the Teacher and the Physics

Poco prima di mezzanotte del 10 settembre 2013 mi è arrivato questo messaggio su FaceBook:

Buonasera Prof, come sta? È molto tempo che non mi faccio vivo e più il tempo passava più mi sembrava "stupido" farlo. Stasera stavo sistemando i file della mia tesi e ho pensato che fosse il caso di mandargliela, visto che è nei ringraziamenti (ho perso l'indirizzo mail, per cui se ne vuole una copia me lo scriva pure e la manderò quanto prima).

Dunque, visto che la fisica mi ha attraversato il cervello per la prima volta tramite le sue lezioni pensavo che le facesse piacere sapere che mi sono laureato e, dopo aver provato a lavorare in Italia per tre mesi facendo cose in cui la fisica non serviva (ero stagista in Doxa), ho ottenuto un dottorato in Olanda, a Groningen in particolare, da cui le scrivo e in cui starò per i prossimi 4 anni per provare a diventare a tutti gli effetti un fisico teorico (beh, non proprio tutti, vorrei tenere d'occhio anche il mondo vero ogni tanto).

Finita questa fase di trasformazione in persona adulta, che si preoccupa di bollette, conto in banca e pentole da comprare, sono molto determinato ad onorare la generosità e l'accoglienza di questo Paese, che mi sorprende ogni giorno di più e mi procura la vecchia cara rabbia giovanile pensando al confronto con la situazione italiana.

È sorprendente pensare a come quella materia affascinante (e, voglio ribadirlo, lo era perché ce la insegnava in quel modo), che ho visto per la prima volta 12 anni fa esatti, sia stata il mezzo e lo scopo per fare il grande passo fuori di casa, cominciare a vivere con le proprie risorse e iniziare a vedere il resto del mondo. Perché quella stessa materia, la fisica appunto, è ciò che mi sta permettendo di lavorare con persone da tutto il mondo e che lavorano fianco a fianco anche se i rispettivi Paesi sono in guerra tra loro, per fare un esempio di quanto possa essere potente. E niente, volevo salutarla e aggiornarla su dove sia finito uno di quei sei fisici che ha istruito in quella 5F, il terzo dottorando di quella 5F. Luca Basanisi


Se uno nella vita ha cercato di trasmettere passione per la vita, per la scienza e per la cultura, quando riceve messaggi come questo si gasa e così ho pensato di mettere un capitolo che facesse da chiusura al definitivo cambio di mestiere; farne una specie di quaderno di ricordi e di riflessioni sulla mia esperienza di docente che, per riprendere un ricordo di un ex studente, si presentava e metteva le carte in tavola nello spiegare cosa fosse lì a fare: la matematica la rispetto ma la fisica la amo. Questo è dunque un capitolo scritto da quelli che stavano dall'altra parte del rapporto educativo. Non ho scritto dall'altra parte della cattedra perché dietro la  cattedra non sono mai riuscito a starci.

In questi tanti anni di insegnamento ci sono state due classi in cui invece di mandare studenti a seguire le mode del mercato (economia e informatica) sono riuscito a coinvolgere la classe nei confronti delle due scienze regine, la matematica e la fisica. Si tratta della III M con cui ho iniziato a lavorare nel 1977/1978 e della I F con cui ho iniziato a lavorare nel 2001/2002.

Quello con la III M è stato un percorso scolastico particolare; era una classe numerosa tutta fatta di Brianzoli che avevano fatto il biennio a Villasanta e che veivano a Monza o con la Littorina o con il pulman di Casatenovo. Gente con capacità diverse ma un grande desiderio di apprendere e di farcela. Ho cercato di non lasciare indietro nessuno e, arrivati alla maturità in 27, ci furono 4 sessanta e 20 su 27 presero più di 50 (la maturità era in sessantesimi ed era quella di Misasi del 69 con l'orale su due materie)

In tre o quattro si iscrissero a fisica, altri/e a matematica e uno di loro, Massimo Brambilla, ha poi fatto il docente universitario a Bari. Sono passati tanti anni e ormai li ho persi di vista. Chissa che non si rifacciano sentire. Chissa cosa ricorderanno di quelle discussioni sui fondamenti della matematica e della fisica.

Nelle classi successive, sia del Frisi, sia dello Zucchi, singoli alunni/e hanno proseguito sulla strada della metodologia fisica (cos'è una muccca? Supponiamo che la mucca sia una sfera ….).

La classe di Luca me la sono gestita per 5 anni, 8 ore la settimana (3 di fisica e 5 di matematica) a partire dal 2001/2002 e così li ho visti crescere da pistolini neo iscritti al Liceo a ragazzoni orgogliosi della loro esperienza al Frisi di Monza: studenti molto bravi, persone autonome, di quelli che già in terza avevano le idee chiare su cosa fare nella vita.

Quella classe poi, come ci ricorda Luca, ne ha visti 6 scegliere fisica, ma molti altri sono rimasti comunque nei dintorni (scienza pura e scienza applicata). Quei sei dopo la laurea magistrale hanno fatto tutti il dottorato perché pensavano di fare il fisico nella vita e, magari, di farlo in Italia.

