Il ’68 un anno che ne durò solo dieci – Augusto Gughi Vegezzi

Nessun maggior dolore che ricordare il tempo felice nella miseria. (Dante)

Negli anni '60 inizia in Italia il tramonto, oggi non ancora completato, dell'egemonia patriarcale, autoritaria, gerarchica sulla società, una società della diseguaglianza tra nobili, borghesi, proletari, del padre-padrone, del padrone delle ferriere, del burocrate despota, del matrimonio indissolubile con annesso libertinaggio maschile, dell'inferiorità femminile, dell'autorità come arbitrio, delle convenzioni e dei galatei come norme, dell'aborto clandestino, del divorzio via uxoricidio

Il movimento del '68, fondamentalmente anti-autoritario, funziona come catalizzatore di quei svariati processi, assai più ampi, di libertà ed eguaglianza che hanno riconosciuto la centralità dell'essere umano e della sua responsabilità personale e i suoi diritti fondamentali di cittadinanza, misconosciuti nella società pre-sessantottina. Tali processi hanno portato:

  • sul piano sociale a una sostanziale eguaglianza di dignità e diritti tra tutti i cittadini, al diritto di divorzio, dell'interruzione di gravidanza, allo Statuto dei lavoratori che garantisce ai lavoratori sindacati, assemblee , consigli, corsi di studio, ai diritti dei giovani all'autodeterminazione e allo studio, all'emancipazione sessuale, alla parità delle donne, alla liberalizzazione degli accessi universitari, all'abolizione dei manicomi-carceri, al diritto alla salute attraverso il Sistema sanitario nazionale;
  • sul piano culturale all'obsolescenza del principio di autorità nelle molte varianti patriarcali, paternaliste e dogmatiche etc., all'elaborazione di un sapere critico partecipato dalla comunità, ad una revisione delle tecniche e delle logiche dell'Educazione in senso scientifico, democratico e partecipato, a una consapevolezza dei condizionamenti sociali ed economici della cultura e della scienza;
  • sul piano politico al superamento del regime post-fascista con quell'attuazione della Costituzione che avvia il riconoscimento dei diritti di cittadinanza di tutti, corrodendo il monopolio del potere nelle mani di oligarchie, gerarchie e burocrazie.

una interpretazione partigiana

Dopo quarant'anni, il '68 torna nel dibattito nazionale come un problema che da un lato incanta i nostalgici e dall'altro infuria gli avversari. Chi scrive dichiara di esserne stato un attore appassionato e critico, e di nutrire pentimenti, ma solo per non essersi impegnato molto di più.

I movimenti giovanili di contestazione nascono negli Usa nel 1964- 65 e si diffondono nella maggior parte dei paesi industriali, un fenomeno di contagio internazionale raro, ma non nuovo -dal Rinascimento all'Illuminismo al 1848, alla Resistenza-, che sembra confermare l'intuizione hegeliana dello Spirito del mondo.

In Italia il fenomeno divampa nel 1968, dilagando rapidamente in una larga parte dei giovani, soprattutto studenti, un movimento spontaneo, confuso ed entusiasta in opposizione alle tradizioni, ai poteri, ai valori egemoni.

Dopo vent'anni dalla Costituzione del 1948, frutto della Resistenza, espressione di un protagonismo giovanile militare e politico contro l'invasore nazista e la dittatura fascista, la storia della Repubblica italiana registra una deriva di regime per il predominio democristiano consociato con l'opposizione socialcomunista.

La lenta Ricostruzione economica, iniziata nel '45, registra nel '58 un'accelerazione che porta a un boom industriale, una forte migrazione dal Sud al Nord e dalle campagne alle città e muta il panorama geografico e quello sociale. Le classi agrarie e della rendita perdono il primato, soverchiate da quelle industriali e finanziarie; il mondo contadino ingrossa i ceti operai. che finalmente si affacciano a un limitato benessere.

Parallelamente un governo di centro-sinistra, che coalizza Dc e Psi, nutre speranze di progresso democratico ed economico. Si respira un'aria più moderna: si diffondono le antenne tv e le Fiat 500, si canta 'Nel blu dipinto di blu', l'urbanizzazione galoppa, le autostrade accorciano lo stivale, i consumi aumentano. L'ideologia del neocapitalismo promette un capitalismo moderno, avanzato, dal volto umano e in rapida crescita, che assicura ricchezza a tutti.

