assistente sociale – dottoressa?

Dapprima mi sono imbattuto ieri sera in una discussione di amici-facebook in cui si iniziava ad ironizzare sulla presunta laurea di Valeria Fedeli e sono intervenuto a spiegare di cosa si trattasse. Ma oggi ho sentito alla radio su Mix 24, tal Pierangelo Buttafuoco, fare delle ironie pesanti nella trasmissione che conduce con Giovanni Minoli e Mario Sechi. E allora ci torno sopra.

Valeria Fedeli è del 49 e ha frequentato l'UNSAS di Milano, come mia moglie che è del 47. Il mondo delle scuole di servizio sociale era variegato, gestito da consorzi privati di scuole e l'UNSAS rappresentava il filone laico (la sede della scuola allora era, guarda caso, presso la società Umanitaria).

La nascita delle lauree in servizio sociale è avvenuta molti anni dopo e il primo passo è stata la istituzione in via sperimentale del quarto anno che consentiva la trasformazione del diploma di laurea in laurea vera e propria mentre,contestualmente, veniva istituito l'albo professionale. Dal 2001 una legge dello stato ha equiparato il vecchio diploma ad una laurea triennale che consente l'accesso alle lauree specialistiche, ai master e alla formazione successiva. Ma allora (fine anni 60) la situazione era ambigua in termini giuridici perché quella in servizio sociale non era una laurea, mentre la struttura dei corsi (valutazione in trentesimi, curriculum ben definito, tirocinio, rapporto con i monitori, tesi mista teorica e sul campo) era da università professionalizzante e innovativa.

L'Italia stava per inaugurare lo stato sociale e queste scuole si misero ad occuparsi della formazione scolastica delle nuove figure mutuate dalle società del benessere, gli USA e l'Europa del nord. Il corso era triennale, a frequenza obbligatoria, con un sacco di esami e con un tirocinio vero e molto serio; la formazione avveniva su tre livelli: quello giuridico, quello delle scienze sociali e quello psicologico e psichiatrico. Confrontandola con quello che facevamo noi a fisica c'era molta differenza; noi si lavorava molto di più sulla formazione generale e sulla profondità della conoscenza; da loro si faceva un sacco di roba, forse troppa, ma ero affascinato dalla integrazione tra studenti e docenti e dalla grande attenzione al lavoro sul campo. Ogni studente era seguito da un docente che si occupava della sua crescita generale nella professione con un rapporto 1:1.

Detto tutto ciò mi fa sorridere la polemica sollevata da un personaggio come Mario Adinolfi il cui scopo era quello di attaccare una delle presentatrici delle proposte di legge sulla cultura di genere, ma la rapidità con cui i media si sono accodati mi fa incazzare e mi spinge a rafforzare la mia convinzione sulla necessità di abolire il valore legale dei titoli di studio che non garantisce nulla se non del punteggio o dei prerequisiti nell'accesso alle professioni pubbliche e consente di evitare ciò che sarebbe necessario: la prova sul campo.

Alla fine degli anni 60 le università italiane erano poche e i corsi di laurea erano ben definiti. Ricordiamo che, proprio in quegli anni (tra clamore e scalpore) ad opera di Bruno Kessler e Francesco Alberoni venne istituita a Trento la laurea in sociologia. Molto dopo sono proliferate le lauree brevi e le università minori, prima che si intervenisse centralmente a mettere un po' d'ordine, hanno istituito i corsi di laurea più bizzarri allo scopo di accaparrarsi il mercato, cito a puro titolo di esempio Igiene e benessere del cane e del gatto presso l'Università di Bari, così uno credi di essere iscritto a veterinaria, anzi alla veterinaria dei piccoli animali, e invece no. La veterinaria era la veterinaria, la fisica la fisica e la matematica era la matematica.

Usciamo da una situazione di deregulation sfrenata cui si sta cercando di far fronte (ma intanto il danno è stato fatto e le università minori sono alle prese con enormi problemi di bilancio). Così non mi pare il caso, per attaccare una ministra colpevole di avere scritto diploma di laurea (ma si diceva così), di far volare gli stracci, darle della bugiarda, chiedere le dimissioni per indegnità. Si faccia l'ironia sulle finte lauree, sulla cultura del pelo, la si eviti verso quelle scuole che, sopperendo ad una carenza del sistema di istruzione, hanno aperto la strada a formazioni professionali serie che hanno poi visto le assistenti sociali operare nei comuni, nei tribunali generali e in quelli dei minori, negli ospedali, nelle Asl, in carcere, nel servizio sociale di fabbrica.