Qui viene il mio primo elemento di amarezza: i dottorati sono stati fatti quasi tutti all'estero. Quando accadde ne fui felice; come è noto, dopo che brianzolo mi sento cittadino europeo. Ma quando hanno cercato di costruire il loro progetto di vita in Italia hanno dovuto scegliere tra rimanere all'estero od occuparsi di cose non esattamente corrispondenti a quello su cui avevano sviluppato interesse.

Lo confermo; con la laurea in fisica, a maggior ragione con il dottorato, non resti disoccupato. Il fisico riceve una formazione che lo porta ad approfondire e a guardare fuori dalla finestra, essendo abituato ad approfondire, impara in fretta. Però c'è amarezza; gli sbocchi universitari sono ristretti, i nostri enti di ricerca (INFN e CNR) assorbono a fatica e così, a differenza di quanto avveniva negli anni 70 e 80, non basta nemmeno portare pazienza. A 30 anni uno ha il diritto di avere un progetto di vita, si sposa e fa dei figli, come hanno fatto anche loro.

Mi par di capire che l'unico ad avercela fatta, rispetto al progetto originale, sia Riccardo Manzoni uno di quelli della I F dell'anno precedente. Ha scelto di lavorare nel settore in cui la fisica italiana svolge ancora, grazie al CERN di Ginevra, un ruolo a livello mondiale. Per la laurea magistrale ha fatto una tesi sugli esperimenti in corso con il nuovo acceleratore LHC (Large hadron collider) e dedicati al completamento del modello standard delle particelle (la particella di Dio – il bosone di Higgs) ed ora è a Ginevra e pubblica, pubblica e pubblica.

Erano Persone diverse: chi più sistematico, chi più estroverso, chi un po' sballone. In quegli anni di Liceo ognuno aveva le sue pulsioni e le sue trasgressioni. Scelte politiche diverse, ma comunque accomunate dalla attenzione a ciò che ci circonda e dal desiderio di capire e di cambiare (per questo ho scelto la foto con la maglietta – E! state liberi.

Incominciamo da Giovanni Gallo uno che, con quei ritmi e quella qualità, ha fatto fatica a tenere il passo, ma era solido come una roccia e in questi giorni di Covid si è occupato di cose più importanti della fisica.


non ero un premio nobel di fisica o matematica, ma uno studente di sicuro con tanta voglia di fare e imparare. La mia strada ha preso percorsi diversi dalla matematica o fisica insegnata da lei nelle nostre innumerevoli ore scolastiche, ma ho superato la soglia sono arrivato all'età di Gesù Cristo consapevole dei passi fatti soprattutto grazie alla formazione ricevuta in quei giorni, mesi e anni passati insieme.

Lavoro in campo sanitario, sul territorio milanese e brianzolo sui mezzi avanzati di soccorso, autoinfermieristica  e automedica oltre che sull'elicotteroo del 118. Un lavoro spettacolare, sempre alla ricerca di nuove conoscenze e abilità, che ti permette di seguire corsi di continuo per formarti ogni giorno che passa. E' un lavoro che prende tutto di me, tutta la mia personalità e forza.Ho vissuto in prima linea l'emergenza COVID e ho avuto la voglia di cambiare mestiere....Ne sono uscito con sofferenza psicologicamente e umanamente....

Ho molti ricordi delle sue lezioni e della sua competenza e soprattutto della sua voglia di farci capire quanto è bello seguire i propri sogni. Mi rimarrà impresso il modo di spiegare, l'amore e la passione per quello che spiegava. L'ho imparato e ci sono cresciuto insieme in questi anni, seguendo le cose che più mi rendevano felice, studiando per provare quella stessa sua sensazione, di spiegare cose di cui era innamorato.


Federico Fumagalli credo sia stato il primo a laurearsi in questa classe e mi ha fatto piacere essere presente. Nell'ambito del gruppo aveva anche un altro piccolo primato. Era andato alle selezioni nazionali delle Olimpiadi della Fisica. Avevo sempre raccontato loro che con una solida preparazione in fisica, si poteva fare qualunque cosa e lui … ora si occupa di informatica in ambito finanziario.


Mi colpisce il fatto che, dopo tanto tempo, continuiamo a definire la nostra classe come LA quinta F, e quel LA non è un errore di battitura. Ricordare che quella classe aveva qualcosa in più, o almeno qualcosa di diverso. Per me, che ci ho passato cinque anni, è una cosa ovvia e naturale. Ne ero consapevole quando la frequentavo, e quando abbiamo concluso sapevo che il senso di appartenenza a quella classe e a quella scuola mi sarebbe restato attaccato per tutti gli anni successivi come una seconda pelle.

Quando cresci in un ambiente così, in cui c'erano difficoltà, passione, ore di studio e sudore, incazzature e litigi, frustrazione, divertimento, feste, sbronze, gite e vacanze, non puoi che rimanere legato. E infatti dopo tanti anni siamo ancora qui, continuiamo a vederci spesso, a raccontarci le storie di quegli anni, e ormai non sappiamo neanche più dire se le cose siano andate veramente come le raccontiamo, ma ci va bene così.