E' la società del benessere, con i suoi benefici, miti e obiettivi, riassunti dalle tre emme: mestiere, moglie, macchina. Ma mentre il profitto esplode , i salari languono. Le classi lavoratrici, insoddisfatte, ingaggiano forti lotte, sindacali e spontanee (gatto selvaggio) che scuotono il paese, suscitando allarme nelle oligarchie dominanti. In realtà il paese si sta modernizzando, ma le tradizioni patriarcali reggono intatte e i potentati politici ed economici osteggiano l'apertura ai socialisti e la consociazione dell'opposizione comunista. Inizia un periodo buio di paure, minacce, trame. Barbare stragi diffondono panico nella popolazione. Oscure manovre sembrano prefigurare una sommossa, un putsch militare, un colpo di stato per instaurare un regime autoritario.

Nel 1968 i giovani della nuova generazione, che si sono formati nel decennio del boom economico e prendono alla lettera le promesse di democrazia liberale ed egualitaria retaggio della Resistenza e della Costituzione, subiscono con crescente insofferenza il sistema autoritario delle normative e delle convenzioni vigenti, in particolare le vessazioni delle gerarchie scolastiche e universitarie e le restrizioni imposte dalla morale e dalla religione. Con tutta la forza vitale della loro età, lungi dal piegarsi e adattarsi, come hanno dovuto fare le generazioni precedenti, si ribellano e innescano la Contestazione.

Nelle scuole e nelle università prima, poi anche tra gli altri giovani si comincia a contestare il sistema delle gerarchie, dei poteri, delle regole in nome della libertà, del pensiero critico e della costruzione di una vita migliore. Non ci sono profeti o capi carismatici, ma è un processo spontaneo di crescenti, dilaganti gruppi che trovano nella sfida, nell'impegno, nella lotta contro Scuola, Società, Stato, vie di realizzarsi e di realizzare propri stili di vita e valori.

La rivendicazione del diritto di esprimersi trova fondamento nella forte crescita del valore dell'io, della responsabilità, delle scelte, in opposizione a una passiva accettazione di un destino prescritto dalla società. I giovani vogliono far valere le loro esigenze, emozioni e idee, vogliono nuove forme di vita, di comunità, di convivenza. E lo vogliono tutti insieme, tutto e subito. In gergo freudiano: l'Io si auto-afferma in coniugazione e dialettica con gli altri Io e sulla spinta degli impulsi vitali (Libido) in un processo comunitario che rifiuta le imposizioni socio-culturali (Super-Io).

I giovani si sentono i paria della società patriarcale, come le donne e i servi senza voce né diritti, e rifiutano il sistema autoritario, le antitesi normative, echeggianti quella bene – male: potenti – sudditi, padri – figli, maschi- femmine, borghesi – proletari. Essi intrecciano nuovi rapporti interpersonali, in una comunità del dialogo che si proclama e diviene un nuovo soggetto sociale, protagonista della transizione accelerata da una società ancora patriarcale a una moderna.

Un'epidemia ideologica, una moda culturale, una degenerazione viziosa, una manipolazione ideologica, una carnevalata effimera? Tutte diagnosi parziali e riduttive di un fenomeno non solo italiano, ma epocale e globale.

Chi parla dei sessantottini come lazzaroni li ha solo visti da lontano, fuori dalle scuole, e ha ignorato le parole d'ordine (L'obbedienza non è una virtù. Studenti e operai uniti nella lotta. Vietnam libero. Atomiche al bando, Usa e Urss imperialiste), ma notato con sprezzo: gli eschimo, i capelli lunghi, gli abiti dimessi, senza capirli come segni esteriori di un rifiuto dei privilegi e di una scelta egualitaria che scompagina le classi giungendo all'opzione della povertà militante o del lavoro operaio.

