#la bomba al neutrone# di Roberto Ceriani

La Bomba al Neutrone. Ve la ricordate? Quella bomba nucleare che, si diceva negli anni ‘80, uccide le persone lasciando intatti gli edifici…

Beh, non era proprio così; in realtà distruggeva eccome, anzi distruggerà ancora se malauguratamente dovesse essere usata, ma facciamo finta che questa bomba “pulita” fosse veramente un petardone innocuo, almeno con i muri.

Se volete vederla in azione venite a Milano. Basta prendere il tram 14 e arrivare in fondo a via Lorenteggio, dove una volta c’era il Dazio Comunale per le merci entranti in città. Lì vi aspetta il meraviglioso Vodafone Village; è lì pronto a mostrarvi uno spaccato di modernissima città praticamente disabitata. Sembra che l’intera zona sia stata bombardata con una Bomba al Neutrone!

Passo di lì per caso e non riconosco più nulla! Solo un anno fa era un brulicare continuo di impiegati, tecnici, fornitori, clienti… Arrivavano e partivano in auto, moto, bicicletta, monopattino elettrico…La piazza pensile al centro del Village era il crocevia di passaggio di centinaia di uomini in giacca scura e di donne fasciate in stretti tailleur un po’ sexy e molto professional. Il bar era pieno di gente che faceva una rapida colazione o uno spuntino parlando di lavoro.

Ora, nell’era del Covid, è un enorme deserto umano. Negli uffici non c’è più nessuno. Dalle enormi vetrate si intravedono scrivanie vuote con schermi di computer spenti.
Centinaia, forse migliaia di persone sono a casa in smart-working a lavorare come se fossero ancora qui. L’ambiente è spettrale.

Non è come l’ultramoderna piazza Gae Aulenti, anch’essa circondata da grattacieli con enormi uffici vuoti. Là, in zona Garibaldi, anche senza lavoratori la piazza pensile è sempre piena di gente: lo snodo ferroviario e la metropolitana, i bellissimi giardini e il bosco verticale, i passaggi pedonali pensili e il supermercato sotterraneo… Sono tutti elementi di richiamo che mascherano molto bene l’assenza di lavoratori negli uffici vuoti.

Qui al Lorenteggio, invece, il Vodafone Village è una cattedrale nel deserto. Tolti i lavoratori dagli uffici tutto sembra morto; una via di mezzo fra una Bomba al Neutrone e un’eterna domenica senza giardini. Cammino nella piazza bassa e vedo la scala mobile ferma. Penso sia ormai fuori uso, ma mi avvicino e i sensori elettronici mi individuano a distanza e fanno partire la scala verso la piazza alta. L’elettronica è l’unica forma di vita sopravvissuta a questo bombardamento.

I cartelli luminosi degli enormi parcheggi sotterranei indicano per ognuno il numero di posti-auto disponibili: quasi tutti! Un silenzio angosciante domina anche vicino al bar. Non c’è in giro nessuno. Sembra un day-after in salsa milanese… L’unico rumore che si sente è un lontano vociare di bambini. Bambini? E cosa ci fanno in questo deserto tecnologico? Mi avvicino curioso e scopro che l’asilo e l’asilo-nido a disposizione dei dipendenti Vodafone sono pieni di bambini!

Resto sconcertato e provo a immaginare: evidentemente i genitori, per poter lavorare da casa in smart-working, vengono qui al Village al mattino a portare i bambini e li ritirano nel tardo pomeriggio. Una forma di mobilità apparentemente assurda, funzionale però a un nuovo modello di lavoro. Ormai il modello ha preso piede ovunque e in gran parte resterà immutato anche dopo la pandemia. Già vari hotel hanno ristrutturato le camere per trasformarle in postazioni di lavoro a distanza.

Già molti uffici stanno vendendo migliaia di locali e, mentre diminuisce l’affitto degli uffici, aumenta il costo delle case più grandi, dove è possibile avere uno spazio famigliare per lavorare e studiare a distanza. Sta nascendo un nuovo concetto di città, distribuita sul territorio. Già si prevedono riduzioni delle migrazioni da lavoro sia per distanze urbane, sia per distanze regionali o interregionali o europee.

La casa sta tornando a essere il centro della vita. Come cambieranno le relazioni famigliari? Come cambieranno quelle sociali? Mentre penso queste cose guardo gli enormi palazzi di vetro e penso che presto faranno la fine delle grandi fabbriche urbane. Alcune sono state distrutte, altre ristrutturate. Le piccole aziende sono diventate loft, mentre l’Alfa Romeo è diventata un enorme Centro Commerciale.

Cosa sarà fra un decennio di questi palazzi nati nel momento sbagliato? Cosa scriveranno sulla Treccani per definire la parola “lavoro”?

 

Info su Roberto Ceriani

Roberto Ceriani, classe 1950, laureato in Fisica, dopo molti anni di insegnamento ha vinto il 1° concorso per Dirigente Scolastico e quindi, dopo aver fatto questo nuovo lavoro per alcuni anni, è andato in pensione per raggiunti limiti di età. Interviene spesso su Facebook su problematiche riguardanti il mondo della scuola. “Autore di libri di Fisica per Licei e di numerosi testi di divulgazione informatica. Formatore di insegnanti in Lombardia e nelle regioni del Sud. Ha lavorato 9 anni all’IRRSAE-IRRE Lombardia dove si è occupato di Progetti Europei di formazione docenti e di analisi statistiche di dati internazionali sugli apprendimenti (Progetto OCSE-PISA). Attualmente, per conto dell’Invalsi, si occupa di valutazione delle scuole italiane e, per conto dell’USR Lombardia, è impegnato nelle attività di valutazione dei Dirigenti Scolastici”
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