Il TAR e la Scuola Radio Elettra – di Paola Molesini

Sarò antipopolare, ma dico qualcosa…… Ebbene sì, ho taciuto finora per il rispetto verso tutti e verso tutto quello che accade, con molto rispetto per le persone e la loro sofferenza: penso che ciò sia più degno di attenzione di una mia semplice e sommessa riflessione.

Chi mi conosce sa che il mio parere sulla didattica a distanza è assolutamente negativo perché ritengo che questa sia un surrogato di scuola:  la scuola non è questa e non si fa così e, soprattutto ora, c’è un tale senso di assuefazione alla DAD tanto che la scuola per alcuni è diventata come Radio Elettra (i più grandi ricorderanno): ti dò compiti, me li fai online, ci si presenta in mutande ma con la maglietta elegante sopra, alla fine qualche voto con il sospetto della copiatura e avanti ……

Ribadisco, solo per alcuni: molti docenti e molti studenti lavorano e lavorano il più possibile ma nella percezione dell’opinione pubblica sta passando questo brutto messaggio, tanto da dire che occorre recuperare in estate perché in DAD non si lavora. In verità sto computando tante di quelle ore che se dovessimo recuperarle staremmo in ferie per mesi.

Chi mi conosce sa che non sopporto chi si approfitta delle situazioni. E in questo momento la scuola è diventata un serbatoio di posti di lavoro ai quali accedere quasi come un assalto alla diligenza: basta avere il posto, fa niente se non ho mai insegnato (tanto si lavora a distanza e io so usare il computer), fa niente se abito in altre regioni (tanto c’è la DAD e quindi non vorrai che il preside pretenda che io venga a Milano, tanto c’è la DAD). Ma chi sono questi studenti diversamente abili, per i quali dovrei recarmi a scuola, soprattutto se abito in altra Regione? Ma lo sai, vero, che se ti presenti nelle graduatorie di Mlano poi devi lavorare a Milano? E così arrivi ad avere 1500 candidature per un posto di sostegno per un mese di supplenza……

Non è che i politici, però, siano da meno…. Molte prese di posizione sulla ripresa in presenza appaiono messaggi populisti per dimostrare che tutto funziona, ma non è così. Il professor Galli ha centrato il problema: anche a me spiace non fare le lezioni in presenza, i nostri ragazzi stanno veramente soffrendo per il bisogno che hanno di socialità, di relazione, di confronto diretto con i compagni, i docenti, le persone, ma siamo in una pandemia che non sta regredendo.

La mia esperienza scolastica, certo piccola rispetto ai grandi numeri di un’intera nazione, mi conferma che se la scuola non è stata focolaio (???) è perché le scuole superiori sono state chiuse.

  • Ho ancora in mente quelle immagini delle metrò, dei mezzi, quegli assembramenti e quella scelta di far stare gli studenti nelle classi a un metro di distanza concedendo loro di abbassare la mascherina.
  • Ho ancora in mente quel genitore che mi accusava di abuso di potere perché ho obbligato gli studenti a indossare la mascherina durante tutto il periodo scolastico, anche in classe.
  • Ho ancora in mente chi ha pensato che fossi maniaca per avere voluto, fortemente voluto le termocamere all’ingresso della scuola.

Ho sempre pensato che la pandemia vada combattuta e che i sacrifici li dobbiamo fare tutti: allora è certamente inutile chiudere le scuole se poi i ragazzi (ma non solo loro) possono al pomeriggio andare in centro per i saldi o l’aperitivo sociale. E qui, ancora impopolare, vorrei dire qualcosa ai genitori e agli adulti in generale: In questo momento di pandemia non possiamo scherzare e credo che le cose accadute si potevano comunque prevedere. Tanto che a dicembre, in prossimità del rientro delle classi, dal Consiglio d’Istituto della mia scuola è stato deliberato un “invito” al preside di continuare nella didattica a distanza per altre due settimane dopo la ripresa (fino al 25 gennaio), per permettere un isolamento maggiore dei nostri ragazzi (quasi una sorta di quarantena) dopo il Natale e Capodanno.

