Cara Fedeli ti scrivo – 3 stare a scuola

non so a Lei, ma a me vengono i brividi quando penso che ogni sacrosanta mattina in ogni sacrosanto paese di questo Paese, negli ambienti convenzionalmente chiamati aula, bambini, giovani e adulti se ne stanno insieme a disegnare, contare e raccontare e a fare tutte quelle cose che banalmente si dicono imparare e insegnare.

Conoscere le figura geometriche, applicare il metodo scientifico nell’analisi e nello studio di un fenomeno naturale o individuare, all’interno di un testo, l’argomento o il problema, la tesi di chi scrive e l’antitesi, non è roba da poco, e stare insieme in una stanza a farlo, lo è ancora meno.

Non so se a Lei capita, ma a me viene da immaginare che cosa possono fare gruppi di persone di pari o diversa età in altri contesti. Così per dire, altrove e in altri momenti, le persone possono decidere di fissare nuovi e speculativi tassi di interesse, promuovere il gioco d’azzardo sotto mentite intenzioni, scovare ambiti di mercato appetibili agli adolescenti. O pianificare legittimi introiti dai servizi telefonici a pagamento non richiesti, piuttosto che ottenere il massimo profitto con "la monnezza".

Potrei sbagliarmi, ma essere il Ministro dello Sviluppo Economico dovrebbe togliere il fiato e il sonno per i tanti non detti e non fatti, o per i tanti detti mai fatti o mal fatti, mentre fare il Ministro dell’Istruzione può mettere solo i brividi.

In fondo, Lei, ogni mattina sa che cosa fanno (faranno) in capo a una giornata migliaia di lavoratori dipendenti dal Ministero che gestisce e sa con altrettanta certezza che migliaia di bambini o adolescenti torneranno alle rispettive case con un elogio o un rimprovero, una poesia o una funzione studiate, una data da conoscere o una domanda senza soluzione.

Qualcuno saprà un po’ di più, qualcuno insegnerà un po’ peggio, ma dovesse mai entrare a caso, per puro desiderio di realtà, in una qualunque scuola, troverebbe sempre una scena che con un po’ di immaginazione può vedere in tutto lo Stivale. Roba da brividi, insomma.

Sapere che nessuno entra in una classe per fini di lucro, da qualunque parte si sieda, ma per il desiderio e la necessità di svuotare e riempire il mare o tenere tra le braccia il cielo e guardare la terra fiorire, ben consci di non poterlo fare, è da brividi. Perché solo a pensare che un numero indefinito di giovani e adulti in una mattina qualsiasi ragionerà su Leopardi o Hegel dovrebbe far rabbrividire, come solo può farlo il “rezzo” dell’onestà.

Ecco, anche cercare di sapere che cosa accadrà a tutti questi cumuli di ore oneste, dovrebbe mettere i brividi. A Lei per prima, che governa il tempo di tante persone, così come a tutti coloro che lo stesso tempo vivono, da protagonisti o comprimari.

In questi nostri anni, sapranno i giovani crescere senza dimenticare i se stessi cresciuti tra i banchi? Avranno gli adulti che se ne curano abbastanza energia per riparare e ripararsi dalle quotidiane correnti di risacca?

Il ”rezzo” è un vento freddo ed esigente, offre riparo dal calore venefico e illusorio del male, ma ha bisogno di protezioni adeguate. Non sempre in quegli spazi chiamati convenzionalmente aule chi ci sta percepisce la cura di chi dovrebbe darla. Restano i brividi, seppure (anche) di altra natura.

 

Info su Stefania Brambilla

Stefania Brambilla insegna Lettere da sempre nei licei classici e scientifici della provincia di Monza e Brianza, dove è nata nel 1962. E da quasi sempre combatte contro una inguaribile forma di resistenza all’insegnamento, che pure non le ha inibito il desiderio di tornare a scuola ogni volta che ha cercato di allontanarsene con il cuore o con i piedi. Ultimo vano tentativo di fuga in ordine di tempo, è stata l’esperienza biennale presso USR Lombardia, dove ha ideato e organizzato numerosi progetti per le scuole di tutta la provincia di MB. Dal 2007 cura il blog “Viale Libertà”, oggi parzialmente sostituito dalla sua pagina Facebook. Nel 2010 ha pubblicato “Tu sei gialla” , presso la casa editrice Erickson di Trento. Ha un debito professionale dichiarato nei confronti della maestra Casartelli e della professoressa Gioia di Arcore, mentre il debito affettivo nei confronti di quelle meravigliose creature che vivono con lei, marito e figlia, è incredibilmente vitale e gioioso.
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