La rottura non si consuma solo con il sistema, ma anche con i suoi miti e tabù; come con il dogma sociale, oggi imperante, di travestirsi da ricchi e vincenti per auto illudersi e illudere con maschere griffate. Eccoli i giovani di oggi, abulici, viziati, capricciosi, alla ricerca di apparenza, esibizionismi, bravate, tanto insicuri quanto arroganti, tanto depressi quanto estremi, tanto passivi quanto avidi di dimenticare la realtà, magari con un'uniforme Armani, danze ossessive, paradisi drogati. Su questo meriterà tornare.

Mai si era visto tanta passione coinvolgere masse crescenti di giovani sia in riunioni, assemblee, cortei come in studi di economia, teoria sociale, filosofia, politica, analisi critiche dell'esistente. Perché questo distingue il '68: il rifiuto della scuola, della società e dello stato insieme al bisogno di esprimersi, comunicare e lottare per cambiamenti radicali.

Commenta Michel de Certau, teologo e psicanalista: 'Non credo si possa parlare di rivoluzione compiuta ... [piuttosto] di rivoluzione simbolica. ... Oggi, [il 3 maggio 1968, a Parigi] è la parola a essere stata liberata. In tal modo si afferma, feroce, irreprimibile, un nuovo diritto, venuto a coincidere con il diritto di essere un uomo e non più un cliente destinato al consumo o uno strumento utile all'organizzazione anonima della società. ... Qua tutti hanno diritto di parlare.'

Certo uno dei mantra urlati dai cortei, al quale inorridiscono i benpensanti di allora -e certo anche quelli oggi- recita :'Lo stato borghese si abbatte, non si cambia'. Un'iperbole provocatoria, evidentemente, ma non è questo il cuore del pensiero liberal-democratico quando rivela la contraddizione tra il cittadino, dedito agli interessi della città, e il borghese, chiuso nel suo particulare? E di Kant quando insegna: 'Non considerare mai l'umanità nella tua e nell'altrui persona solo come un mezzo ma anche come un fine'?

In quel periodo cadono una serie di dogmi sociali gerarchici, spazzati via dalla passione individuale e corale del nuovo soggetto politico all'insegna di altre parole d'ordine inaudite: 'portiamo l'immaginazione al potere', 'vietato vietare', 'realizziamo l'impossibile'. Il movimento giovanile interdisce dal suo linguaggio perfino il perbenismo verbale che si concretizza in certi termini: per esempio bandisce il signore, che consacra la gerarchia sociale con l'opposizione alto–basso: (signor preside, professore, provveditore, dottore, genitore, questore, direttore, padrone); sostituisce al cerimonioso lei l'egualitario tu; osa la insolente franchezza di voglio e vogliamo violando la buona creanza di vorrei e vorremmo.

Queste variazioni linguistiche riflettono la transizione dalla società patriarcale della subordinazione e dei doveri, con il non detto di ipocrisie e piaggerie, a quella democratica della franchezza, della responsabilità, dell'eguaglianza. L'eschimo non è solo una contro-moda, ma un rifiuto di consumi opulenti e la rivendicazione dell'eguaglianza.

C'è chi immagina il '68 come una lunga ricreazione, un continuo carnevale, libero sesso in libera scuola. La caduta di tanti totem e tabù induce insieme un rapporto ludico con la vita, l'amore, il sesso sia un appassionato impegno nelle jacqueries contro la scuola, lo stato, i padroni, la polizia, la famiglia, la chiesa. Fragili David si ribellano a giganteschi Golia perché si deve distruggere per per ricostruire.

dalla Scuola alla società

Anzitutto la Contestazione insorge nella Scuola e nell'Università, dove si esprime certo con il rifiuto di norme oppressive, dell'obbedienza reverente, dell'istruzione nozionistica, dell'arroganza di presidi, professori e baroni. Ma per passare alle occupazione e all'autogestione, in cui irrompe il protagonismo degli studenti, si alzano le voci di molti e di ognuno e cominciano, tra ardimenti e ingenuità, le analisi originali, le critiche dirette, le ricerche di prima mano che portano alla luce
l'arcaicità di discipline ossificate nei programmi ministeriali e viziate dal nozionismo, l'esclusione di saperi aperti sul mondo e sulla vita -l'ecologia, l'educazione civica, l'educazione sessuale, l'economia, la critica sociale, le arti, il cinema…- la funzionalità all'integrazione nel sistema vigente, come sudditi, lavoratori, consumatori invece che cittadini consci dei propri diritti.

