auto elettriche (?) 3 – di Lorenzo Baldi

Allora compro un’auto elettrica. Mettiamoci sul mercato, in cerca di un’auto elettrica (o elettrificata).

Mild e full-hybrid si possono considerare automobili a benzina che il recupero di energia rende altrettanto convenienti delle diesel (di più in ambiente urbano, meno in autostrada), senza lo spauracchio dei divieti di circolazione nelle aree metropolitane. Si tratta di una soluzione e breve termine che sta incontrando un certo successo di pubblico.

Le ibride plug-in hanno senso, soprattutto, su percorsi casa–lavoro di 30-40 km andata/ritorno, con la possibilità di ricaricare le batterie quotidianamente. In questo modo si comportano nella maggioranza dei casi come auto elettriche, consentendo occasionali viaggi a lungo raggio, affidati al motore termico. Sono oggetti complessi e, conseguentemente, piuttosto costosi e il loro prezzo di acquisto si giustifica quasi esclusivamente in presenza di incentivi statali. Per svolgere correttamente la loro missione, richiedono una ricarica domestica ed il loro impatto ambientale dipende fortemente dal tipo di percorsi e dalle modalità di guida.

La scelta dell’elettrico puro, oggi, non può essere giudicata in modo separato dal reddito, dalle esigenze pratiche, dallo stile di vita e dal rapporto con l’oggetto–automobile di ogni suo utente. Il modo di guidare deve cambiare in direzione di un pilotaggio dolce e progressivo, indispensabile, anche con modelli grandi e molto potenti, per utilizzare correttamente il recupero di energia e ottenere autonomie reali comparabili a quelle dichiarate. Il pieno utilizzo delle prestazioni dichiarate dei veicoli per un tempo sostenuto, porta infatti ad un crollo verticale dell’autonomia reale.

Contano anche le convinzioni sui temi dell’ambiente che, per chi dispone del denaro, possono giustificare un esborso maggiore. E, anche qui, per finire, un prerequisito è la disponibilità della ricarica nel garage domestico. I pionieri dell’auto elettrica insistono sulla necessità di modificare il proprio stile di vita, con una mobilità “programmata” nei viaggi lunghi (da colonnina a colonnina di ricarica) e utilizzando le pause in modo creativo. Ma non sembra un atteggiamento compatibile, per esempio, con le necessità di un funzionario aziendale costretto a percorrere oltre 50.000 km all’anno.

Un tema essenziale riguarda poi la piattaforma del progetto. Alcune auto nascono per essere esclusivamente elettriche: parliamo di Tesla, Bmw i3, Honda “e”, Volkswagen ID3 e dell’appena annunciata Hyundai Ioniq.

Altri modelli offrono indifferentemente motorizzazioni endotermiche, ibride o elettriche e sono quindi progettati per ospitare le diverse tipologie di organi meccanici; per esempio le coreane Hyundai Kona e Kia Niro, le gemelle Peugeot 205 e Opel Corsa, la Mini e la BMW X3, la Fiat 500, da poco in commercio, o la Renault Twingo. Questa seconda categoria risponde ad esigenze industriali e di mercato, ma esclude quella parte dei vantaggi offerti da un’auto elettrica che riguarda il design, la funzionalità e il comfort della vettura, derivanti dalla semplificazione degli organi meccanici.

Tra le auto dei segmenti di mercato superiori, Tesla vince per distacco, con prezzo, prestazioni e piacere di guida comparabili alle alternative benzina o diesel di Mercedes, Bmw e Audi, i sistemi di assistenza alla guida più evoluti del mercato, un’interfaccia col guidatore completamente digitale e un’elevata autonomia. A ciò si aggiunge la rete proprietaria dei “supercharger che permette di pianificare con più tranquillità i viaggi a lungo raggio.