Io sono entrato in Università con un'idea e un sogno, e ne sono uscito con un'idea completamente stravolta. Nei miei cinque anni di Fisica, mi sono appassionato a tanti argomenti, ho lavorato su diversi progetti di ricerca, e ho conosciuto persone eccezionali, e quando mi sono laureato mi sarebbe piaciuto continuare il mio percorso. Ho fatto però una scelta importante, quella di rimanere in Italia, di cambiare strada, di provare cose nuove, e vedere come funziona il mondo del lavoro.

Ho trovato in breve tempo lavoro per una piccola società che si occupa di informatica in ambito finanziario, un ambiente totalmente diverso a quello a cui ero abituato, con nuovi problemi e difficoltà. Sono felice della mia scelta, ma a volte mi manca la Fisica, quindi continuo a mantenere la passione nel tempo libero, e poi continua a tormentarmi grazie ad amici, familiari e altre persone che quando hanno qualche dubbio scientifico vengono a chiedermi un'opinione


Daria Galimberti era una delle poche donne del gruppo, insieme a Noemi Bressan (di cui ho ritrovato il geniale fratello all'Hensemberger) e a Elisa Mariani (detta MarIsa che fece fisica e ora lavora in Germania). Appartiene al gruppo di quelli che non fecero fisica, ma rimasero in tema. Si è fatta sentire nel 2020 e mi ha commosso con la premessa non so se ricorda di me. In effetti la cosa bella dello zio Al (come chiamiamo amichevolmente l'Alzheimer) è che guardando all'indietro incominciamo a fare un po' di confusione con i volti e con la scala temporale. Dopo i ringraziamenti mi dice:


Dopo il liceo ho preso una laurea in ingegneria e ho intrapreso la carriera della ricerca scientifica. Mi occupo di simulazioni quantistiche per studiare le proprietà dei materiali a livello molecolare. Ho fatto un dottorato a Milano, poi ho lavorato per 3 anni come ricercatrice a Parigi. Ora sono a Berlino e presto mi trasferirò in Olanda dove ho vinto una posizione per avviare un mio gruppo di ricerca.

La struttura del pensiero, la capacità di analisi e la perseveranza nel cercare la soluzione ai problemi, che lei mi ha insegnato negli anni liceali sono le fondamenta su cui ho potuto costruire il mio percorso. Nonché la passione per la fisica che mi ha guidato nella scelta dell’ambito di ricerca. Le devo un immenso grazie per tutto questo.


Luca Ulcelli, detto Ulk, dice di sè di essere stato la pecora nera e si autodefinisce il peggior alunno. Era semplicemente uno a cui piaceva fare tante cose e questo può determinare dei problemi nei momenti della valutazione perché te ne valutano solo alcune. Mi ricordo che qualche anno fa si sbizzarrì nel  produrre un sistema integrato per la gestione degli orari dei servizi di trasporto pubblico. Ora è in Cina.


Pigrizia, difficoltà di concentrarsi sullo studio, altri interessi… forse un mix di tutto questo. Fattori che poi sono rimasti intatti nei primi anni di università almeno fino al momento in cui ha realizzato quale fosse la mia vera strada. In quel momento, ovvero dal passaggio da ingegneria civile a urbanistica, pianificazione e urban design, quello studente poco studente che puntava a cavarsela con il minimo si trova oggi (2013) con una carriera avviata e un matrimonio da qui a una manciata di mesi, in quello che forse è il Paese che offre le maggiori opportunità e possibilità nel suo campo (la Cina e specialmente le città di seconda e terza fascia dell’entroterra), avendo nel frattempo conseguito una laurea specialistica a Shanghai ed essendo in procinto di ottenere una seconda a Milano.

... sono consapevole che nel puzzle che mi ha portato dove sono e ad essere quello che sono, il suo modo di pensare e di (in)seguire le proprie passioni, qualsiasi esse siano, sono stati alcuni dei più importanti tasselli per i quali dovrò sempre ringraziare lei e buona parte degli insegnanti


Giacomo Pozzi aveva l'approccio dell'ingegnere e invece ha fatto anche lui fisica con indirizzo nucleare. I suoi compiti di matematica si poteva evitare di leggerli perché tanto c'erano tutte le soluzioni e la spiegazione dettagliata di tutte le procedure seguite. Se c'erano parti opzionali, Giacomo svolgeva in maniera ineccepibile anche quelle. E' lui quello che si ricorda del mio rapporto ddifferenziato con la matematica (rispetto) e la fisica (amore).

Come racconta qui sotto si è fatto qualche soldino in una multinazionale della consulenza e lo ha usato per fare un master in Bocconi. Da lì in poi Mediobanca, Londra e una storia che potete leggere nella sezione dei commenti, come Risk Manager in un grande fondo di investiumento americano. State tranquilli che Giacomo i conti li fa bene, magari in maniera impietosa.


Si potrebbe dire che quella frase fosse un manifesto di quello che sarebbero stati i 5 anni successivi. Capivo la passione che l'animava nel momento in cui parlava di Fisica, l'entusiasmo di trasmettere la conoscenza anche a dei ragazzini che forse non potevano apprezzare in pieno quanto ricevevano, l'idea di insegnamento non solo come mera occupazione ma anche come missione a favore delle nuove generazioni.