Inevitabilmente questa ondata innovatrice coinvolge una parte dei genitori e degli adulti e dilaga nell'intera società, portando alla crescita di battagliere organizzazioni democratiche prima impensabili, anzi impossibili.

Anzitutto nella stessa area di Scuola e Università, molti professori si mettono in discussione, rifiutano il ruolo di semplici burocrati somministratori di un sapere acritico e parziale e si impegnano, come funzionari dell'umanità, per la riforma delle discipline e dei metodi di insegnamento, un sapere critico e interdisciplinare, percorsi di ricerca che coinvolgono come protagonisti gli studenti per formare cittadini consapevoli.

Anche nelle facoltà scientifiche molti professori sottopongono i loro saperi ad uno screening originale, andando oltre l'epistemologia, mettendo in discussione le logiche di dominio implicite nel sistema Scienza – Tecnica motore della civiltà moderna e rilevando le difficoltà della Scienza pura per la mancanza di indipendenza, anzi per la subalternità, soprattutto di Fisica, Medicina e Farmacologia, agli interessi politico-militari e/o economici come a quelli della stessa comunità scientifica.

Ne nascono forme di ricerche alternative e lotte interne che investono l'intera società su vari problemi cruciali:il ricupero terapeutico dei cosiddetti pazzi, i temi ecologici, la prevenzione sanitaria, la difesa della libertà di ricerca. In sintesi gli scienziati delineano un'umanizzazione della Scienza – Tecnica, reintegrata nelle sue responsabilità verso gli interessi generali della società.

Nell'ambito dell'Istituzione Giudiziaria, ove prevalgono codici e operatori formatisi nel regime fascista all'insegna di una giustizia di classe, nasce Magistratura Democratica, che denuncia le inadempienze dell'ordinamento e della prassi rispetto alla Costituzione e inaugura una giurisprudenza che la rispecchia più fedelmente soprattutto nel Diritto del lavoro. D'altronde senza il '68 avremmo le garanzie liberali sul divorzio e l'aborto?

In seno a un altro pilastro conservatore, la Stampa, si muovono i giornalisti democratici che consolidano in senso politico il sindacato corporativo e propugnano un'informazione di ricerca rigorosa e non sottomessa al potere economico e politico.Perfino la Chiesa romana, rimasta tradizionale, dogmatica e autoritaria nonostante le riforme del Concilio, finisce nel ciclone del rinnovamento, non nelle alte gerarchie, ma nella base giovanile e popolare e soprattutto nel proletariato ecclesiastico.

Si contano a migliaia i preti che, in nome dell'egualitarismo evangelico, partecipano alla contestazione e chiedono riforme ecclesiali, optano per una povertà militante, lavorano da operai.. Molti pongono in dubbio il dogma del celibato. Non pochi abbandono il ruolo sacerdotale o la religione stessa.

Infine, la rivoluzione simbolica, che, si è visto, ha anche radici negli impulsi vitali, matura la liberazione della sessualità individuale e l'emancipazione femminile, perché scalza il principio fondante della società patriarcale, l'egemonia maschile, e consacra la parità tra maschi e femmine. Le donne promuovono il Femminismo, movimento di straordinaria importanza per l'intera società. -riguarda 'l'altra metà del cielo'-. Rifiutando l'ideologia bigotta che le vuole vergini o madri e quella consumista che le pretende femmine-oggetto.

Esse indagano le complesse dinamiche etiche, religiose, culturali delle diseguaglianze sessuali e gettano le basi di diverse opzioni: l'eguaglianza, la differenza, la totale alternativa. Queste inedite e straordinarie analisi e certe radicalità estreme, come il bando della penetrazione sessuale, provocano dibattiti e scontri di genere tra i militanti e innescano una crisi di ruolo in una parte della 'metà del cielo' maschile tuttora non superata.

Il '68 s'incontra sinergicamente anche con le lotte operaie, alle quali contribuisce nella rivendicazione dello Statuto dei lavoratori. Analoghi processi democratici investono perfino le Istituzioni del monopolio assoluto della forza, fino ad allora gelosamente escluse da diritti di auto-organizzazione, tanto che si costituiscono i sindacati di Esercito, Finanza, Polizia, Carabinieri, contrastati e alla fine accettati obtorto collo.

