Dal Vietnam a Cuba – (11 Fine) come è andata – di Roberto Ceriani

E’ stato un viaggio diverso dagli altri, ma ogni viaggio lo è. Da giovane viaggiavo in autostop in Paesi oggi chiusi al mondo (Africa, Medio Oriente, Centro Asia…). Poi ho viaggiato in tanti modi diversi, senza mai pensare che il viaggio è un misto di vacanza, scoperta, ricerca, relazioni, curiosità, imprevisto…

Con questi post ho cercato di condividere un’esperienza. Mi spiace per gli amici costretti a leggere testi troppo lunghi, ma in realtà li avevo scritti per me, per riordinare le idee, per capitalizzare l’esperienza (che non so bene cosa significhi, ma suona bene). Ho cercato di evidenziare alcuni aspetti della cultura cubana che mi hanno colpito per la loro diversità o per l’imprevista normalità: come vivono i cubani, le religioni, l’ambiente urbano, le case, l’ospitalità, le donne, il teatro, l’agricoltura, la storia di Cuba, l’economia, la sicurezza, Internet, le elezioni, la Sierra Maestra, il Che, Guantanamo…

Non so se è troppo o troppo poco, ma so che è ora di chiudere.

FIGLI DEI FIORI APPASSITI

Strano viaggio. Eravamo una decina di 60enni un po’ in ritardo sull’hippysmo. Abbiamo viaggiato per tutta Cuba con un pulmino-taxi da 14 posti: 10 turisti curiosi, un giornalista di RadioPopolare (più curioso di noi), un mediatore culturale cubano e un autista-taxista. Nessuno ha capito dov’era il 14esimo posto.

Il pulmino era un meraviglioso e robustissimo Chevrolet del 1952 (non è un errore di stampa: 1952) con le balestre eccezionali, ridipinto di giallo e rosso con un motore stranamente funzionante e freni che frenavano. Era stato integrato con una protesi interna che somigliava all’aria condizionata. Dal vetro anteriore l’autista poteva vedere solo di fronte, in quanto tutto il resto era coperto da strani ornamenti, pupazzi appesi e vari portafortuna di cui c’era molto bisogno.

Funzionava solo il tergicristallo dell’autista, tanto era inutile pulire il vetro dall’altra parte piena di ostacoli visivi. Si saliva solo da una porta laterale o dal portellone posteriore, privo però di maniglia esterna. Solo una volta il pulmino ha avuto un guasto: non entravano più le marce dispari. Dopo una notte dal meccanico al mattino però era già guarito. Deciso e pimpante sembrava aver appena fatto colazione e tutte le marce funzionavano perfettamente, anche se non era chiaro quante erano le marce in totale.

Non esistevano cinture di sicurezza (come in tutta Cuba) e i sedili non erano il massimo del confort, quindi la musica sempre accesa non era proprio indispensabile per impedire di dormire durante gli spostamenti. I bagagli venivano caricati sul tetto con una cerimonia mattutina condita da scongiuri, praticamente un rito religioso.

Ogni tanto ci fermavamo in sedicenti autogrill dove, se contemporaneamente sostavano anche pulmini turistici seri, pieni di turisti come si deve, nel momento in cui scendevamo dal nostro rottame venivamo bersagliati dalle foto dei turisti seri, che ci immortalavano come strani Figli dei Fiori Appassiti. Fare la coda all’autogrill era un po’ complicato, non tanto per espletare le esigenze fisiologiche di noi Piscioni Viaggiatori, quanto per stabilire qual era la giusta mancia da dare al pulitore di w.c. mentre ci intratteneva suonando la chitarra con la carta igienica in mano.

IL MEDIATORE CULTURALE

Di solito non amo i viaggi organizzati, anche se ne capisco i vantaggi. C’è un Organizzatore, che si preoccupa di risolvere i tanti problemi pratici del viaggio, e spesso anche una Guida, impegnata a spiegare le cose che si vedono.

Questo viaggio con RadioPopolare mi ha insegnato cos’è un Mediatore Culturale: una persona del posto che, oltre a fare da guida, ti aiuta a leggere i mille aspetti della vita locale che ti sfuggirebbero senza un’adeguata chiave di lettura. Il mediatore è una persona intelligente e appassionata del suo Paese che, senza orgoglio e senza vergogna, ti fa entrare nella cultura locale, mostrandoti cose che per alcuni aspetti sono uguali alla tua cultura e per altri molto diversi.

Scopri così quante finte diversità e quante finte somiglianze ti sarebbero sfuggite senza questo interprete capace di tradurre non tanto fra due lingue, quanto fra due modi di vivere, di essere e di leggere la realtà. L’occhio del turista è inevitabilmente leggero, spesso anche superficiale, tuttavia un minimo di spirito critico e di capacità di osservazione, aiutati da un buon mediatore, sono gli ingredienti sufficienti per trasformare un viaggio in un’esperienza di valore.