... come sicuramente si ricorderà, non ho mai brillato in genialità, ma facevo dell'atteggiamento carro armato la mia forza, ottenendo ottimi risultati grazie ad impegno e dedizione. Direi che negli anni le mie qualità non sono cambiate, e, forse a causa di queste mie caratteristiche, una volta terminato il percorso di studi nel 2011 faticavo a vedermi nei panni del ricercatore... Per questo, senza assolutamente rinnegare i miei studi, dei quali vado anzi molto orgoglioso, mi sono allontanato dalla Fisica intesa come ricerca in ambito accademico, ed ho cercato fortuna nel settore privato.

Sono stato assunto da una multinazionale della consulenza, per la quale ho lavorato due anni avendo la possibilità di conoscere l'impegnativo ambiente lavorativo. Con quanto guadagnato e messo da parte in questo periodo, mi sono iscritto ad un Master in ambito economico (che ho iniziato a frequentare nel 2013) e che ha datoslancio alla mia carriera ed al mio futuro...Mi sento tuttora un Fisico, la Fisica mi hacondotto verso una crescita, morale ed intellettuale, per me fondamentale. Sono convinto che se avessi seguito un altro corso di laurea non sarei riuscito a passare attraverso la selezione serrata per l'assunzione prima e per l'ammissione al master poi.

La lascio con un piccolo aneddoto. Durante una delle prime lezioni del Master, abbiamo fatto un veloce ripasso di statistica... La prima cosa che mi è venuta in mente non sono stati testi o lezioni universitarie, ma le dispense che lei ci aveva passato sull'argomento e la fatica che aveva fatto per cercare di insegnarci quei pochi concetti chiave, che però hanno fatto da impalcatura insostituibile per tutto quanto appreso in seguito.


Riccardo Laurenza era tendenzialmente un solitario, sorrideva, ma sembrava spesso altrove. Si è laureato in fisica e poi ha fatto il dottorato a York (fisica teorica versus informazione e comunicazione quantistica). E' tornato in Italia ma, come molti, sta per ripartire perché da noi … Andrà ad occuparsi di un progetto sullo studio e l’implementazione dell’internet quantistico alla Freie universität di Berlino appena si sbloccherà il COVID. Anche lui, almeno per ora, si occupa di fisica di frontiera.


Mi ricordo che iniziammo il percorso quinquennale del liceo il 10 Settembre 2001. Il giorno dopo avevamo lezione di Fisica e Matematica le ultime due ore. Lei Prof. entrò in classe e al posto di spiegare preferì discutere con la classe intera su ciò che era appena successo al World Trade Center. Venne fuori un confronto molto interessante, a tratti acceso, e immediatamente capii che io e i miei compagni/e avevamo di fronte un insegnante che ci riconosceva come teste pensanti. Questa fu la base del solido rapporto umano che si formò negli anni successivi tra lei e la nostra classe. Furono anni intensi di studio e di divertimento e il livello di preparazione che ci venne richiesto non fu mai banale.

Le sue lezioni erano ciò che seguivo più attentamente a scuola (oltre alle ragazze), permettendomi rarissime distrazioni. Fui attratto dalla chiarezza delle sue spiegazioni e ciò mi permise di capire profondamente non solo la bellezza della Matematica ma anche il suo fondamentale ruolo nell’interrogare la natura e i suoi fenomeni.


Siamo arrivati alla fine, alla coppia più bella del mondo Matteo Giani e Luca Basanisi.

Matteo Giani (quello a cui, come dono di nozze, ho regalato il mio Feynman) ha sposato una laureata in matematica conosciuta alla Sissa di Trieste, si è definitivamente stabilito in Olanda e, dice di sè: Ho definitivamente abbandonato l'accademia dopo il dottorato, esperienza fantastica e terribile che solo ora inizio a valutare in maniera oggettiva, e lavoro come scientific software engineer e data scientist… i miei 30 anni si sono rivelati una tappa importante: mi sono scoperto ambizioso – e forse persino aperto all'idea di costruire qualcosa in proprio.

Nel suo intervento racconta anche lui delle ansie e delle figuracce in occasione delle mie interrogazioni, come fa anche Luca Basanisi. E loro insistono a non capire che quelle interrogazioni le dovevo fare, ma pesavano più a me che a loro. Forse le trovavano spaventevoli proprio perché le facevo di rado.

Luca Basanisi, adesso lo posso dire, era il mio prediletto perché era il più piccino ed era geniale e trasgressivo. Era un creativo e ricordo ancora, in prima, una soluzione originalissima ad un quesito delle olimpiadi di matematica. Dava una soluzione generale ad un problema particolare e la soluzione del quesito la trovava appunto come particolarizzazione della soluzione generale. Che bello avere uno studente così, mi dicevo, e diventavo una bestia se qualcuno si lamentava della immaturità.

Essendo un creativo (un po' tormentato) stava nella fascia alta ma, in alcune materie (o con alcune professoresse) andava meno bene. Un anno ci ha anche fatto diventare matti per sintomi, malesseri e qualche forma di autolesionismo che si procurava per avere la nostra attenzione.

Anche lui dopo università, e una startup ha messo la testa a posto, e fa il data manager presso una multinazionale (la Nielsen). Gli ho raccomandato di tenersi stretta la ragazza che si è portato al matrimonio di Matteo (sufficientemente brillante, ma meno matta di lui).