Lo spirito di innovazione e di protagonismo sociale s'insinua perfino nella più elitaria delle Istituzioni statali, l'aristocratico Ministero degli Esteri, per opera dei giovani funzionari votati a carriere nelle ambasciate e nei consolati.

evoluzione e riflusso: '69-'78

Come nel teatro globale in cui si diffonde, anche nel teatro italiano la Contestazione, che in origine ha caratteristiche di spontaneità, originalità e labilità che si concretizzano in un'etica egualitaria., gradualmente subisce l'emergere di leader più o meno carismatici, che si circondano di quadri e riciclano ideologie, tattiche, strategie della vecchia tradizione leninista, stalinista, maoista: Lotta continua Movimento studentesco, Avanguardia operaia, Servire il popolo, in lotta selvaggia per l'egemonia, minano il Movimento, che perde sempre più l'originario consenso.

D'altra parte, i poteri costituiti, al principio, sembrano sconvolti di fronte all'insorgere della generazione giovanile e, certo divisi, non osano schiacciarla, come fa De Gaulle in Francia. Purtroppo, non capiscono che si presenta un'occasione imperdibile di un rinnovamento fondamentale da parte di un nuovo soggetto politico. E' la loro gioventù, quella dei loro figli, disinteressati, generosi, creativi, che chiedono in sostanza un futuro migliore, lo stato dei cittadini la compiuta realizzazione della Costituzione. Indifferente alle esigenze del paese, priva di senso della cittadinanza, golosissima del proprio particulare. Prevale la casta degli interessi e degli affari, della politica degli scambi e del mercato delle vacche, delle consociazioni segrete e palesi, delle burocrazie avide, degli egoismi spudorati, delle collusioni con le mafie, dei veti incrociati, dei sottopoteri feudali. Ring a bell? A qualcuno viene in mente la casta di oggi?

Il potere, morbido, criptico, insidioso all'italiana, sceglie tattiche di logoramento, alternando concessioni parziali e repressioni poliziesche, mentre si verificano oscuri attentati che allarmano l'opinione pubblica, già preoccupata. da estremismi vocianti e violenze gratuite. Nel frattempo si mobilitando i partiti, le burocrazie, gli organi di repressione, i genitori, la stampa, i servizi segreti. Si alterna il bastone e la carota. Sono anni e anni tremendi di lotte palesi e trame occulte, di orrende, oscure stragi, di pesanti repressioni.

L'onda travolgente del '68 si smorza, disperde, esaurisce nella guerra di logoramento che il sistema con tutte le sue forze le impone. Le speranze originarie avvizziscono e si spengono. I giovani, disillusi e scoraggiati, si ritrovano invecchiati perseguitati, senza mestiere, senza futuro. E' la diaspora, il riflusso. I cascami di questo lungo, impari confronto sono le schegge impazzite, settarie ed estremiste, già estranee allo spirito del '68 e certamente infiltrate da servizi segreti, che passano alla clandestinità e alla lotta armata, dando il colpo di grazia a ogni residua speranza.

una beffa della storia

Quando si dice i paradossi della storia. La fine tragica del '68 si consuma nel 1978 coll'assassinio di Aldo Moro, un dei capi della DC forse tra i meno avversi alla Contestazione. Sconfitto sul piano politico, il '68 ha certamente prevalso catalizzando la trasformazione della società patriarcale e oligarchica verso la modernità: la liberalizzazione individuale del costumenel rinnovamento del costume e degli stili di vita, in vari adempimenti costituzionali, nella messa in crisi del patriarcato e dell'autoritarismo, nella cancellazione delle antitesi tra padri e figli, maschi e femmine, signori e proletari, in un maggiore egualitarismo, in un consolidamento della cittadinanza, nella rivoluzione sessuale, nel femminismo.

Nei dieci anni del lungo abbrivo del '68 la società italiana si è trasformata realizzando molte sue rivendicazioni e proposte, ma nelle forme stravolte e mistificate della società narciso-consumista. Come contro il Risorgimento e la Liberazione, contro il '68 la regola aurea del trasformismo italiano ha prevalso: 'Cambiare tutto per non cambiare niente'.

