Nome di donna –> Bella da morire – Cristiana Capotondi

Sulla Rai, da due settimane, va in onda una fiction social-poliziesca interpretata alla grande da Cristiana Capotondi e domenica 29 marzo ci sarà la terza puntata (due episodi da 50 minuti a puntata): Bella da morire (prime share con oltre 5 milioni di spetttori ogni volta). In replica su RaiPlay.

Ho visto i primi quattro episodi in sequenza, con tutti i vantaggi e svantaggi della mancata sedimentazione che si ha nella visione a puntate. Molto buona l'idea originale di una poliziotta tosta e intransigente dalla parte delle donne, ma credo che si sia peccato con l'effetto trascinamento, in una storia che si diluisce e si arricchisce di personaggi di contorno per dare linfa alle molte puntate rischiando di trasformare l'idea della denuncia della violenza sulle donne in un polpettone.

Eva Cantini (Cristiana Capotondi) è una giovane ispettrice di polizia, milanese, esperta in femmminicidi, dura e tosta (con fama di rompicoglioni), che si trasferisce in un paesello della bassa (Lagonero), il suo paese di origine, per dare una mano alla sorella, ragazza madre con un bimbo di 10 anni, fuori come una mina e con problemi da parte dei genitori dei compagni, maestre e servizi sociali (al punto che sembra più saggio ed equilibrato il bimbo). La sorella è in rotta con il padre, anche lui a Lagonero, che non l'avrebbe sufficientemente seguita nel momento della gravidanza (frutto di uno stupro tenuto occultato).

La Bella da morire è una giovane fotomodella Gioia Scuderi che sparisce e, come sottolinea da subito Eva, le donne non si allontanano e dunque quando scompaiono bisogna cercarle perché è certamente accaduto qualcosa di grave; in effetti Gioia è in fondo al lago, strangolata. Ed ecco l'elenco delle problematiche che mi hanno fatto scrivere che si è messa troppa carne al fuoco, e siamo solo ai primi quattro episodi (e dunque ci sarà dell'altro, magari un prete pedofilo):

  • la battaglia di Eva per i diritti delle donne portata avanti con durezza e continue rotture
  • la storia tormentata con un collega, solido ma che ha avuto alle spalle un episodio di violenza e dunque per Eva si tratta di un vulnus indigeribile
  • il rapporto con la sorella, quello tra la sorella e il figlio, il rapporto con il padre
  • le dinamiche interne alla famiglia di Gioia con un padre disperato, una madre in Halzahimer, una sorella vittima di violenze in famiglia
  • i due fidanzati di Gioia (che era ai primi mesi di gravidanza): il suo agente che la menava e con cui aveva una storia (disegnato come uno stronzo da odiare e a cui Eva in ogni situazione non le manda a dire) e un secondo personaggio, innamorato perso e con una mogle cieca dalla nascita che intuisce, capisce e non perdona
  • la giudice che segue il caso (Lucrezia Lante della Rovere) che vive un rapporto a metà tra quello materno e quello di sorellanza verso Eva che la mette comunque in crisi rispetto ad un tran tran fatto di saggezze e tradimenti come accade nella terza età
  • la medico-legale, Anita Mancuso, una giovane single, insicura ma brava, innamorata del suo professore, ahime dannatamente gay

Mi chiedo se le fiction debbano essere per forza così, ma la bravura di Cristiana Capotondi mi ha indotto a cercare i suoi film e così ne ho trovato uno del 2018, presentato l'8 marzo, Nome di donna, per la regia di Marco Tullio Giordana, vedendo il quale ho capito come mai si sia arrivati a questa fiction (tema e scelta della attrice protagonista). Come in un film che si rispetti qui la storia è una sola ed è una storia di molestie verso una donna dentro una istituzione paraecclesiastica.

Il film è tutto lombardo e ambientato in un luogo indefinito della bassa tra le province di Pavia, Lodi e Cremona: campagna lombarda, cascine, ville nobiliari, tanta acqua e campi coltivati; la scena iniziale in cui Nina arriva al Baratta mi ha ricordato inizialmente villa San Martino di Berlusconi, ma la facciata era più imponente e mi sono subito ricreduto.

Nina è una ragazza madre con una figlia di una decina d'anni che, grazie alla raccomandazione del prete del paese viene assunta come inserviente per una sostituzione estiva in una grande villa trasformata in residenza di lusso per anziani, il Baratta. La sostituzione va bene e don Roberto Ferrari (Bebo Storti), formalmente capo del personale ma deus ex machina della struttura, come promesso, la assume a tempo ideterminato.