Da parte mia nessuna novità evidente .... ho iniziato a fare il manager di 5 miei colleghi, che è stata una bella novità. Quindi mi occupo di tenerli contenti, farli sviluppare nella maniera più consona, alcuni anche farli abituare al mondo del lavoro visto che sono appena usciti da scuola. In più ho fatto e sto facendo da relatore a due studenti che fan la tesi da noi, che è un bel cambio di ruolo dopo tutto quel tempo speso scrivendo le varie tesi negli anni passati. Son due cose che mi dan soddisfazione perchè in fondo riesco ad usare esperienze e conoscenze acquisite per aiutare gli altri, che aiuta a digerire il cambio dall'accademia al mondo delle grandi corporazioni. Per il resto mi tengo ben occupato, sto riuscendo ad imparare qualcosa di nuovo quasi ogni giorno con la vana speranza che questo mi tenga giovane


Abbiamo fatto insieme tanta filosofia della scienza di tipo pratico. E' una infezione da cui non si guarisce. Auguri ragazzi e spero di non avervi tirato un bidone.


Ultima modifica di Claudio Cereda il 3 giugno 2020


La pagina con l'indice della mia autobiografia da cui potete scegliere i capitoli da leggere


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Informazioni su Claudio Cereda

nato a Villasanta (MB)il 8/10/1946 | Monza ITIS Hensemberger luglio 1965 diploma perito elettrotecnico | Milano - Università Studi luglio 1970 laurea in fisica | Sesto San Giovanni ITIS 1971 primo incarico di insegnamento | 1974/1976 Quotidiano dei Lavoratori | Roma - Ordine dei Giornalisti ottobre 1976 esame giornalista professionista | 1977-1987 docente matematica e fisica nei licei | 1982-1992 lavoro nel terziario avanzato (informatica per la P.A.) | 1992-2008 docente di matematica e fisica nei licei (classico e poi scientifico PNI) | Milano - USR 2004-2007 concorso a Dirigente Scolastico | Dal 2008 Dirigente Scolastico ITIS Hensemberger Monza | Dal 2011 Dirigente Scolastico ITS S. Bandini Siena | Dal 1° settembre 2012 in pensione | Da allora si occupa di ambiente e sentieristica a Monticiano e ... continua a scrivere
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16 risposte a the Teacher and the Physics

  1. Giacomo Pozzi scrive:

     
    Buongiorno Professore, mi collego alla lettera di Luca in qualità di “Fisico” (più o meno, ormai) che, partito da quella mitica 5^F di ormai diversi anni fa, si sta facendo strada nel mondo.
    Uno dei ricordi più intensi che ho della mia esperienza frisina risale al suo primo giorno di lezione. Appena entrato in classe, come prima cosa, ci disse: “Io sono qui per insegnarvi due materie. Una che rispetto, l'altra che amo. La prima è la Matematica, la seconda la Fisica.” Quella frase mi è rimasta impressa, al punto da ricordarmene ancora. Si potrebbe dire che quella frase fosse un manifesto di quello che sarebbero stati i 5 anni successivi. Capivo la passione che l'animava nel momento in cui parlava di Fisica, l'entusiasmo di trasmettere la conoscenza anche a dei ragazzini che forse non potevano apprezzare in pieno quanto ricevevano, l'idea di insegnamento non solo come mera occupazione ma anche come missione a favore delle nuove generazioni.
    Ecco, probabilmente l'idea che la Fisica potesse suscitare una passione del genere mi ha spinto ad iscrivermi alla sua stessa facoltà.
    Come sicuramente si ricorderà, non ho mai brillato in genialità, ma facevo dell'atteggiamento “carro armato” la mia forza, ottenendo ottimi risultati grazie ad impegno e dedizione. Direi che negli anni le mie qualità non sono cambiate, e, forse a causa di queste mie caratteristiche, una volta terminato il percorso di studi (circa due anni fa), faticavo a vedermi nei panni del ricercatore. O forse non è mai scattata in me quella scintilla che la animava quando parlava di Fisica.
    Per questo, senza assolutamente rinnegare i miei studi, dei quali vado anzi molto orgoglioso, mi sono allontanato dalla Fisica intesa come ricerca in ambito accademico, ed ho cercato fortuna nel settore privato. Sono stato assunto da una multinazionale della consulenza, per la quale ho lavorato due anni avendo la possibilità di conoscere l'impegnativo ambiente lavorativo. Con quanto guadagnato e messo da parte in questo periodo, mi sono iscritto ad un Master in ambito economico (che ho iniziato a frequentare in questo mese di settembre), che spero possa dare slancio alla mia carriera ed al mio futuro.
    Sono contento di poter dire di essermi guadagnato tutto ciò, e che la Fisica sia stata comunque parte integrante di questo percorso, che io sia tuttora un Fisico o meno, avendomi condotto verso una crescita, morale ed intellettuale, per me fondamentale. Sono convinto che se avessi seguito un altro corso di laurea non sarei riuscito a passare attraverso la selezione serrata per l'assunzione prima e per l'ammissione al master poi.
    La lascio con un piccolo aneddoto. La scorsa settimana, durante una delle prime lezioni del Master, abbiamo fatto un veloce ripasso di statistica: distribuzioni di probabilità monovariabili e multivariabili, marginali e condizionali, gaussiane e non. Le posso dire con sincerità che, ascoltando quei teoremi già noti, la prima cosa che mi è venuta in mente non sono stati testi o lezioni universitarie, ma le dispense che lei ci aveva passato sull'argomento e la fatica che aveva fatto per cercare di insegnarci quei pochi concetti chiave, che però hanno fatto da impalcatura insostituibile per tutto quanto appreso in seguito. Penso che possa esserne contento.
    La saluto cordialmente.
    Giacomo Pozzi