Bmw i3 è una city car molto costosa, con una grande ricerca sui materiali, sia dal punto di vista della leggerezza che della sostenibilità, ed un design sofisticato. Anche Honda innova molto sul design, soprattutto, sui sistemi informativi di bordo. Mentre Volkswagen ha scelto la strada di un progetto più tradizionale, non volendo rischiare nulla in una svolta elettrica che è figlia del dieselgate e delle sue pesanti ripercussioni sui bilanci del gruppo.

Tutto il resto consiste di modelli di concezione piuttosto datata e destinati soprattutto a flotte aziendali (Renault Zoe, Nissan Leaf) o basati su piattaforme non esclusivamente elettriche e mi sembra meno interessante, seppur largamente usabile in condizioni adeguate.

Vale la pena far conoscere anche una start-up con un coraggio da leoni (ci vuole coraggio, per entrare da zero nel mondo dell’automotive): si tratta di Sono Motors, fondata da un gruppo di giovani ecologisti tedeschi, che ha presentato al CES (la fiera dell’elettronica di consumo USA, sì, non al salone dell’auto) il suo prototipo di auto elettrica e (parzialmente) solare: una sensata e pratica macchina per famiglie, ad un prezzo annunciato di circa 25.000 €. Questo progetto ha già un piano di industrializzazione con dei partner di tutto rispetto ed ha appena raccolto circa 100 milioni di € da diversi investitori istituzionali del nord Europa.

Infine, da anni, molte indiscrezioni anticipano l’ingresso di Apple nel mercato automotive, con le elevate attese che questo fatto determina in termini di innovazione.

Qualche domanda e un’ipotesi sul futuro.

Oggi siamo in grado di dire che è iniziata la transizione verso l’auto elettrica (e la guida autonoma), ma non abbiamo altrettanta certezza su quali saranno tempi e modalità di questo cambiamento. Volendo scommettere, è possibile che avremo auto a batteria nei contesti urbani e auto a idrogeno per il lungo raggio, in un contesto di transizione dall’auto di proprietà all’auto come servizio.

Inoltre la guida completamente autonoma arriverà quando i veicoli saranno in grado di interagire tra di loro, attraverso la rete 5G, in modo da creare un secondo livello di sicurezza, oltre a quello attuale basato su sensori radar e telecamere montati a bordo, ma non interconnessi con gli altri veicoli.

Al momento, la questione che sembra più controversa è quella del prezzo. Se sono importanti i costi di ricerca e sviluppo che riguardano le batterie e la guida autonoma,  il veicolo in sé attinge ad una tecnologia, tutto sommato, matura e induce una grande semplificazione dei processi industriali. I prezzi attualmente proposti dai costruttori si spiegano soprattutto con previsioni di vendita piuttosto basse e con il desiderio di caricare i costi di ricerca e sviluppo, il più possibile, sui soli modelli elettrici. O con l’intenzione di prepararsi alla svolta elettrica, senza promuoverla troppo attivamente, cercando di massimizzare il valore estratto dagli impianti e dalle tecnologie esistenti e sostenendo una posizione negoziale con gli enti regolatori, nella sostanza, ancora sbilanciata verso la propulsione endotermica.

Una seconda questione riguarda l’offerta di modelli a batteria nella quale prevalgono modelli di lusso ad alte prestazioni (quindi presumibilmente destinati a percorsi medio-lunghi), per non parlare di supersportive e supercar elettriche o elettrificate (che, tuttavia, non riescono ad eccitare gli appassionati con la stessa intensità delle antenate a benzina): forse più un’esibizione di “responsabilità sociale” da parte dell’industria e dei suoi clienti che un fatto di mercato significativo.

Come abbiamo visto, si tratta spesso di veicoli il cui impatto ambientale globale, dalla fonte energetica fino alla rottamazione, non è inferiore a quello dei corrispondenti modelli endotermici. Ma, soprattutto, è interessante immaginare come questo cambiamento influirà sul ruolo sociale e culturale della mobilità individuale, come ce l’ha lasciato in eredità il Novecento.