Nel bene o nel male? La risposta è nelle cose.
 

Info su Augusto Vegezzi

Augusto Vegezzi (Piacenza 1932) è laureato in filosofia (estetica). è stato professare di Italiano e Storia, di Storia e Filosofia e infine preside; ha collaborato a Quaderni Piacentini, Altro Impegno, Quaderni rossi e Classe operaia. Nel 1969 a Milano ha co-fondato Lotta per la riforma della scuola. Ha progettato e scritto vari manuali: Gli Argomenti umani, con F. Fortini, Morano, un manuale di Storia per il Biennio, con G. Toffoli, Sansoni, e uno per il triennio, con M. Legnani e R. Parenti, Zanichelli, una Storia e Antologia della Letteratura italiana, con R. Parenti e I. Viola, Zanichelli. Ha diretto due collane della Morano e pubblicato note e articoli su Micromega, La Libertà, Piacentini. Si dedica alla narrativa e alla critica semeiotica d’Arte. "Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene così come sei. Quindi vivi come credi, fai quello che ti dice il cuore: la vita è un'opera di teatro che non ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama....e vivi intensamente ogni momento della tua vita, prima che cali il sipario e l'opera finisca senza applausi."(Charlie Chaplin)
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3 risposte a Il ’68 un anno che ne durò solo dieci – Augusto Gughi Vegezzi

  1. Augusto Vegezzi scrive:

    Ho letto nella introduzione al link su Facebook che le cose potevo vederle solo dal di fuori
    Non è così. Nel Liceo ove insegnavo ero in collegamento coi quadri del movimento e partecipai alle dimostrazioni cogli studenti. Nel contempo fondammo un moviemento Lotta per la riforma della scuola che promosse il Movimento sessantottino degli insegnanti,
    Nel ' 79, da preside incaricato, organizammo forme di cogestione del scuola tra insegnanti e studenti, sperimentando nuovi contenuti culturalie metodi egualitari collaborativi nella gestione culturale e disciplinare in confltto col provveditore.

    Il riferimento all'essere all'esterno riguardava un problema di natura generazionale e non la impossibilità per degli adulti di schierarsi dalla parte degli studenti (C.C.)

  2. Claudio Cereda scrive:

    Quando ho fatto il Preside all'Hensemberger ho ritrovato un vecchio amico dei tempi di GS, Giovanni Bertanza, che invece di fare il perito ha studiato psicologia e ora fa lo psicologo professionale. Mi ha dato una mano importante a mettere in piedi un progetto di miglioramento sul biennio partendo dallo stato di sconforto in cui versavano molte professoresse.
    In quei mesi abbiamo parlato anche di 68 e la sua tesi, che trovavo in parte vera, era che nel desiderio di sconfiggere l'autoritarismo avessimo buttato via il bambino con l'acqua sporca annullando i principi di autorità e la figura paterna confusi con l'autoritarismo.
    Ogni tanto, guardando le mamme che si vestono come le figlie, e che non riescono a porsi nei loro confronti con un minimo di autorevoilezza mi vengono dei dubbi e questo aspetto si rafforza quando mia figlia mi racconta di ciò che viene scritto nelle chat di classe delle mamme
     

  3. Nicola Polverino scrive:

    Un’analisi molto interessante che andrebbe trasferita pari pari su qualche libro di Storia per rendere un minimo di giustizia al movimento sessantottino.
    Da quando è in vigore il nuovo esame di stato quasi ogni anno ho avuto in Commissione qualche studente con una tesina sul ’68.
    A giudicare da esse, per i giovani di oggi l’unica cosa che ha prodotto il ’68 è stato il terrorismo rosso degli anni ’70, Brigate Rosse in primis.
    Quando intervenivo dicendo “ma non ti sembra che molti dei diritti che la tua generazione ritiene scontati, l’ammodernamento dei costumi della società, lo stesso tuo modo di pensare derivino proprio dalle lotte che una generazione lontana dalla tua ha fatto nel 1968?
    La maggior parte mi guardava stralunato, mi dava la ragione che si dà durante un esame all'esaminatore ma senza nessuna convinzione.

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