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1970-1971: il servizio militare — 19 commenti

  1. Al ritorno dal “campo” (un lungo trasferimento a tappe attraverso le montagne, dormendo in tenda, una specie di trekking, però armati) con gli Alpini della Scuola Militare Alpina di Aosta, mi viene comunicato l’inatteso trasferimento a una caserma di Monza.
    Non ero stato contento dell’assegnazione ad Aosta ma ormai mi ci ero un po’ abituato e pensavo che il peggio fosse ormai dietro le spalle. La cosa peggiore era stata il freddo nelle caserme di montagna, praticamente prive di riscaldamento ma ormai era primavera inoltrata.
    In linguaggio militare lo definirono “avvicendamento”. A Monza (grossa Caserma del Rondò, che ora non c’è più) trovai un ambiente molto diverso. Fanteria meccanizzata. Cingolati, autoblindo. Molto operativi. Infatti furono successivamente inviati nella importante missione di peace keeping in Libano, dove l’esercito italiano è ancora presente in modo ininterrotto, con grandi responsabilità, specie in questi giorni drammatici in cui scrivo questa memoria.
    I soldati di leva erano prevalenti. Mi trovai con un ufficiale medico già presente da prima e ben altri due medici inquadrati come “aiutanti di sanità” (in pratica infermieri) straordinariamente bravi, gran lavoratori e decisionisti. Benche’ neolaureati come me. Entrambi di CL.
    Tutti e due hanno poi fatto una brillante e meritata carriera negli ospedali lombardi, uno come oncologo, l’altro come direttore generale, sempre universalmente stimati.
    Con un tale organico, per me il lavoro era pochissimo. Salvo le frequenti e impegnative esercitazioni a fuoco e le manovre in trasferta.
    Purtroppo, come già era successo ad Aosta (ma questo è un altro capitolo), le grane non sono mancate. I soldati in libera uscita si dirigevano spesso su uno stradone vicino, frequentato da signorine che non erano esattamente delle educande, con le conseguenze che si possono immaginare sulla loro salute.
    Educazione di igiene sessuale: zero. Distribuzione di preservativi: zero. Polvere per i pidocchi del pube: a chili! E non escludo che sia in tali trasferte che qualcuno abbia contratto la TBC, diffondendola poi ai commilitoni (molti casi).
    Poi un soldato, un giorno, ha pensato bene di mettere una gamba in un cingolato in movimento, procurandosi una brutta frattura. Io ho subito disposto il ricovero urgente all’ospedale di Monza ma arrivati in pronto soccorso con l’autoambulanza, piombano lì due ufficiali di carriera che letteralmente mi impediscono il ricovero, convincendo il medico di guardia a rifiutarlo. Fosse stato solo qualche anno dopo mi sarei impuntato e forse le cose sarebbero andate diversamente. Ma ero inesperto e da solo contro tanti.
    Di conseguenza, via a sirene spiegate verso l’ospedale militare di Baggio, che è lontano. Dove l’ufficiale medico di guardia mi dice che non c’è posto. E qui mi fermo perché per quel povero cristo fu’ un’odissea che durò due giorni sballottato avanti e indietro.
    Spero sia guarito bene e comunque per lui la naja per lo meno è finita. (Ad Aosta alcuni facevano apposta a farsi male per avere la licenza). L’Unità pubblicò una articolo di denuncia di malasanità in cui sembrava che la colpa fosse mia. Infatti gli ufficiali hanno cercato di farmi fare il capro espiatorio. Mentre mi ero comportato correttamente. Credo. Dall’esperienza di quei 15 mesi è nato il mio articolo pubblicato sul QdL sul Sistema della Sanità Militare.
    Dopo un po’ di anni mi convocano al Presidio Militare di Via Pallavicino per conferirmi il grado di Primo Capitano (in congedo) dell’Esercito. Confesso che la mentalità militare mi è sempre sembrata incomprensibile.

  2. Complimenti per la memoria che hai conservato di quei giorni lontani nel tempo. Io ero del II/70 e dopo il Car a Casale, ho soggiornato all’hotel Cadorin (così lo chiamavamo) da Agosto 70 a Settembre 71, quindi le nostre vite si sono incrociate per parecchi mesi. Di quei 15, interminabili mesi di noia, insofferenza, conservo un piacevole ricordo dei soldati di leva che ho conosciuto, e della sensazione che le differenze tra noi non erano per il posto in cui eravamo nati, ma per la vita vissuta fino a quel momento e che, comunque molte cose ci accumnavano e le aspirazioni erano simili (soprattutto quella di tornare presto a casa)!
    Grazie per averci raccontato i tuoi 15 mesi ed in bocca al lupo per le cose della tua vita.
    PS non so se hai saputo che la Cadorin, durante la guerra era un campo di concentramento per internati di origine Slava!!!

  3. Nella mia seconda caserma (la prima era ad Aosta), quella del Rondò di Monza (chiusa successivamente), c’è stata un’epidemia di TBC.
    Oltre a incidenti vari (con l’uso dei blindati cingolati) gestiti malamente dal punto di vista sanitario.
    Periodo terribile, avendo la responsabilità come medico, con le mani legate dai superiori non medici ed essendo laureato da poco perciò del tutto inesperto e vulnerabile.

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