  2. luisa colombo scrive:

    Ok, ci provo anch'io.
    Classe 1965: sono sicuramente la più vecchia di quelli che risponderanno con un commento. Ho fatto il Frisi, ho avuto Cereda come insegnante di matematica e di fisica e ho fatto Fisica. 
    Ho fatto il Frisi nel periodo '79-'84 in anni certamente di transizione. In questa occasione, francamente, non mi sento di rigraziare il Frisi, perché ritengo che molto dell'andamento di quella scuola e delle pretese che ne derivano dipenda dalla Presidenza più che dai singoli insegnanti. Diversamente, mi sento di ringraziare Cereda e non solo. E' anche vero che, avendo incontrato anche molti altri ragazzi Frisini nella mia vita personale e lavorativa, mi trovo spesso a constatare che un'esperiezna abbastanza dura come fu quella di allora ci ha poi reso più forti nell'affrontare le successive prove della vita, almeno a livello lavorativo.
    Furono anni appunto di transizione. I primi, con noi pischerli che ci trovavamo a scontrarci con gli ultimi strascichi della contestazione, fra un Luca Magni completamente fatto che sbraitava alle assemblee e Sant'Ambrogio il bidello nonché custode che faceva passare tutti per andare in aula magna (anche quelli di avanguardia operaia !) ad anni successivi, con il cambio della dirigenza e il passaggio nei fatidici anni '80, con gli insegnanti di religione ciellini che parlavano di Carta '77, sempre Sant'Ambrogio che aveva registrato, come un enorme Data Base vivente e interattivo, i nostri nomi e le nostre facce e impediva il varco ai "foresti" e un Preside che imponeva alle ragazze di indossare il grembiule. Anni di riflusso, li chiamava Meroni. Mah…
    Poi c'eravamo noi in mezzo, ragazzi, che crescevamo, un po' confusi, come tutti i ragazzi di tutti i tempi e di tutte le mode. I ragazzi di prima erano sicuramente più impegnati, almeno alcuni fra loro, esclusi i soliti fancazzisti e paraculi, e informati; noi eravamo già i figli della televisione.
    Poi arrivò la III liceo. Ricordo Cereda quando ci fece fare la prima prova giusto per sondare il  nostro livello in algebra: fu la prima di tante figure di merda. Scoprivamo che l'algebra non era solo applicazione di regolette imparate a memoria senza alcuna conoscenza della teoria e della storia che le stavano dietro. Questo strano personaggio che entrava già incazzato di mattina e ci scrutava con i suoi occhietti con fascio a mo' di raggio laser parlava di polinomi, di teoria dei numeri, di teoria in generale. E io che credevo di avere capito tutto applicando Ruffini e il triangolo di Tartaglia ! Poi cominciò con Fisica. Mentre nelle altre classi erano già alla regola del parallelogramma sui vettori, lui ci stava ancora inondando di filosofia della scienza (a 16 anni), con testi russi e tedeschi sullo spazio-tempo (ricordo ancora le vacanze di Natale passate a tradurre le fotocopie che ci aveva dato !), lo spazio di Minkowski, le geometrie non euclidee, i testi di Carnap, Reichenbach, il Circolo di Vienna, Russel, Popper. Autori che poi ho letto. Poi, appunto.
    La mia non era una gran classe, devo ammetterlo. Non era coesa da nessun punto di vista e non brillava certo neanche per presentare al suo interno grandi menti.
    Non capivamo perché lui andasse così oltre e così, allora sembrava, fuori argomento.
    Non capivo quasi un caz… di quanto ci propinava. Capii anni dopo quanto sia importante cercare di andare sempre oltre, oltre le proprie aspettative, allargare gli orizzonti, cercare di inquadrare almeno il problema anche se non lo capisci subito del tutto, ma almeno cercare di inquadrare. Qualcosa resta, qualcosa stimola, qualcosa verrà capito dopo.
    Potrei andare avanti per ore a raccontare le provocazioni che ci lanciava ogni volta con quel metodo di insegnamento, che era sicuramente anche un metodo di approccio alla vita.
    Cereda non era sempre sistematico e lineare e questo ho sempre pensato lo fosse volutamente.
    Arrivava con il suo trolley, pieno di libri e di fotocopie, si scaccolava il naso e ogni tanto porconava dandoci dei "ciuloni", ma ricordo anche sia stato sempre molto umano. La cosa che più mi faceva morire di lui é che se ne fregava altamente, anche se con profonda diplomazia, delle lamentele delle solite mamme cagac..zzo. che nei consigli di classe riportavano i discorsi dei figli in merito alle difficoltà intrinseche a stare dietro al suo metodo e al livello da lui preteso.
    Presi un 8 in fisica nel I quadrimestre, poi subito commutato in un 6 nel II ! Ricordo ancora con grande tenerezza quando presi un 9 in una prova sulla teoria degli insiemi in IV e lui scese dalla cattedra per stringermi la mano e farmi i complimenti personalmente … 
    La teoria degli urti con tutte le equazioni di conservazione di energia e di quantità di moto, la termodinamica dal punto di vista microscopico leggendo praticamente i testi di Kelvin e il famoso Halliday-Resnik (testo universitario), fisica del V anno con una profonda impostazione rivolta alla fisica moderna e alla meccanica quantistica.
    Uscì fisica alla maturità e andammo tutti molto bene, tra noi che decidemmo di portarla. L'anno dopo Rubbia prendeva il premio Nobel. Era il lontano 1985.
    Sono sicura che in ogni percorso scolastico Cereda abbia saputo rinnovarsi, cambiando il programma su misura della classe, dei tempi e di come gli girava. E anche qui non so come abbia potuto trovare la forza e il tempo di farlo.
    Alla fine di tutto questo lungo commento, quello che mi sento di dire é soprattutto di riconoscere che Cereda é stato un grande perché ha scelto di insegnare, pur avendo tutte le competenze e le opportunità di fare qualcosa di più remunerativo. Altri meriti sono sicuramente quelli di averci trasmesso la passione e di averci insegnato a sfidare le difficoltà, impresa per me alquanto ardua.
     