Nel secolo scorso l’automobile è stata affermazione di libertà individuale, possibilità di viaggiare in autonomia per conoscere città e nazioni, piacere della velocità, dimostrazione di abilità e competenza tecnica, esibizione di potenza e di ricchezza. Oggi tutto questo sembra venir meno. L’automobile assomiglia sempre più ad un servizio di mobilità tra mille altri, dal monopattino al treno ad alta velocità.

Per la maggior parte dei giovani, il suo possesso corrisponde esclusivamente a necessità pratiche, familiari e lavorative, mentre altre sono le offerte tecnologiche che incidono sullo stile di vita e l’immaginario. Le strategie di marketing, insieme alle normative ambientali e di sicurezza, hanno finito per omologare le soluzioni tecniche e aumentare ad ogni riprogettazione la dimensione e il peso dei veicoli (con buona pace delle emissioni, che sono proporzionali alla massa e alla resistenza aerodinamica).

La congestione del traffico, assai prima delle sue regole, rendono ormai praticamente impossibile l’esercizio della guida stradale come divertimento o come sport. L’insistenza monotona della pubblicità sull’emozione e l’orgoglio del possesso sembra solo voler ritardare il più possibile il momento in cui l’automobile diventerà un servizio.

Noi “teste di benzina” siamo oggettivamente dinosauri destinati a scomparire o, nella migliore delle ipotesi, a rinchiuderci in parchi gioco per adulti tanto benestanti quanto, ormai, giurassici, dove esercitare l’ennesima forma di sport estremo sotto le ali della Red Bull.

L’elettrificazione è il cuore di questo passaggio. La titubanza dell’industria, nel suo complesso, a promuoverla veramente, sfruttando la semplificazione tecnologica come leva per recuperare marginalità, è un segno di come le grandi organizzazioni abbiano un carattere e, spesso, come uomini (come uomini appassionati di motori) reagiscano male al cambiamento.

Probabilmente serviranno altri attori, dopo Tesla (che, in fondo, resta prigioniera dell’immaginario automobilistico novecentesco), capaci di iniettare idee e prospettive nuove nel mercato della mobilità, concependo l’automobile come una commodity ed un sistema di servizi. Sarà un terremoto come quello che ha colpito i fabbricanti di computer grandi come un edificio di fronte ai primi Pc, una rivoluzione della mobilità come quella che internet e i cellulari hanno operato sui modelli della comunicazione. (3 – fine)


Il primo articolo dedicato alla spiegazione dei problemi di natura tecnologica tra endotermico, ibrido, elettrico puro e idrogeno
Il secondo artcolo dedicato alle normative europee sulle emissioni


 

Info su Lorenzo Baldi

Lorenzo Baldi, classe 1952, dopo aver parecchio studiato non si è mai laureato. Ha collaborato al “Quotidiano dei lavoratori” e al “Manifesto” e si è iscritto al Pci alla fine degli anni ’70. È stato consigliere comunale a Saronno (VA), fino al 1990, anno nel quale ha lasciato il partito e la politica attiva. Svolge la sua attività professionale nel campo della comunicazione ed ha creato dal 1982 una piccola società che si occupa di formazione e comunicazione interna per grandi aziende di servizi, soprattutto nell’ambito della distribuzione organizzata. Nel corso di questa attività ha accompagnato l’introduzione nelle aziende dei mezzi di comunicazione audiovisiva, attraversando tutte le fasi della produzione analogica e digitale e della distribuzione fisica e virtuale dei contenuti. Parallelamente, ha coltivato un interesse particolare per l’arte contemporanea che, dopo un lungo intermezzo che ha seguito le pubblicazioni e mostre degli anni ’80, lo ha portato a creare un progetto no-profit di documentazione video, rivolto al mondo dell’arte, attraverso il sito web videoforart.it
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