Il 15 dicembre c'è stata una nuova puntata perché i mass media, dopo aver scoperto che la ministra Fedeli era in possesso, per quanto riguarda la scuola media superiore del diploma di maestra d'asilo, sono tornati alla carica con un nuovo slogan non solo non ha la laurea, non ha nemmeno la maturità. Stasera ho ascoltato urla isteriche di Cruciani, quello che fa le imitazioni e le interviste trabocchetto, spacciandosi per altri, alla zanzara, su Radio 24. Non ha preso la maturità e poi si è fatta un corsino prendendo un diplomino.

La volgarità sta superando ogni limite e mi pare dunque utile riportare questa dichiarazione di una fonte più che autorevole, la docente che coordina a livello nazionale i corsi di scienze sociali. La professoressa Mara Tognetti, presidente del corso di laurea in Servizio sociale all’Università Bicocca di Milano e coordinatrice della consulta nazionale dei corsi di laurea in servizi sociali, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“La ministra ha ragione, quel titolo di studio è stato equiparato alla laurea in Servizio sociale. La laurea in Servizio sociale è istituita dal 2000, è recente; il passaggio per arrivare al corso di laurea è stato lento, come per molte professioni. Parliamo di un titolo di studio che legittima una figura professionale ordinata e con un esame di stato per l'abilitazione alla professione.
Stiamo parlando di un percorso molto solido anche se può sembrare banale che precedentemente la formazione avvenisse a livello regionale
Erano dei diplomi che attestavano la acquisizione di competenze, corsi di formazione di tre anni, cose rilevanti, con una metodologia didattica molto importante di equipe.
In particolare faccio riferimento alla scuola dove ha conseguito il titolo il ministro l'UNSAS.
Il corso di laurea di Milano Bicocca risente in modo positivo di questa esperienza di Unsas e quindi c’è una continuità molto importante. Il ministro ha ragione quando insiste a dire io ho un titolo di studio che equivale ad un corso di laurea, ma anche solido. Probabilmente lo scivolone lessicale fatto dall'ufficio stampa del ministro è legato al fatto che è un corso di laurea molto noto tra gli addetti ai lavori, un po' meno tra i mass media. Per quel tipo di professione il ministro ha acquisito un titolo di studio più che valido. Le polemiche quando si tratta di nuovi eletti è anche facile farle perché è un modo di fare notizia, ma assolutamente le carte in regola ci sono.


18 dicembre 2016

Poichè questi articolo continua ad essere letto segnalo che, nei giorni successivi ho scritto una cosa dedicata al tema della laurea come condizione necessaria per fare il ministro. Non penso che sia così a differenza di quanto riguarda le figure apicali della Pubblica amministrazione e qui cerco di motivarlo il ministro X deve avere la laurea X?

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Informazioni su Claudio Cereda

nato a Villasanta (MB)il 8/10/1946 | Monza ITIS Hensemberger luglio 1965 diploma perito elettrotecnico | Milano - Università Studi luglio 1970 laurea in fisica | Sesto San Giovanni ITIS 1971 primo incarico di insegnamento | 1974/1976 Quotidiano dei Lavoratori | Roma - Ordine dei Giornalisti ottobre 1976 esame giornalista professionista | 1977-1987 docente matematica e fisica nei licei | 1982-1992 lavoro nel terziario avanzato (informatica per la P.A.) | 1992-2008 docente di matematica e fisica nei licei (classico e poi scientifico PNI) | Milano - USR 2004-2007 concorso a Dirigente Scolastico | Dal 2008 Dirigente Scolastico ITIS Hensemberger Monza | Dal 2011 Dirigente Scolastico ITS S. Bandini Siena | Dal 1° settembre 2012 in pensione | Da allora si occupa di ambiente e sentieristica a Monticiano e ... continua a scrivere
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Una risposta a assistente sociale – dottoressa?

  1. Paolo Cinque scrive:

    Che senso di pena questa esibizione di "attributi" accademici! Con tutte le loro lauree ministri della pubblica istruzione come Gelmini e Giannini hanno solo fatto pena. Non-laureati come Guido De Ruggero sono stati mitici ministri nello stesso dicastero. Oscar Giannino non è laureato in scienze economiche ma ha tutta l'aria di capirci tanto quanto un sacco di tromboni finanziari. Per contro, pseudo-laureati in medicina esercitano alla grande. Per contro, un ministro tedesco si dimette perché si scopre che ha copiato la propria tesi, o meglio, perché ha omesso di citare certe fonti. L'errore di questo Ministro è quello di vedersi comparire un titolo accademico che aveva bisogno di essere meglio specificato nel suo curriculum. Tutto qui. Un passo oltre e si è nel ridicolo o nel risentito.

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