che quando il picco viene raggiunto si sta anche esaurendo la generazione di virus più aggressiva e si sta diffondendo una mutazione meno aggressiva. C'è spazio per anni di ricerche e per decine di pubblicazioni.
 

Info su Daniele Marini

Laureato in fisica nel 1972 si è sempre dedicato a ricerca e insegnamento di informatica all'Università di Milano. Inizialmente interessato ai fondamenti logici dell'informatica in seguito si è dedicato a ricerche in eidomatica (grafica e immagini digitali). Negli ultimi 15 anni ha avuto interesse in modelli computazionali della percezione visiva di cui si interessa tutt'ora nel campo delle fotografie astronomiche. Ha dedicato 10 anni al Consiglio Universitario Nazionale e al Senato Accademico contribuendo alla attuazione dei cicli didattici (in parte pentendosene). Ora in pensione, dedica i suoi interessi a studi di fluidodinamica computazionale, alla astrofotografia e astrofisica e alle innovazioni tecnologiche e ai loro effetti sui sistemi sociali.
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4 risposte a ai fisici piace guardare fuori dalla propria stanza – di Daniele Marini

  1. Amerigo Di Libero scrive:

    Al modello statistico si ricorre quando le ipotesi sono deboli.
    Boltzmann docet! È per così dire l’incudine.
    Lo studio medico-bilologico-evolutivo è il martello. Ma mi sembra che quel che dici sia ben presente alle menti dei virologi. Vedi anche gli articoli divulgativi di le Scienze

  2. Claudio Cereda scrive:

    L'articolo di Daniele ha il pregio di gettare un sasso nello stagno e concordo.
    Mi ha però fatto venire in mente una questione che ha a che fare con l'oncologia e con l'impazzimento delle cellule tumorali (rapida replicazione e teleologia della distruzione anche di sè). Su questi aspetti si basano le ricerche sulla chemioterapia.
    Alcuni cancri sono inescati da virus. Come la mettiamo con il fatto che continuiamo ad averci a he fare?

  3. Bruno Petrucci scrive:

    Provocazione x Daniele: queste cose le potevi leggere anche nel libro di Burioni.
    Provocazioni a parte concordo con quanto dice Daniele, ma non capisco cosa voglia affermare: bisogna studiare di più l'evoluzione del virus?
    Onestamente non sono al corrente di quali studi siano in corso. Tu sì?

  4. Lino Di Martino scrive:

    Interessante e non dogmatico. Mi auguro abbia ragione.
    Come matematico che ha sempre solo fatto ricerca di base, non ho nulla da dire. Ho riserve sulla modellistica di ogni specie, ma confido nell'irragionevole efficacia della matematica…..Interessante e non dogmatico.
     

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