Peccato che questa delibera non sia sufficientemente forte da sovrastare sulle decisioni governative che ci obbligano alla presenza a scuola. Ma se vale l’autonomia scolastica, perché no?

  • Sapete che nelle scuole (perlomeno di Milano) i dirigenti e i loro staff sono stati impegnati per rifare orari, per rispondere ai prefetti, per rispondere ai monitoraggi, per partecipare a riunioni organizzative con le aziende di trasporto? Quando? Tra il 23 dicembre e il 6 gennaio (giorni di “riposo”: Natale, Capodanno!)
  • Sapete che i presidi sono stati "cazziati" perché invece del 50% di presenze studenti si erano "permessi" di avere percentuali maggiori? Di quanto? Beh, nella mia scuola il 50,3 un giorno e un altro il 50,7. Ma posso io tagliare gli studenti?
  • Sapete che quando era tutto pronto il 5 gennaio ci hanno detto che il 7 e l’8 non si rientrava?
  • E sapete che il 7 gennaio ho organizzato le riunioni prima con gli studenti e poi con i genitori per il rientro all’11 e nella riunione con i genitori scopro che le classi devono rimanere a casa?

Della serie “abbiamo scherzato”. ma ufficialmente ce lo hanno detto il venerdì 8. E allora di nuovo al lavoro con lo staff perché tra il sabato e la domenica ho dovuto rifare gli orari, rifare circolari, rifare l’organizzazione e finalmente l’11 è ripartita la didattica a distanza. Io ne sono stata contenta ma soprattutto perché qualcuno (devo addirittura dire saggio? Non basta il buonsenso?) si è almeno assunto la responsabilità (ed è stata la Regione) di non estendere questo dannato contagio.

Non apprezzo l’operato della Regione, ci sono stati molti tragici errori e di mezzo ci sono sempre stati l’attenzione alla popolarità e il populismo dei politici.E adesso ancora la pazzia: un ricorso di genitori che manifestano in piazza con il loro figli per avere (ora) la didattica in presenza. E il TAR dà loro ragione perché la Regione ha chiuso al 100% le superiori quando il DPCM diceva 75% in presenza. Quindi la scuola dovrebbe riaprire domani (ma allora non ci sono i tempi tecnici e quindi lunedì!) ma nel frattempo uscirà domani un DPCM che probabilmente ci metterà in zona rossa.

E’ vero, il problema sono i trasporti, forse è vero che la scuola non sia luogo di trasmissione (professor Galli, ne siamo sicuri o sono i soliti tromboni?) ma una volta tanto ci vogliamo impegnare seriamente ?

No, invece si va avanti con gli Azzeccagarbugli, con le sfilate politiche, con crisi annunciate, forse fatte, forse risolte, no meglio elezioni. Ma vogliamo guardare al vero problema della pandemia e decidere una volta per tutte soluzioni drastiche e definitive (per quanto possibile in una pandemia) che possano dare anche un po' di sicurezza alle persone, senza vivere appesi all'uscita della notizia del giorno dopo. Questo non fa certo bene alla salute, all’economia, all’istruzione e a tutti i diritti inalienabili delle persone.

Povera Italia Vogliamo parlare del “forse” prossimo ministro dell’Istruzione? Spero di non dover rimpiangere la populista Azzolina ma le ultime esperienze mi sono sembrate veramente deludenti. E basta …
 

Info su Paola Molesini

Paola Molesini ha fatto il primo concorso a DS e dal 2008 svolge il suo incarico professionale nelle scuole superiori della zona ovest della provincia di Milano. E' laureata in matematica e, prima di fare il DS, da docente si è lungamente impegnata nei progetti qualità. Dedica anche una parte del suo tempo alla politica amministrativa.
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