    Luisa Colombo

  3. Luca Basanisi scrive:

    Mi son preso del tempo, anche per assorbire a pieno la bella risposta (e perché, incredibile a dirsi, sto lavorando). L'esperienza del Frisi è un qualcosa a cui penso sempre con un certo orgoglio, in una classe che sicuramente era competitiva ma che sapeva collaborare, sapeva aiutarsi. Questo è qualcosa che nel tempo è rimasto e ha reso a molti di noi più facile affrontare e contrastare l'allontanamento inevitabile che si ha negli anni successivi al diploma. Una questione di mera entropia. 
    Ha detto bene: con alcune materie e professoresse, ne ricordo una in particolare, non riuscivo a migliorare, qualunque cosa facessi e per quanto mi impegnassi, pur presentando competenze e conoscenze diverse di volta in volta, sempre un voto solo potevo prendere. Scarso interesse e pigrizia, posso esserne certo, ma anche un'interlocutrice, per altro splendida persona fuori dalla classe, che non voleva venirmi incontro. Parlo di questo per evidenziare lo stacco da un'altra situazione per anni frustrante (mi si passi il termine): le sue interrogazioni. Ebbene, se c'è una cosa che mi ricordo come fosse ieri è proprio l'ansia, quasi paralizzante, di vederla entrare con la maledetta camicia rosa (perché in prima approssimazione era sempre quella la camicia della mattanza) e scorrere il registro silenziosamente. Il puntino accanto al nome era solo il gong d'inizio. Ho dovuto aspettare la quinta per sostenere interrogazioni di matematica o fisica con fiducia nei miei mezzi, ci ho dovuto spendere decine e decine di figure terribili (perché lei, sapendolo, mi metteva alla prova più degli altri in questo), ma alla fine ce l'ho fatta e all'università non c'è stato esame orale in cui abbia avuto quel genere di ansia, fino ad arrivare in Olanda, dove ho fatto un colloquio, il mio primo in inglese (che smacco, tra l'altro), che mi è valso un contratto di 4 anni, un'opportunità per trovare la mia strada in quella materia che sa risvegliare la mia passione. 

    Quindi se devo trovare un aspetto da aggiungere a quanto già scritto, punterei tutto su questo: il Frisi mi ha insegnato ad affrontare le mie paure, paure che mi creano difficoltà, e a riconoscere quando la colpa mia o quando c'è anche responsabilità altrui. Se vogliamo potrei definirlo un occhio critico sulle proprie mancanze e su quelle altrui.

    Poi ci sarebbero milioni di altre cose (la lezione sulle mucche, lo sperma dei buoi e l'azoto liquido è nella memoria collettiva), milioni di altri insegnamenti, perché in 5 anni, quelli in cui entri pischello ed esci che voti e guidi, quasi ogni cosa è una grande lezione, ma direi che l'aspetto appena discusso satura abbasta questo commento.

    Col buon Matteo, mio primo compagno di banco (e dunque 3 giorni fa è cascato il dodicesimo anniversario dal nostro primo "ciao"), mi ha accompagnato in giro per l'Italia, due volte con la stessa macchina e la stessa tenda, e domani sarà qui, a Groningen, giusto per vederci nel nostro nuovo Paese di residenza. E non è l'unico esempio. Ecco, il Frisi è anche questo, perché non credo che possa accadere ovunque.

    Concludo facendomi un po' di pubblicità, visto che vorrei parlare di molto altro ma per mia fortuna ho un blog che mi evita di ripetermi. Di fisica ho scritto qui e di insegnamento ho scritto qui.