Don Roberto è colui che manovra il Consiglio di Amministrazione, che decide, che copre quello che non va perché il Baratta sta in piedi sulla qualità del servizio. E' la figura del prete manager che si occupa del quieto vivere, disponibile ma con l'occhio di chi ha ben chiara la differenza tra il potere e i subordinati. Nina fa una buona impressione per essersi presentata a vedere il posto di lavoro prima della casa che le daranno in comodato e quando risponde alla domanda se, oltre alla figlia, ha altri parenti, dicendo che ha un compagno che lavora a MIlano, il prete puntualizza beh non è che si tratti proprio di un parente.

Nella residenza lavorano molte donne, in maggioranza dell'est, in servizio con una divisa verdina, i capelli raccolti e le calze velate bianche. Fa tutto parte dello stile, ma fa anche parte di uno degli inconfessabili segreti della struttura, i segreti del direttore Marco Maria Torri, che ama farle venire nel suo ufficio in divisa, a fine turno perchè la divisa lo attizza e gli consente di esercitare il suo potere fatto di sottintesi, tentativi di violenza, profferte di auto in cambio di sesso, con un modo di operare in  cui il maniaco alterna tecniche di seduzione a scatti d'ira.

Anche Nina viene convocata a fine turno; è  stata appena confermata, è preoccupata perché per lei il lavoro è la  base della autonomia e di una esistenza dignitosa, si chiede cosa vorrà da lei il boss e Torri ci prova in un ambiente ambiguo che si conclude con un abbraccio in pieno stile te lo appoggio. Nina se ne va sconvolta, parla con le compagne e scopre che si tratta della norma. Così quando il giorno dopo Torri la convoca e in presenza della segretaria finge di non conoscerla, decide di andare fino in fondo contro il parere del compagno e mentre le compagne per paura, per abitudine e per quieto vivere la mollano.

Si rivolge alla CGIL che sta iniziando le campagne contro mobbing, stalking e molestie e decide di andare avanti. II giudice non la ascolta nemmeno, sente le compagne, sente la direzione e decide di archiviare per il buon nome del Baratta.

Per NIna inizia il calvario sino ad una lettera di ritrattazione predisposta da don Roberto per evitare il licenziamento. Clima duro, mobbing, sgarbi, isolamento ma Nina tiene duro, cerca prove testimoniali, riesce a piazzare telecamere nascoste … e tutto finisce in gloria con la magistratura che pian piano si schioda e in appello si arriva ad una condanna esemplare di Torri e di don Roberto mentre le di lui moglie e figlia se ne vanno da casa.

Tutto è bene ciò che finisce bene? No ci dice il regista Giordana. Grandi feste all'uscita del tribunale; una giornalista tv si rivolge al suo capo e gli chiede come è andata. Tutto bene, però dovresti essere un po' più … un po' più … e le appoggia la mano sull'inguine.

Bravo Marco Tullio Giordana, quello de La meglio gioventù e dei Cento passi. Brava Cristiana Capotondi, molto più misurata di quanto non avvenga nella fiction e bravissimo Bebo Storti nella parte del prete. Nel film non si vedono mai i ricchi ricoverati, con la eccezione di una attrice a riposo egregiamente interpretata da Adriana Asti.

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Informazioni su Claudio Cereda

nato a Villasanta (MB)il 8/10/1946 | Monza ITIS Hensemberger luglio 1965 diploma perito elettrotecnico | Milano - Università Studi luglio 1970 laurea in fisica | Sesto San Giovanni ITIS 1971 primo incarico di insegnamento | 1974/1976 Quotidiano dei Lavoratori | Roma - Ordine dei Giornalisti ottobre 1976 esame giornalista professionista | 1977-1987 docente matematica e fisica nei licei | 1982-1992 lavoro nel terziario avanzato (informatica per la P.A.) | 1992-2008 docente di matematica e fisica nei licei (classico e poi scientifico PNI) | Milano - USR 2004-2007 concorso a Dirigente Scolastico | Dal 2008 Dirigente Scolastico ITIS Hensemberger Monza | Dal 2011 Dirigente Scolastico ITS S. Bandini Siena | Dal 1° settembre 2012 in pensione | Da allora si occupa di ambiente e sentieristica a Monticiano e ... continua a scrivere
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