Il mio parere sul caso “dj Fabo” – di Giovanni Cominelli

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La morte è un fenomeno “naturale”, almeno in questa fase della breve storia umana. Tra mille anni, tra un milione di anni – sempre che la specie umana non si suicidi nel frattempo – probabilmente non sarà più così “naturale”; non lo sarà più, quando, nel passaggio alla noosfera integrale, l’intelligenza umana prenderà il controllo totale e creatore della vita.

La Nuova Genesi si sta avvicinando. I dilemmi morali che insorgeranno nel futuro lontano incominciano a bussare alla nostra porta, ma al momento non ci preoccupano.

Oggi si continua a morire. Come l’intelligenza autocosciente accompagni questo fatto vitale – la morte è l’ultimo gesto della vita – dipende da fattori esterni a noi: chi muore giovane, chi anziano, chi sano, chi ammalato, chi d’improvviso, chi cosciente e chi incosciente. I modi di morire sono tanti quanti i modi di vivere.

Se io fossi Fabo. “Condannati” a essere liberi

Che dire della scelta di Fabo? Dibattere, analizzare, invocare codici e codicilli, teologie morali e etiche pubbliche, è un esercizio dovuto e inevitabile, ma, alla fine, piuttosto futile. La domanda da cui uno dovrebbe partire è secca: se io fossi Fabo? Se fossi rinchiuso in un inferno di sofferenza, da cui mi fosse impossibile fuggire, destinata a durare anni, io che scelte farei? La mia personale risposta: mi farei aiutare a morire, come Fabo.

Occorre, intanto, distinguere tra chi è in stato cosciente, ma non è più padrone della propria corporeità, da chi non è più in stato cosciente e vive solo grazie al determinismo biologico assistito medicalmente. La casistica della vita autocosciente, ma paralizzata, è varia. C’è chi è malato di SLA, che imprigiona l’intelligenza dentro il corpo. Così uno mantiene il senso dell’udito e della vista, ma non è più in grado di comunicare, se non con il movimento delle palpebre. Al di là della varietà delle contingenze, la sostanza è che la vita cessa a poco a poco di essere vita umana accettabile.

Di qui la scelta di Fabo. Rispondere a Fabo che non esiste il diritto costituzionale di morire è un sofisma. Infatti: esiste il diritto di vivere in libertà la propria vita. La scelta di rinunciare alla vita è un gesto vitale di libertà, che è la caratteristica fondamentale della specie homo sapiens. Si risponde, ulteriormente: la vita non è tua, ti è stata data, non puoi farne l’uso che vuoi! Solo che l’essenza della vita è la libertà, sennò non è più umana. Non siamo condannati a vivere nella sofferenza senza fine. Le cure palliative, che qualcuno suggerisce, funzionano nel caso del dolore fisico insopportabile. In quello di Fabo, no!

Il caso Fabo, il caso Englaro, il cardinal Martini

Altro caso è quello di chi si trovi in stato di incoscienza e venga alimentato artificialmente. Questa persona non è più in grado di decidere liberamente per sé. Abbiamo davanti una vita che non è più vita umana libera e cosciente. Essa può durare anni.

Nel caso di Eluana Englaro ben diciassette anni.. Chi si assume, in questo caso, la drammatica responsabilità di porre fine a quella vita? È eticamente accettabile porre fine a quella vita? Qui il crinale è pericoloso e scivoloso. Poichè il soggetto non è più in grado di giudicare se la sua vita meriti di essere vissuta in quelle condizioni, qualcuno può decidere al suo posto?

Nella storia, a volte ha deciso lo Stato, con l’eutanasia nazista. A volte, qualche dott. Morte si è impadronito del potere di abbreviare la vita di decine di malati. Le ultime cronache parlano dell’imputazione di omicidio seriale di un aiuto anestesista del Pronto soccorso di Saronno. La risposta pratica che è stata data finora – e che come tale viene quotidianamente sperimentata negli ospedali e negli hospice – è quella che vede protagonisti i familiari del malato: la sedazione unita all’abbandono delle terapie di mantenimento.

Spesso, nel caso di lunghe e fatali agonie, viene praticata verso gli anziani, per abbreviare il cammino verso la morte, con il consenso dei familiari e qualche volta del paziente stesso. Ricordo la lettera inviata il 4 settembre 2012 al Corriere e alla Stampa, dalla nipote del Card. Martini, in cui si rivela che il cardinale ha chiesto di “essere addormentato”. Agonia “accorciata? Agonia “facilitata”?

Una prima ed essenziale risposta alle sorprese tragiche della vita, messa improvvisamente di fronte ai suoi dilemmi mortali, è certamente quella del testamento biologico. Personalmente, non l’ho ancora fatto. Ma avendo già sfiorato un paio di volte l’abisso, lo farò. Voglio sollevare la mia famiglia dalla necessità di prendere decisioni terribili.

Cosa dovrebbe fare lo Stato

Cosa dovrebbe fare lo Stato? Secondo me, nulla. O, per meglio dire: una legge che si limiti a riconoscere ai singoli la libertà di decidere del proprio destino, che obblighi al testamento biologico e che riconosca la libertà/responsabilità delle persone, legate per motivi familiari, affettivi, amicali all’ammalato, di prendere le decisioni, che lui non ha previsto e che ora non è più in grado di prendere.

Informazioni su Giovanni Cominelli

Giovanni Cominelli, iscritto a Filosofia all’Università Cattolica di Milano dal 1963 al 1965, alla Frei Universität nel 1965/66, laureato in filosofia con Enzo Paci all’Università statale di Milano nel marzo del 1968. Negli anni ’70 é stato membro della Segreteria nazionale del Movimento studentesco/Movimento lavoratori per il Socialismo. Eletto nel 1980 in Consiglio comunale a Milano per l’MLS-PDUP nel 1980, nel 1981 è subentrato come Consigliere regionale a Luciana Castellina, fino al 1990. Nel novembre del 1982 è entrato nel PCI, su posizioni riformiste e miglioriste. E’ uscito dal PCI-PDS nel 2000, aderendo ai Radicali fino al 2004. Iscritto al PD dal 2015. Esperto di politiche scolastiche, dal 1985 al 2000 responsabile scuola del Pci-Pds-Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola. Membro del Gruppo di lavoro per la Valutazione, istituito nel 2001 dal ministro Moratti, fino al 2004. Dal 2002 al 2004 membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi, poi consulente per la comunicazione fino al 2005. Dal 2003 al 2005 ha organizzato la manifestazione Job&Orienta della Fiera di Verona dedicata all’istruzione. Membro del Cda dell’Indire dal 2005 al 2006, è stato responsabile delle politiche educative della Compagnia delle Opere dal 2005 al 2007 e della Fondazione per la Sussidiarietà fino al luglio 2010. Ricercatore presso il Cisem nel 2010. Svolge attività di formazione nelle scuole. Collabora alla Rivista mensile Nuova secondaria. Ha scritto di politiche educative su Il Riformista, Tempi, Il Foglio, Avvenire, Il Sole 24 Ore e i libri La caduta del vento leggero (2007) e La scuola è finita… forse (2009). Oggi editorialista de L’ECO DI BERGAMO e di santalessandro.org, settimanale della Diocesi di Bergamo. Scrive sul Sussidiario.
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