    Luca Basanisi

  4. M. B. scrive:

    Buonasera Prof., all'inizio non volevo intromettermi in questi messaggi idilliaci dei suoi studenti storici, ma poi ho pensato che un contributo in più potesse essere divertente. Non sono uno di quelli che hanno scelto la fisica nella vita, ho studiato Scienze politiche e tra l'altro ci ho messo anche qualche anno in più. Però la ricordo sempre con piacere.
    Ha insegnato fisica nella nostra classe solo per un anno, in terza. Mi piacevano le sue lezioni, erano interessanti. Ricordo l' esperimento del foglio appoggiato sul libro in caduta che mi aveva totalmente spiazzato. Si divertiva un sacco quando insegnava, è una cosa bella. Forse scriveva troppe cose alla lavagna e spesso non la seguivo molto, ma non è colpa sua, è la matematica che è una palla mostruosa.
    Le sue verifiche a crocette erano belle perché ci stimolava intellettualmente. C'era da ragionare, non da riempire un foglio. Le prendevo come una sfida ed era divertente farle. Se ci pensa è lo stesso concetto che sta dietro alla Settimana Enigmistica. Addirittura presi un 10 durante la prima verifica, anche se poi non sono mai riuscito a ripetermi. Alla lunga il cazzeggio e la pigrizia vincono sempre sulle buone intenzioni, e poi era l'anno in cui ho imparato a fare le rane di carta, quelle che saltano. Gliele consiglio se ha nipotini.
    Le sue dispense erano una bomba. Si era presentato il primo giorno di scuola con un CD pieno di file PDF. La mia classe era completamente spaesata. Io, da nerd militante, gongolavo. Te le stampavi prima di studiare e potevi scarabocchiarle senza ritegno. Ho sempre avuto la fobia di rovinare i libri, e la cosa non mi dava pace quando sottolineavo. Almeno quando studiavo fisica ero tranquillo.
    Insomma, era abbastanza "avanti" per essere un Prof. del liceo. Ricordo anche che aveva voluto fortemente il sito del Frisi e l'aveva fatto fare ad un suo vecchio studente. Lo aggiornava continuamente e si dava un gran da fare per renderlo utile. Altra prova di grande modernità in quella scuola obsoleta. Ora, dopo 10 anni, le posso dire senza paura che quel sito era terribile, però noi studenti abbiamo tutti apprezzato lo sforzo.
    Un abbraccio,
    Morris Barattini

  5. Andrea Galtieri scrive:

    Buongiorno Professore, le scrivo privatamente poichè non sono sicuro che il mio intervento sia pertinente alla sua richiesta, essendo che va un po' fuori tema dalla sfera prettamente fisica.
    L'esperienza frisina ed, in particolare quella avuta da alcuni professori lei incluso, mi ha insegnato e segnato tantissimo. Non brillavo certo per capacità matematiche o fisiche, ma mi riconosco una dote più che rara al giorno d'oggi: non ho mai mollato. Chi conosce o si ricorda vagamente la mia esperienza lo sa, ho dovuto "approfondire" qualche anno, non per mancanza di acume, più che altro per tempi di maturazione differenti dal corso normale delle cose.
    E' stato proprio in quelle situazioni che ho sentito forte la vicininanza con alcuni professori, distanti anni luce (giusto per rimanere in tema scientifico) dal vecchio e vetusto dipinto del "Professore Frisino" che è passato alla storia come carnefice di alunni di svariate generazioni.
    Lei, insieme ad altri suoi colleghi, mi avete insegnato che è con il lavoro e la dedizione che si giudicano le persone, che le opinioni possono cambiare, che le persone possono stupirti. La mia esperienza non è stata semplicemente una scuola, ma una scuola di vita vera e propria.
    Lavoro da 7 anni, oserei dire, felicemente da 7 anni. Sono Creative Manager in un'agenzia di marketing e comunicazione, in parole povere sono un Creativo, disegno, immagino e creo qualsiasi cosa, dal semplice biglietto da visita al sito internet fatto e finito.
    Ho la fortuna di realizzare in prima persona progetti per grandissimi clienti internazionali di cui adesso non scriverò i nomi per non annoiarla troppo, ma le assicuro che vedere in commercio qualcosa passato per le mie mani, magari in vetrina e magari vederseli contesi su ebay a rilanci da 100 euro, sono grandi soddisfazioni.
    La cosa più bella però è che ho trasformato una passione in un lavoro da 8 anni: avevo iniziato 11 anni fa da un blog non ufficiale legato ad una "famosa" squadra di calcio, per poi nell'arco di 2 anni farlo diventare il più grande al mondo tra la sfera degli unofficial.
    Otto anni fa, la dirigenza di quella squadra si è accorta della nostra realtà e ci ha chiesto di lavorare per loro. Oggi è l'ottava stagione consecutiva di collaborazione 365 giorni su 365. Ho trasformato un mio sogno in realtà, grazie a quella scuola di vita che lei e tutti i suoi colleghi e l'istruzione frisina mi ha insegnato. Volevo cogliere l'occasione per ringraziarla e per ribadirle che nonostante i 4– in fisica, i 5 negli scritti in matematica con i 7 "regalati" agli orali, non solo mi ha insegnato tanto, ma soprattutto mi ha convinto che nella vita, tutto può essere conquistato: basta volerlo tanto. Grazie mille e buon lavoro.
    Andrea Galtieri

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