Sono stato convinto per anni che viaggiare fosse un modo per conoscere altre culture, ma piano piano mi rendo conto che osservare altre culture, anche con l’occhio superficiale da turista, è un modo per scoprire la mia stessa cultura, anzi per capire che anch’io sono portatore di una mia cultura, che mi piaccia o no.

GRAZIE DAVID

Il nostro bravissimo mediatore culturale si chiamava Davìd (con l’accento sulla i).

Caro Davìd, mi hai promesso una visita in Italia e ti aspetto con piacere. Mi hai insegnato che fare il turista è una cosa seria, che il turista è qualche cosa a metà strada fra lo spensierato vacanziero e il serioso antropologo. Che il turista non è tanto un curioso personaggio quanto un personaggio curioso.

Quando sarai qui a Milano dovrò farti da mediatore culturale, ma come si fa? Che cosa dovrei mediare con te? Tu mi hai insegnato che la tua cultura è un insieme di piccole cose, di abitudini, di relazioni, di comportamenti… Io mi domando qual è la mia cultura, cosa ti dovrò mostrare quando sarai qui. Lo pensavo proprio ieri mentre in metropolitana osservavo i passeggeri milanesi e stranieri e la risposta mi è arrivata guardandomi intorno: quella è la mia cultura.

Ho deciso che ti porterò al mattino fra le 7 e le 8 in una delle tante stazioni ferroviarie di Milano a vedere decine di migliaia di pendolari che corrono in fretta verso la metropolitana e aspettano il treno per 80 secondi, mentre telefonano ai nonni per ricordare di prendere il bambino a scuola e portarlo a nuoto, a danza, a hockey, perché a quell’età non è permesso avere un minuto libero.

Ti farò vedere i vagoni della metro pieni di gente in piedi che, prima ancora di entrare in ufficio, stanno già rispondendo alle mail e compilando tabelle sul tablet. Ti spiegherò che sulle scale mobili si tiene la destra per lasciare l’altra corsia a chi ha il fiato per correre in salita. Ti mostrerò chi suona la fisarmonica sui vagoni e chi dorme per le strade d’inverno, vicino al bancomat dietro al vetro della banca.

Ti farò vedere le 700.000 auto in coda ogni mattina per entrare in città. Ti porterò a mezzogiorno nei bar del centro a vedere centinaia di impiegati in piedi che, per 10 euro, mangiano in 12 minuti un panino col caffè, mentre telefonano a un cliente che sta mangiando nella schiscéta di fronte al computer.

Ti farò osservare che ogni volta che qualcuno si butta sotto la metropolitana i marciapiedi si riempiono di migliaia di persone appiedate e disorientate che, mentre aspettano i bus sostitutivi di emergenza, telefonano urlando incazzati contro quel maledetto suicida che, invece di bloccare i treni, poteva anche ammazzarsi in tanti altri modi.

Se sarò un buon mediatore culturale cercherò di farti capire, senza orgoglio e senza vergogna, che tutto questo è la mia cultura, che la mia cultura, come la tua, è fatta di tante piccole cose che hanno una loro logica e nascono da una loro storia. In fondo è esattamente quello che tu hai fatto con me, insegnandomi che esiste un enorme insieme di relazioni sociali e personali, apparentemente innocue, apparentemente ovvie, che però costituiscono la mia cultura.

Grazie Davìd, tu non mi hai solo fatto capire un po’ della tua cultura. Dopo averti ascoltato mi sto rendendo conto che anch’io sono portatore di una mia cultura.
In fondo viaggiare serve proprio a questo. Per me viaggiare è sempre stato un mezzo importante per migliorare questa piccola consapevolezza e sapermi guardare intorno, con l’occhio di un turista intelligente, anche sulla metropolitana di Milano. Un turista sotterraneo.

Ringrazio tutti gli amici che hanno avuto la pazienza di leggere fino qui. Auguri per i vostri prossimi viaggi e ricordate: viaggiare è una cosa seria!

Info su Roberto Ceriani

Roberto Ceriani, classe 1950, laureato in Fisica, dopo molti anni di insegnamento ha vinto il 1° concorso per Dirigente Scolastico e quindi, dopo aver fatto questo nuovo lavoro per alcuni anni, è andato in pensione per raggiunti limiti di età. Interviene spesso su Facebook su problematiche riguardanti il mondo della scuola. “Autore di libri di Fisica per Licei e di numerosi testi di divulgazione informatica. Formatore di insegnanti in Lombardia e nelle regioni del Sud. Ha lavorato 9 anni all’IRRSAE-IRRE Lombardia dove si è occupato di Progetti Europei di formazione docenti e di analisi statistiche di dati internazionali sugli apprendimenti (Progetto OCSE-PISA). Attualmente, per conto dell’Invalsi, si occupa di valutazione delle scuole italiane e, per conto dell’USR Lombardia, è impegnato nelle attività di valutazione dei Dirigenti Scolastici”
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