Pare che se un leader politico, o aspirante tale, voglia darsi una postura di innovatore audace e coraggioso, proiettato verso il futuro luminoso, cui tutti noi aneliamo, giovani e anziani, sia obbligato a evocare il voto ai sedicenni. Lo fece Walter Veltroni nel 2007, in occasione delle primarie-gazebo del PD, lo imitò Matteo Salvini nel 2015, allorché propose una modifica costituzionale per consentire ai sedicenni l’accesso alle urne, lo seguì Beppe Grillo, che, demagogia per demagogia, abbassò l’età ai quattordicenni: “se possono guidare un ciclomotore, perché non possono votare?”. Secondo questa versione, pare che politica e motori siano un po’ la stessa cosa. Ultimo Enrico Letta, in occasione del suo insediamento al Nazareno. Lo hanno proposto anche intellellettuali serissimi quali Tito Boeri. In Norvegia, in Austria e in alcuni Länder della Germania il voto ai sedicenni è già riconosciuto.
In effetti, i ragazzi a 16 anni sono già cresciuti in età, sapienza – tutta da verificare – e grazia, al netto dei brufoli.